Mi sono guardato, su indicazione di mia moglie, uno speciale programma, trasmesso su La7 poco prima di Pasqua, in cui si discuteva del famigerato film di Mel Gibson, "The Passion of Christ", che era stato presentato poco prima. Devo dire che sono rimasto alquanto soddisfatto della qualita' della discussione e dal fatto che, caso piu' unico che raro, in un programma televisivo italiano dedicato al Nuovo Testamento era stato invitato anche uno studioso che si occupa direttamente del tema senza alcuna affiliazione religiosa (Mauro Pesce). Se non avete avuto modo di vederlo vale la pena di spenderci un'oretta (si puo' vedere in streaming qui), magari anche meno se vi fate un favore e saltate le parti in cui parla Erri De Luca.
Sono rimasto colpito dall'intervento di Massimo Cacciari, che non leggevo ne' sentivo parlare da un bel po' di tempo. Il filosofo/politico ha cominciato dicendo che il film, pur nella sua miseria teologica, non fa che riproporre una tradizione, che appare "gia' nel '500" per esempio nei dipinti di Grunewald, della passione di Gesu' rappresentata con tratti di violenza e sofferenza ipertrofiche. A questa tradizione si connetterebbero, in un modo che non mi e' parso troppo chiaro, le due grandi novita' del cristianesimo, che sarebbero, secondo Cacciari, il comandamento di amare i propri nemici e il fatto che nella persona del Cristo il divino su unirebbe all'umano fino all'inabissamento estremo della morte.
Nella sua risposta, Pesce fa notare a Cacciari che nei racconti evangelici le torture inflitte a Gesu' sono appena accennate, senza l'enfasi morbosa di Grunewald o Gibson, e soprattutto che la morte e' presentata non come un momento assoluto e isolato, ma come l'esito di azioni intraprese da Gesu'. Sbigottito, sento che Cacciari risponde dicendo che la lettura di Pesce non sarebbe legittima perche' fuori della "tradizione"!
Ora, da agnostico quale sono quando si parla del "Gesu' storico", anche a me, per vari motivi e nonostante la stima per lo studioso, riesce difficile accettare la proposta di ricostruzione offerta da Pesce, ma come si puo' fare obiezione sulla base della "tradizione"? E poi subito dopo aver indicato come "tradizione" l'immagine di Grunewald, che, come fa notare Alberto Melloni, sarebbe parsa una bestemmia per tutti i primi mille anni di storia del cristianesimo!
In realta', non si puo' negare che tutte le ricostruzioni del "Gesu' storico" siano anche esercizi teologici, ma e' anche vero che quella offerta da Pesce ha almeno la virtu' di essere aderente a quanto dicono i testi.
Basta guardare alla questione dell'amore per i nemici, che (proprio perche' e' veramente, questo si', un comandamento rivoluzionario) viene gia' "ammorbidita" all'interno dello stesso "discorso della montagna" attraverso l'accostamento della molto ambigua "regola d'oro". Come fa notare molto bene Luz nel suo commento a Matteo, i buoni cristiani tedeschi d'epoca tardo-medievale o rinascimentale, dopo aver assistito a una delle splendide Passioni messe in scena nella loro cittadina (o dopo aver contemplato un po' la crocifissione di Grunewald), andavano spesso e volentieri a sfogare il loro amore ammazzando qualcuno degli Ebrei che abitavano li' vicino.
Ho l'idea un po' maliziosa che Cacciari abbia ragionato troppo da filosofo (e da filosofo italiano, per cui la filosofia tende a coincidere con la storia della filosofia): in pratica, non solo l'apice del pensiero umano sarebbe coinciso con il periodo storico su cui Cacciari e' specializzato, ma, in questo caso, anche l'essenza del cristianesimo si sarebbe manifestata in una arco che va probabilmente da Schleiermacher a Harnack o giu' di li'.