venerdì 21 ottobre 2011

Wasserman e il Figlio di Dio

Dopo la chicca della settimana scorsa, il blog Evangelical Textual Criticism offre ancora materiali di grande interesse. Si tratta di nuovo della registrazione di una lezione, di nuovo tenuta da Tommy Wasserman, professore dell'Università di Lund, e di nuovo a Edinburgo. In questo caso, Wasserman parla di una sua ricerca e sostanzialmente riprende quanto da lui recentemente pubblicato sul Journal of Theological Studies, in un articolo dal titolo "The Son of God Was in the Beginning (Mk 1:1)" ("Il Figlio di Dio era all'inizio (Mc 1:1)"). Per chi fosse interessato alla versione su carta, Wasserman ha messo a disposizione anche quella sul blog.
Il tema della lezione non è nuovo. Il primo versetto del Vangelo di Marco suona, in molte traduzioni (e, in particolare, nelle maggiori italiane), "Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio". Tuttavia, la situazione testuale è assai più complicata, perché alcuni testimoni autorevoli (in particolare, il codice Sinaitico) omettono uiou theou ("Figlio di Dio"), tanto che, per esempio, l'edizione critica del Nuovo Testamento più utilizzata (quella dell'Aland) mette i due termini fra parentesi quadre (ad indicare grave incertezza). Negli ultimi tempi sembra che la versione "corta" di Mc 1:1 abbia guadagnato maggiori consensi fra gli specialisti, ma Wasserman, con questo suo contributo, vuole spezzare una lancia in favore della versione "lunga".
La lezione di Wasserman è un esempio di chiarezza metodologica e, in almeno due punti, mi sembra che presenti osservazioni più che significative. Primo, Wasserman molto giustamente richiama l'attenzione sul fatto che, quando si usano le citazioni dei Padri per fare critica testuale del Nuovo Testamento, si devono utilizzare anche le migliori edizioni critiche dei Padri stessi. Duole dire che, invece, molto spesso i neotestamentaristi hanno il vizio di citare gli scritti, per esempio, di Ireneo o Origene dal primo libro che capita loro sotto mano, incorrendo talvolta in strafalcioni significativi. Secondo, benché sia vero che i copisti tendono piuttosto ad allungare che ad abbreviare il testo sacro, Wasserman mostra molto bene che l'omissione di uiou theou in Mc 1:1 si trova anche in un buon numero di manoscritti tardi, bizantini, e che là è avvenuta per errori meccanici, per omoteleuto o perché la successione di nomina sacra in Mc 1:1 risultava troppo compatta e quindi mandava in confusione i copisti.
Detto questo, non sono del tutto convinto da Wasserman, ma soprattutto penso che un'analisi come la sua riveli quanto poco sappiamo sull'effettiva "forma" di un testo come Marco nei primi due o tre secoli e, di conseguenza, quanto sia velleitario sperare di stabilire quale lezione è venuta "prima" dell'altra. Questo è, in linea di principio, vero un po' per tutti i libri del Nuovo Testamento, ma è particolarmente vero per il Vangelo di Marco, di cui possediamo solo una copia (incompleta) antecedente il quarto secolo e nella cui tradizione testuale ci sono chiari segni di fluttuazioni anche assai significative (si pensi all'altra annosa questione della conclusione del Vangelo).

4 commenti:

Tommy Wasserman ha detto...

Mille grazie for this summary of my lecture.

In relation to what you write in your last paragraph, I would like to refer to another recent article of mine in which I treat some of the general questions you raise concerning the earliest text of the NT (and Mark).

"The Implications of Textual Criticism for Understanding the ‘Original Text’" in Mark and Matthew I. Comparative Readings: Understanding the Earliest Gospels in their First Century Settings. Edited by Eve-Marie Becker and Anders Runesson (WUNT I 271; Tübingen: Mohr Siebeck).

http://www.mohr.de/en/theology/new-books/buch/mark-and-matthew-i.html

Anonimo ha detto...

A Giovanni Bazzana:

una curiosità un po' fuori tema: da quali fonti è tratto il termine "Grande Chiesa" che incontro sempre più spesso in vari studi sul cristianesimo antico? E già che ci siamo, mi potresti dare qualche indicazione bibliografica sul modo con cui le prime comunità cristiane si autodenominavano (l'espressione "Chiesa Cattolica" da quel che so è usata per la prima volta da Ignazio di Antiochia in una sua lettera agli Smirnesi)? E' un tema che mi incuriosisce molto.

Ciao.
Michele

Giovanni Bazzana ha detto...

Prof. Wasserman,
thanks to you for providing such interesting materials and for the bibliographic tip. I had seen the book, but I have not read anything from it yet. I will do it as soon as possible.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Michele,
in effetti, si tratta di un quesito abbastanza fuori tema: ti rispondo come posso e brevemente.
Per quanto riguarda "Grande Chiesa", onestamente non so da dove venga, ma tieni presente che oggi molti esitano ad utilizzarlo per quella bella zavorra trionfalista che si porta dietro.
"Chiesa cattolica" mi sembra coerente con l'inizio del II secolo quando scrive Ignazio e le comunita' di seguaci di Gesu' cominciano a strutturarsi su modelli derivati da quelli imperiali, "cattolici" o "universali" appunto (per esempio, Brent Allen ha documentato questo per il modo in cui Ignazio elabora il ruolo del vescovo sul modello autocratico dell'imperatore all'interno della compagine imperiale).
Nel primo secolo, abbiamo soprattutto testi rivolti "ad intra" e quindi e' piuttosto difficile capire come si autodefinissero questi gruppi. Probabilmente, c'era molta diversita': Paolo usa "i santi", "nazorei" o "nazarei" doveva esistere gia' molto presto nei gruppi giudeo-cristiani, Luca (molto piu' tardi) usa "la Via"...
Ti conviene dare un'occhiata a una introduzione al Nuovo Testamento (in italiano, Ehrman o Vouga o perfino il Wikenhauser), che dovrebbero avere piu' informazioni sistematiche e riferimenti bibliografici.
Ciao