L'amico Johannes Weiss ha un post, ispirato da Loren Rosson, in cui accosta due studiosi che hanno offerto importanti contributi alla ricerca recente sul Gesu' storico, Dale Allison e Pieter Craffert. L'analisi di Weiss, che soppesa finemente somiglianze e differenze, mi ha fatto ricordare di un confronto, di cui sono stato testimone alcuni giorni fa al convengo annuale della SBL, fra lo stesso Craffert e Halvor Moxnes, studioso norvegese che offre, a mio parere, osservazioni mai scontate.
Il tutto si e' svolto all'interno di un panel in cui Moxnes anticipava i temi di un suo libro di prossima uscita dedicato alla ricerca sul Gesu' storico nel XIX secolo: si tratta, da quel che si e' potuto capire, di una rivisitazione della famosa analisi di Albert Schweitzer, ma con una piu' pronunciata attenzione per i temi (soprattutto socio-politici) che non erano molto nelle corde del professore di Strasburgo. Craffert era il respondent e, come c'era da aspettarsi, il suo intervento ha ripreso molti elementi che si trovano nella sezione metodologica del suo ormai famoso libro su Gesu' interpretato come sciamano della Galilea. Secondo Craffert, tanto la ricerca positivista storico-critica (che approda ad un Gesu' indistinguibile dal profilo intelletuale e teologico del ricercatore) quanto quella post-moderna (che insiste, invece, su di un Gesu' "altro", diverso, come in molto del lavoro di Moxnes) non sarebbero che due facce di uno stesso etnocentrismo e di un stesso imperialismo culturale. Devo dire che mi ha fatto onestamente una certa impressione vedere uno studioso di origine afrikaner (qualunque sia il suo passato o le sue correnti opinioni politiche) accusare qualcun altro di etnocentrismo o imperialismo.
Sollecitato dalla platea, Moxnes, che sembrava un po' restio a rispondere, ha fatto notare come il Gesu' "queer" sia quanto di piu' lontano si possa immaginare da un paradigma dominante a livello culturale (anzi, avrei detto io, etnocentrismo e imperialismo si adatterebbero meglio al modello "sciamanico", tenuto conto della genealogia ideologica del modello stesso e del suo "creatore", Mircea Eliade). In un certo senso, Moxnes sente la responsabilita' e il dovere di presentare questa immagine alternativa e sovversiva di Gesu' di Nazaret. Ovviamente, Craffert ha domandato se, a questo punto, abbia piu' senso parlare di una "oggettivita'" e, ovviamente, Moxnes ha risposto che non esiste alcuna oggettivita', ma tutti portiamo nella ricerca il peso del nostro bagaglio intellettuale ed esperienziale.
Tutto sommato, anche se nel quadro un po' frammentario tipico delle discussioni alla SBL, una conversazione interessante.
2 commenti:
Molto interessante e curioso. Certo che se Craffert se la piglia pure con Moxnes, allora vuol dire che si è ormai lanciato in un disperato “io contro tutti”. Magari bacchetterà di etnocentrismo pure Malina, colpevole di avere riserve sul paradigma sciamanico. E a proposito di “io contro tutti"... in questi giorni ho iniziato la lettura del nuovo libro di Maurice Casey, notoriamente lo studioso con la lingua più glabra dell’universo.
Il professore emerito di Nottingham, ne ha per tutti e ovviamente anche per il libro di Craffert.
Ecco alcune pepate citazioni: «Craffert rejects basic historical research in favour of ‘cultural bundubashing’. He says this metaphor is ‘taken from off-road driving’. Its crudity correctly represent Craffert’s work: he rejects critical scholarship, and bashes it as hard as he can. Freed from the constraints of critical scholarship, Craffert creates his shamanic figure by means of creative and uncritical use of whichever piece of evidence suit him. (…) Despite its unique features, this book illustrates the worst features of the quest of the historical Jesus: Craffert’s Jesus is not recognizably Jewish, and he fits into Craffert’s social subgroup, the context Group» (M. Casey, Jesus of Nazareth. An independent historian’s account of his life and teaching, London-New York, T&T Clark, 2010, pp. 30 e 32).
Premesso che, in generale, a Casey fanno ampiamente difetto sia la moderazione sia la capacità di entrare in un rapporto mimimo di “simpatia” con le prospettive che critica (una virtù che ritengo storiograficamente preziosa, e in mancanza della quale anche le critiche perdono di efficacia), penso comunque di poter condividere una delle sue ragioni di disappunto verso il lavoro di Craffert. Va bene, infatti, ricorrere a modelli transculturali e a categorie “etiche”, quale è divenuta quella (originariamente “emica”) di sciamano. Ma quando l’applicazione del modello finisce per perdere di vista la specificità contestuale del fenomeno studiato (come quando Craffert considera il “regno di Dio” un termine in codice con cui lo sciamano indica le sue esperienze celesti, laddove esso ha invece chiaramente la sua sede naturale nelle tradizioni ebraiche di speranza, resistenza e protesta escatologico-politica), allora c’è qualcosa che non va, e c’è bisogno di fare un po’ marcia indietro.
Caro JW,
anch'io, come si sara' capito, non sono particolarmente impressionato dai risultati di Craffert (anche se le mie ragioni sono almeno in parte diverse dalle tue).
Grazie soprattutto per la segnalazione del libro di Casey (ahime', un'altra cosa che dovro' aggiungere alla pila di libri da leggere).
Certo, mi viene da commentare che anche il solito ritornello del Gesu' "recognizably Jewish" lascia un po' perplessi: chi dovrebbe riconoscerlo come Ebreo? Casey? Neusner? Flavio Giuseppe? Vespasiano? Mah...
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