sabato 18 settembre 2010

Dio giudice o Dio d'amore?


Alcuni giorni fa mi sono imbattuto in
questo breve discorso che Ratzinger ha tenuto al nuovo ambasciatore tedesco presso il Vaticano. Mi ha colpito un passaggio centrale in cui il papa spiega come mai sia necessario credere in un Dio personale: "Se però uno abbandona la fede verso un Dio personale, sorge l’alternativa di un 'dio' che non conosce, non sente e non parla. E, più che mai, non ha un volere. Se Dio non ha una propria volontà, il bene e il male alla fine non sono più distinguibili; il bene e il male non sono più in contraddizione fra di loro [...]. L’uomo perde così la sua forza morale e spirituale, necessaria per uno sviluppo complessivo della persona. L’agire sociale viene dominato sempre di più dall’interesse privato o dal calcolo del potere, a danno della società. Se invece Dio è una Persona [...] ne consegue che un ordine di valori è legittimato." Nella teologia, tendenzialmente autoritaria, di Ratzinger queste parole, che riducono Dio alla sua funzione di giudice e di garante dell'ordine morale, non stupiscono, ma mi hanno lasciato comunque insoddisfatto.
Oggi, per caso, ho trovato, su Religion Dispatches, questo articolo molto bello, in cui Jay Michaelson riflette sul significato dello Yom Kippur ebraico, una ricorrenza che, per sua stessa natura, pone la figura del Dio giudice al centro della scena. Michaelson premette, con molto giudizio, che qualunque discorso su Dio e' per definizione riduttivo e incompleto, ma nondimeno va misurato e giudicato in base al suo "utile valore pedagogico". Certamente e' vero che parlare di Dio come giudice puo' essere positivo, ma bisogna anche vedere se gli aspetti negativi non siano maggiori. Michaelson enumera alcuni dei problemi che possono sorgere (e di fatti sono sorti nella storia) dall'enfasi posta sulla funzione giudicante di Dio: si va dalla giustificazione dell'autoritarismo (gia' menzionata) a quella dell'intolleranza, in una lista che non puo' certo lasciare tranquilli o indifferenti. Mi sento di sottoscrivere quasi completamente la conclusione di Michaelson e in particolare chiederei a Ratzinger se davvero lui pensa che il mondo abbia bisogno di ancor piu' "giudizi divini".

13 commenti:

Anonimo ha detto...

La mia impressione è che dopo il Vaticano II il papato abbia sensibilmente invertito la propria strategia pastorale, strategia di cui anche questo discorso del papa fa pienamente parte. Se ancora sotto Pio XI ed anche, seppur di meno, sotto papa Pacelli si criticava aspramente la separazione tra Stato e Chiesa, rivendicando alle istituzioni ecclesiastiche un ruolo attivo nella gestione dei poteri pubblici (com'era stato oltralpe fino a Napoleone e fino al 1870 in Italia), dagli anni 60 c'è stata una parziale "conciliazione" con i princìpi della modernità, compresi quelli della libertà di coscienza e della laicità delle istituzioni (condannate senz'appello nel Sillabo). Come notava Daniele Menozzi nella prefazione ad una recente opera sulle religioni e la modernità (einaudi 2008), il papato ha posto fortemente l'accento, negli ultimi trent'anni, sulla "giustezza" dei princìpi della moderntà. Questi princìpi sono sempre riconosciuti, ma a delle condizioni. La laicità non si discute purché sia una "sana" laicità. La ricerca è sacrosanta purché sia ispirata alla "cultura della persona". E così via. Una posizione legittima e condivisibile ma con un possibile rovescio della medaglia. Anzitutto la constatazione che la valutazione della "giustezza" di princìpi e leggi, così com la comprensione della volontà di Dio, non risulta mai appannaggio della coscienza del singolo o delle assemblee democratiche (esltate anche nel discorso all'ambasciatore) ma è sempre riservata ad una autorità che formalmente giudica non in virtù d'una dinostrabile ragionevolezza o di un mandato, bensì in forza della santità e dell'autorità di un ufficio di natura divina (quello papale... ed è questa la prima contraddizione con i princìpi della modernità che si vogliono a parole sostenere). In secondo luogo c'è il rischio che il papato sopravvaluti i mezzi in rapporto al fine: ed i mezzi sono, specie in Italia, compromessi e alleanze con quelle forze politiche che riconoscono alla Chiesa romana la facoltà di pronunciarsi sulla "giustezza" o meno di princìpi, normative e leggi.
Etienne

Anonimo ha detto...

Riguardo alle diverse visioni di Dio nell'Antico e Nuovo Testamento segnalo "Amore e violenza - Il dio bifronte" di Giuseppe Barbaglio, opera di taglio certamente teologico, ma avente spunti interessanti anche dal punto di vista storico sulle varie interpretazioni del messaggio biblico. Ecco qui una sua sintesi: www.giuseppebarbaglio.it/Articoli/finesettimana5.pdf

Mi piacerebbe peraltro conoscere se da qualche parte nel web ci sono blog interessanti (in italiano o in inglese) di storici accademici del giudaismo e dell'Antico Testamento. Sono interessato alla storia degli ebrei prima dell'esilio (sto leggendo Garbini, Liverani e Finkelstein) e mi interesserebbe anche approfondire le ipotesi più recenti sulla genesi dei libri dell'Antico Testamento. A presto, grazie.

Michele

Tanzen ha detto...

Le parole di Ratzinger ricordano molto da vicino quelle di Dostoevskj ne "I fratelli Karamazov": "se Dio non esiste allora tutto è permesso". Per Ratzinger "se Dio non è "personale" allora bene e male pari sono".
Di mio rigetto questo pensiero ritenendo che la fondazione dell'etica, quindi la differenziazione tra bene e male, possa sorreggersi su basi e principi prettamente umani. Ciò non vuol dire che questa fondazione sia ultimata e che non ponga problemi: trattasi, credo, di un lavoro ancora in fieri e necessitanti di alcuni aggiustamenti.
Il concetto di "utilità" potrebbe essere un valido aiuto nella fondazione di un'etica: è bene ciò che è utile ai più e che scontenta il minor numero di persone. Ma questa etica utilitaristica sarebbe dis-umana se privata di una serie di argini morali dettati da una coscienza che trovi nelle idee dei "diritti" e dei "valori" alcuni limiti.
C'è bisogno di Dio per sostenere che gli uomini debbano essere giudicati davanti ad una legge comunitaria come "tutti uguali"? Penso di no.
Venendo meno "il Dio personale" viene meno l'idea trascendente della giustizia divina post mortem. Si perde la giustizia nell'aldilà più che "qui". Ma forse anche questa immagine è troppo legata ad una visione quasi artistica che ci ha abituati fin da piccoli ad immaginare Dio come un vecchio con una barba bianca seduto su un trono che, come gli imperatori romani nel circo, alza o abbassa il pollice giudicando le sue creature (ma il "metro di giudizio" divino, secondo la stessa teologia, non è noto solo a Dio? La sua misericordia potrebbe salvare tutti e allora possiamo dire ciao ai concetti di bene e male: cosa importa comportarsi meglio del peggiore dei farabutti se tanto arriva l'amnistia divina e tanti saluti - idea molto italica, lo ammetto).
Forse se il "giudizio", come ha sottolineato giustamente Giovanni, fosse riportato, almeno un minimo, su questa terra il genere umano, nella sua parte credente, avrebbe qualche motivo in più di migliorare se stesso invece che attendere gli ultimi istanti della propria vita per scaricarsi la coscienza in punto di morte.
Chiudo citando De Andrè, forse non c'entra molto ma mi è tornata in mente e forse dice più di mille mie parole.
"Uomini, poiché all'ultimo minuto non vi assalga il rimorso ormai tardivo per non aver pietà giammai avuto e non diventi rantolo il respiro:
sappiate che la morte vi sorveglia gioir nei prati o fra i muri di calce, come crescere il gran guarda il villano finché non sia maturo per la falce".

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Etienne,
non ho certo la competenza del prof. Menozzi e quindi mi limito a dire che la sua analisi mi sembra condivisibile. Grazie anche per la tua che trovo assai interessante.
Vorrei solo aggiungere che non dovremmo nemmeno eccedere nel considerare perfetti i valori della modernita': anche quelli hanno creato non pochi problemi e necessitano di essere riconsiderati (ad esempio, una totale esclusione della dimensione religiosa dal discorso pubblico - un po' asettica, alla "francese" per intenderci - non mi sembra molto utile).
In fin dei conti, pero', mi sembra che l'attuale strategia del papato, piu' che aiutare a chiarire o risolvere il problema, generi una gran confusione: ne e' un esempio eclatante il discorso che il Papa ha appena tenuto al Parlamento inglese in cui tanto la scelta degli esempi (Tommaso Moro?) quanto l'insistere su un'incomprensibile dicotomia Fede-ragione non ci portano da nessuna parte.

Anonimo ha detto...

Caro prof. Bazzana,
quanto è vero che dobbiamo guardarci dal considerare perfetti e immutabili i prìncipi della modernità... Nel precedente messaggio non intendevo esaltarli, ma mettere in luce l'ambiguità (neanche troppo velata) che mi sembra esser presente in certe interpretazioni pontificie dei suddetti princìpi.
Anch'io considero alcuni di questi troppo astratti per come vengono enucleati in certe Carte contemporanee (diritti alla liberà ed alla felicità oltreoceano), altri discutibili (la laicità così com'è intesa in Francia, come notavi tu), altri ancora (certezza del diritto e gerarchia delle fonti giuridiche, sovranità) penso siano stati strumentali all'affermazione in chiave tendenzialmente totalitaria di quell'istituzione relativamente nuova che è (stato) lo Stato sovrano otto e novecentesco.
Tra tutti i princìpi della modernità mi piace però esaltare quello della razionalità applicata alle scienze umane, tra cui anche le scienze religiose e gli studi biblici: tra le migliori opportunità che la modernità ci offre c'è proprio quella di sottrarre il discorso storico all'arbitrarietà delle autorità costituite, non per appropriarcene a nostra volta, ma per sottoporlo al vaglio di prove razionalmente dimostrabili e da tutti valutabili.
Mi sono forse un po' spinto oltre rispetto all'argomento originario, e chiedo scusa.
Saluti cordialissimi
Etienne

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Michele,
grazie dell'interessante contributo: Barbaglio e' stato davvero uno studioso notevole.
Per quanto riguarda la tua richiesta "bibliografica", ci sono molte cose interessanti. Purtroppo, avevo gia' promesso ad un altro lettore del blog di creare un blogroll qui per dare questo tipo di informazioni, ma non riesco mai a trovare il tempo. Spero di riuscirci prima o poi, ma il fatto che siano ricomnciate le lezioni non mi aiuta.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Etienne,
scusami tu: la mia considerazione non voleva essere assolutamente una critica, ma un pensiero che mi e' stato stimolato dalla lettura del tuo primo commento. Non preoccuparti affatto: non mi sembrava che fossi andato cosi' fuori argomento (se mai lo hai fatto) e comunque mi fa piacere vedere che quello che scrivo generi qualche tipo riflessione sensata ed equilibrata.
Ciao.

Anonimo ha detto...

Io invece sono un convinto sostenitore della laicità alla francese relativamente al contesto italiano (azzeccatissima è l'analisi del filosofo francese Yvon Quiniou),guardate cosa stava per succedere con il caso Eluana Englaro,ad un certo punto il governo tutto,quasi unanime con una idea di fondo di stampo religioso (principio per esempio della sacralità della vita),aveva deciso di sovvertire una sentenza della corte suprema costituzionale.Non mi metto adesso a elencare le ragioni "pro" della sentenza dal punto di vista costituzionale,ma sono dell'avviso che i clericali e loro sostenitori nel nostro territorio italiano non abbiano capacità obiettive di dibattere sul terreno della laicità positiva,non solo lo insegna questo caso,ma basterebbe sfogliarsi la letteratura in ambito biomedico per rendersene conto (sono un'acceso sostenitore delle idee del professor Maurizio Mori in campo bioetico),per non parlare di come oggi la commissione di bioetica sia alquanto squilibrata (e quindi difficilmente "obiettiva" per tutta una serie di criteri che non sto qui ad elencare in quanto il discorso sarebbe lunghissimo).

Nel merito poi della nozione di laicià in ambito prettamente costituzionale,la questione non è affatto così elementare,ci sono centinaia di analisi dal punto di vista sia filosofico che costituzionale,per esempio,alcuni articoli di Faustino de Gregorio,Michele Martelli,Stefano Sicardi,Francesco Saverio bertolini,Vincenzo Pacillo,....

Devo dire che la abdicazione della professoressa Roberta de Monticelli (seguo un suo sito da molto tempo http://www.phenomenologylab.eu/ ) è stata piuttosto lampante proprio nel merito di certo nichilismo della CCR relativamente a questioni come libertà di coscienza e principio di autodeterminazione,se i clericali vogliono discutere di laicità rimanendo fermi a tampone su certe posizioni denunciate proprio dalla professoressa (alcune delle quali messe in luce anche nelle analisi di alcuni bioetici come per l'appunto Mori),stiamo freschi,ci si può contrapporre solo con la laicità alla francese.

Cla

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro/a Cla,
grazie del contributo pieno di riferimenti: devo dire che forse non mi sono spiegato come avrei dovuto.
Immagino che tutti abbiamo in mente le situazioni che ci sono piu' vicine: se vivessi in Italia non dubito che invocherei anch'io un po' di laicita', dal momento che in questo momento lo stato sembra esserne del tutto privo.
Non c'e' dubbio che la chiesa non debba influenzare le decisioni politiche, ma quando parlavo di non limitare le manifestazioni religiose alla sola sfera privata, mi riferivo ai casi in cui si impone alla singola persona di non indossare simboli religiosi o cose di questo genere. Nell'universita' in cui insegno si impedisce di insegnare le scienze religose, perche' qualche bello spirito lo considera contrario al principio della laicita' dell'istituzione accademica: in questo modo si ottiene solo l'effetto di coltivare l'ignoranza e di dare combustibile ai fondamentalisti che si sentono ghettizzati.

Anonimo ha detto...

a G. Bazzana

"Nell'universita' in cui insegno si impedisce di insegnare le scienze religose, perche' qualche bello spirito lo considera contrario al principio della laicita' dell'istituzione accademica"

Forse qui per "scienze religiose" intendevi "teologia" ovvero un insegnamento in cui si affermano cose come "è giusto affermare che Gesù è Dio" invece di affermare "quella confessione religiosa afferma che Gesù è Dio". Premettendo che non ho presente com'è in dettaglio il sistema universitario statunitense ritengo che se un'università è pubblica allora è scorretto che faccia privilegiare una teologia prescrittiva di una certa confessione religiosa a discapito di tutte le altre confessioni. Se invece è un'università retta da privati allora è libera di farlo.

Dubito che tu per "scienze religiose" intendessi i "religious studies" ovvero le discipline come storia delle religioni nonchè filosofia, psicologia, antropologia e sociologia della religione (che studiano il discorso e fenomeno religioso prescindendo da fare giudizi teologici e dunque non violano alcun principio di laicità), dato che tu di professione sei proprio uno storico del cristianesimo. Magari puoi illustrarci meglio come funziona l'università nel tuo paese.

Ciao.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro/a anonimo/a #10,
al contrario, intendevo proprio i cosiddetti "religious studies" e mi riferivo ad un'universita' che e' privata, ma ha una lunga tradizione di inflessibile laicita' (paradossalmente, negli USA, e' piu' facile trovare un dipartimento di "religious studies" nelle universita' pubbliche che nelle maggiori universita' private, anche quando queste ultime non sono legate a nessuna tradizione religiosa).
Ahime', questa e' una testimonianza che i problemi non derivano solo dall'atteggiamento "imperialista" delle tradizioni religiose, ma anche purtroppo da una certa "miopia" del fronte laico (e questo succede anche in Italia - basta riflettere sullo sconcertante fatto che nessuna universita' ha un dipartimento di studi religiosi, a parte Roma, e non si puo' dire che, negli scorsi decenni gli atenei siano stati dominati dai cattolici).
Ciao.

Anonimo ha detto...

Giovanni,forse si dovrebbe pensare anche a cose del tipo Luigi Lombardi Vallauri,non so se sai cosa gli è successo,e guarda caso,proprio con una università cattolica,l’Università Cattolica del Sacro Cuore,che è privata.

Claudio

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Claudio,
certo si tratta di un esempio emblematico, ma, solo per mostrare quanto la situazione sia complicata, la Cattolica e' uno dei pochi atenei italiani che ha un dipartimento di scienze religiose e non di teologia.
Ciao.