Un caso molto interessante e' quello del capitolo 5 del Vangelo: Gesu', nei primi versetti, cura un uomo storpio e fin qui si potrebbe pensare che si tratta di una normale storia di miracolo, ma, del tutto all'improvviso, al versetto 9 ci viene detto che la guarigione e' avvenuta di Sabato e questo scatena un grande conflitto con i Giudei che credono che Gesu' abbia voluto profanare il giorno di riposo. Cosa ne pensa Bultmann? Secondo lui, il miracolo viene da una fonte di "segni" (il termine greco, semeia, con cui Giovanni indica i prodigi compiuti da Gesu') e il redattore avrebbe maldestramente inserito il Sabato alla fine perche' e' proprio di quello che gli interessava parlare, data la sua persistente polemica contro il giudaismo.
I problemi non finiscono qui pero': nel resto del capitolo si legge un lunghissimo discorso di Gesu', ma e' facile notare che il ragionamento e', a volte, assai contradditorio. Ai vv. 24-25 sembra che il giudizio finale sia gia' presente in Gesu': perfino i morti ascoltano la parola di Gesu' e vivono (chiaramente la "vita eterna" deve essere intesa come qualcosa di spirituale). Subito dopo, tuttavia, ai vv. 28-29, il Gesu' di Giovanni ci sorprende con una virata di 180 gradi: qui sembra che la resurrezione sia un evento del futuro, che sta per arrivare, ma non e' ancora qui.
Bisogna pensare che queste visioni opposte vengano da due fonti distinte? Bultmann approverebbe in modo vigoroso, ma dai suoi tempi molta acqua e' passata sotto i ponti: oggi gli esegeti credono che il Vangelo vada preso come un'unita' e che l'autore fosse meno sprovveduto di quanto si credeva. In realta', ha volutamente creato un'opera ambigua in cui attesa futura e scelta esistenziale si confondono e non si lasciano mai ridurre ad una semplice formula.
Ancora una volta, si dimostra come un testo si possa leggere in innumerevoli modi diversi: la scelta ultima sull'interpretazione che preferisce rimane al lettore.
6 commenti:
Ciao Giovanni, commento solo l'ultima parte di quanto hai scritto. Senza dubbio l'interpretazione di un testo è opera di chi legge, vale per ogni testo, sia esso si chiami Vangelo o Codice Civile. Allo stesso modo è indubbio che i testi vanno saluti leggere e che non ogni interpretazione è legittima.
Caro omonimo,
dipende cosa intendi con "legittima": per quanto mi riguarda ogni interpretazione e' possibile, ma questo non vuol dire che sia giusta.
Ciao Giovanni, tu mi poni una
domanda e t rispondo volentieri.
Io credo che esista un'interpretazione "legittima", magari non condivisibile, ma basata su argomenti solidi ed una "arbitraria", che si ha quando si cerca di far dire al testo quello che fa comodo. Un esempio di questo lo trovi nella giurisprudenza quando le parti sottopongono al giudizio le loro visioni della legge e dei fatti.
Hai scritto che: "la scelta ultima sull'interpretazione che preferisce rimane al lettore". Hai scritto anche che: "ogni interpretazione e' possibile, ma questo non vuol dire che sia giusta".
Hai scritto anche che in un testo va preferita "l'interpretazione che tutela di piu' la dignita' degli esseri umani".
Le cose sono apparentemente in contraddizione, quindi ti chiedo una spiegazione: da un lato scrivi che ogni interpetazione è legittima e che bisogna preferire quella a maggiore contenuto morale, dall'altra scrivi anche che non è detto che un'interpretazione sia giusta. Cosa significa "giusta"?
Un saluto
Caro Giovanni,
scusa per il ritardo di questa risposta, ma ho avuto una settimana di delirio.
Se non ti dispiace parto dalla fine: quando scrivo "giusta" intendo accettabile per me dal punto di vista morale, quindi "giusta" nel senso legato alla "giustizia" non al metodo.
Ovviamente, questo e' un criterio che dipende dai miei parametri di giudizio morale e quindi la cosa potrebbe essere diversa per un altro interprete: l'importante e' che ogni interprete sia estremamente chiaro sui suoi parametri e non confonda le acque.
Facciamo l'esempio della Samaritana di cui abbiamo gia' parlato e selezioniamo due possibili interpretazioni (fra le molte possibili e legittime). La prima e' allegorica e vede la samaritana come il simbolo della religione samaritana che ha abbandonato la Torah ebraica (i 5 mariti) e vive ora nel peccato di idolatria (vive con un uomo senza essere sposata): poi arriva Gesu' e la riconduce sulla retta via. La seconda e' la lettura piu' "femminista" che vede la donna come una vittima di una societa' patriarcale che la costringe a vivere con un uomo che non la rispetta e non la vuole sposare: poi arriva Gesu' e le da' la liberta' di essere apostola e indipendente.
Come si giudica qui? Tu fai l'esempio giurisprudenziale, ma non calza: nel caso di un processo abbiamo due parti che hanno due visioni soggettive e che si mettono d'accordo per sottomettersi al giudizio, ugualmente soggettivo, di una terza parte. Non e' che il giudice sia "neutrale": c'e' solo una convenzione che lo considera tale per permettere al sistema legale di funzionare e non farci piombare tutti nella legge della giungla.
Ugualmente, fra le due interpretazioni della Samaritana chi dovrebbe decidere quale ha gli argomenti piu' "solidi"? Non ci si puo' riferire ne' al testo, che e' muto, ne' all'autore, che e' morto e sepolto. Io penso che una decisione responsabile si possa prendere solo sulla base degli effetti politici e morali generati dalle interpretazioni: la prima mette le donne in una luce negativa, la seconda fa l'opposto.
Un saluto
Ciao Giovanni, grazie per la risposta. Parto anche io dalla fine, ove affermi che "una decisione responsabile si possa prendere solo sulla base degli effetti politici e morali generati dalle interpretazioni". Il problema è chi stabilisce la positività degli effetti morali e politici? Chi stabilisce che un certo effetto è politicamente e moralmente positivo e che un altro non lo è? L'autore di una legge non può deciderne l'interpretazione: questo compito spetta alla dottrina ed alla giurisprudenza e se una legge condice ad effetti politicamente e moralmente negativi non si può ignorare. Nel caso della Samaritana l'interpretazione femminista mi pare voler forzare il testo a dire qualcosa che supporti una certa tesi.
Caro Giovanni,
solo tu decidi della positivita' degli effetti di una certa interpretazioen che decidi di abbracciare: e' un concetto di etica della responsabilita' che fa da cardine a tutto il sistema, almeno secondo me.
Non esiste nessuna autorita' esterna che puo' dare direttive e non esiste un "testo" oggettivo che possa essere piu' o meno "forzato" dall'interprete, come dici tu. Chi afferma l'esistenza di un principio esterno e neutrale che faccia da controllo, secondo me (e scusa la brutalita') nella migliore delle ipotesi insegue un miraggio positivista ottocentesco e nella peggiore non fa altro che nascondere il proprio personale interesse nel successo di una certa interpretazione.
Non credo di aver capito la tua osservazioen relativa all'attivita' legislativa: vuoi dire che un legislatore non e' responsabile degli effetti prodotti dalle leggi che scrive?
Un saluto
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