mercoledì 22 settembre 2010

La questione sinottica e le prove "esterne"


Negli ultimi giorni mi sono rivisto alcuni degli argomenti che vengono utilizzati dai sostenitori di una soluzione alternativa al "problema" sinottico, la quale prende il nome da Johann Jakob Griesbach, un teologo e filologo tedesco vissuto a cavallo fra il Settecento e l'Ottocento. Secondo Griesbach (e secondo coloro che hanno ripreso le sue idee nel secolo scorso, in particolare William Farmer) il primo Vangelo sarebbe Matteo, poi riutilizzato da Luca, mentre Marco sarebbe stato l'ultimo e avrebbe creato una specie di epitome dei primi due.
Fra gli argomenti utilizzati da Farmer a sostegno della propria ipotesi ho trovato anche un accenno al fatto che "le prove esterne sono tutte a sfavore dell'ipotesi che Matteo abbia potuto scrivere dopo Marco". Nelle discussioni sulla questione sinottica di solito non si trovano mai riferimenti alle testimonianze dei Padri, ma in questo caso e' evidente che Farmer da' credito alla notizia di Papia, il quale, all'inizio del secondo secolo, sostiene che il Vangelo piu' antico sia stata una versione di Matteo redatta in aramaico o ebraico.
Lasciando da parte la discussione sull'attendibilita' delle testimonianza patristiche (Norelli, mi pare, ha scritto cose decisive per quanto riguarda Papia), ho pensato che lo stesso accade per quanto riguarda altri tipi di "prove esterne", per esempio quelle papirologiche. Tanto per fare un esercizio intellettuale, si dovrebbe tenere conto del fatto che non possediamo nessuna copia del Vangelo di Marco per i primi tre secoli: cio' potrebbe indurre a concludere che forse Marco e' stato scritto dopo gli altri (nel secondo secolo inoltrato) e che quindi ha circolato poco. Magari la si potrebbe considerare una prova in favore della ipotesi di Griesbach?
Non ho una posizione definitiva sulla questione, ma di sicuro posso dire che il dibattito sulla questione sinottica si svolge sempre nel circolo chiuso dei tre Vangeli canonici che soli vengono presi in considerazione. Ci sono delle importanti motivazioni scientifiche per questa limitazione, ma non si puo' negare nemmeno che vi siano delle ragioni ideologiche in gioco: la ricerca moderna sui sinottici e' nata in gran parte in reazione alla tradizione ecclesiastica che risolveva tutti i problemi affidandosi ciecamente alla testimonianza dei Padri. In piu', va aggiunto che lo studio scientifico dei Vangeli si e' sviluppato soprattutto in ambito tedesco, in un clima religioso imbevuto del dogma della sola Scriptura, circostanza questa che certo non ha favorito l'ampliamento della base di indagine.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Non sono ben ferrato su queste questione,ma mi sembra di capire che non esista una spiegazione risolutiva del problema sinottico e che sempre si alterneranno interpretazioni su interpretazioni sulla questione che pur viaggiando su criteri filologici rigorosi avranno conclusioni differenti perchè magari cambia leggermente qualche elemento,giusto? Questo campo è così problematico da non riuscire mai a trovare una spiegazione esauriente.

Claudio

Anonimo ha detto...

Da quanto mi sembra di capire in epoca antica già i padri della chiesa non avevano grandi conoscenze delle origini dei vangeli e sembra quindi che la scelta del canone non si basava primariamente sulla data a cui risalevano gli scritti nè sul loro contenuto storicamente rilevante (ovviamente delle opinioni in seguito ritenute non ortodosse sappiamo molto meno).

Questa almeno è la mia impressione, (il libro da te suggerito di Mezger sul canone non l'ho ancora preso) è fondata?

Ciao.
Michele

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Claudio,
scusami, ma devo dire che mi pare sia vero il contrario di quello che dici: e' certo che il soggetto di studio e' complesso, ma da piu' di un secolo la maggioranza degli studiosi concorda su una delle soluzioni che sono state via via proposte (la cosiddetta teoria bifontica). Chi si occupa quotidianamente di questi problemi tende a sperimentare sempre nuove soluzioni e a presentare qualche volta anche ipotesi differenti, ma il dato importante e' quello che viene acettato o respinto dalla maggioranza degli esperti e su questo non mis embra ci sia molto da discutere.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Michele,
hai ragione: un attento esame porta a concludere che i Padri avevano informazioni inattendibili e molto confuse sull'origine dei libri che ritenevano sacri. Questo dato e' piuttosto solido dal punto di vista storico, ma vale la pena di ripensarlo di tanto in tanto, anche per essere sicuri che sia sempre valido, visto anche il fatto che l'esclusione dei Padri ha anche una buona componente ideologica.
Ciao.