Sul suo blog, Καὶ τὰ λοιπά, Daniel Streett, professore di Nuovo Testamento al Criswell College di Dallas, discute in una lunga serie di post le difficolta' dell'insegnamento del greco agli studenti di teologia e propone una sua soluzione. Penso che questa discussione meriti attenzione, perche', anche se la proposta di Streett non mi convince molto, la sua diagnosi dei mali dell'insegnamento delle lingue antiche mi pare assai precisa.
La conoscenza del greco presso gli studenti di teologia (escludendo gli studenti di dottorato che fanno caso a se') e' molto scarsa, tanto negli USA quanto in Italia. La pedagogia tradizionale, basata sull'apprendimento sistematico della grammatica e sulla traduzione, non produce piu' i risultati a cui si era abituati. Questo lo si vede anche, ad un altro livello, nei licei italiani, dove mediamente e' ormai impossibile raggiungere i livelli di conoscenza delle lingue che erano abituali anni fa. Gli studenti devono passare molto tempo su esercizi grammaticali, che li tengono lontani dai testi "veri" e rendono ancora piu' difficile spiegare loro quale sia il beneficio di questo apprendimento tanto faticoso (questo e' dolorosamente evidente per chiunque abbia avuto anche solo una breve esperienza di insegnamento in un ginnasio o in un altro tipo di liceo).
Streett ha ragione nel affermare che obiettivo dell'insegnamento dovrebbe essere quello di mettere gli studenti a loro agio con la lingua, permettendo loro di leggere molto e con scioltezza. Purtroppo, quello che si finisce per avere sono studenti che possono leggere con grande fatica una pagina di NT solo perche' in sostanza ne conoscono gia' a memoria il senso. La soluzione proposta da Streett e' quella di un apprendimento del greco in "full immersion" sul modello di quanto si fa normalmente per le lingue vive. Non e' detto che la cosa non possa produrre buoni risultati. Anni fa, insegnai in un liceo socio-psico-pedagogico in cui si era avviata una sperimentazione di questo genere per il latino. Purtroppo, fui trasferito l'anno dopo e non ho mai avuto la possibilita' di verificare i risultati dell'esperimento.
Naturalmente, questo ultimo aneddoto serve anche a chiarire che i frutti di un metodo come quello basato sulla conversazione si vedono solo sul lungo periodo e mi sembra impossibile che i programmi di formazione per pastori e ministri vari possano dedicare tanto spazio all'apprendimento della lingua greca. Come in molti altri casi, anche qui si tratta di una questione di priorita' e discuterne e' molto importante. Non sono sicuro che la capacita' di leggere fluentemente Giovanni Crisostomo o, peggio ancora, Elio Aristide sia un requisito necessario per chi si avvia alla carriera ecclesiastica. La conoscenza di database e altri strumenti elettronici che ormai sono diffusissimi potrebbe bastare e, comunque, non sarebbe nemmeno male se l'esegesi biblica a livello accademico fosse finalmente lasciata ai "laici".
8 commenti:
Caro Giovanni,
spero di non sembrarti un cocciuto bastian contrario ;-), ma anche in questo post trovo osservazioni che mi lasciano un po' perplesso: secondo me l'esegesi testuale, sebbene non indispensabile, e' tuttavia molto raccomandabile anche per chi si avvia a una carriera ecclesiastica. Comprendere i contenuti religiosi, filosofici, etc., e' quanto meno impervio se si rinuncia a strumenti filologici. Probabilmente tu sei a conoscenza di mistificazioni varie che suggeriscono una separazione di ambiti di competenza, ma mi sentirei di dire che si possa fare un'esegesi 'unbiased' indipendentemente dal proprio credo religioso, cosi' come i pregiudizi possono inficiare anche la ricerca di un laico.
Per quanto riguarda l'insegnamento, sono per tre-sei mesi intensivi di grammatica e sintassi (ma se possibile con esempi testuali e non artificiosi, altrimenti gli studenti non acquisiscono sensibilita' alla letteratura), seguiti da immersione graduale in testi: lavorando su passi estesi e in qualche modo completi si puo' continuare comunque a studiare grammatica. Il processo "dal testo alla grammatica" mi sembra piu' gratificante che "dalla grammatica al testo" e ancora di piu' di "dalla grammatica alla grammatica".
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi, personalmente ho avuto buoni feedback, ma non ho ancora osservato i risultati a lungo termine.
Cari saluti,
Giuliano
Caro Giuliano,
assolutamente mi fa piacere discutere con te, anche perche' sei sempre molto cortese.
Ho il timore di essere stato un po' confuso nel post. Certo che non eliminerei l'esegesi: di fatto agli studenti che frequentano la mia scuola preparandosi per diventare pastori si richiede di seguire numerosi corsi di esegesi. Pero', anche se fosse possibile renderli tutti dei grecisti provetti (ma il tempo non c'e' assolutamente), mi chiedo quanto sarebbe utile questo investimento. Appena finito il corso si metteranno a fare lavoro pastorale a tempo pieno e l'unica esegesi che faranno sara' di riporto (per questo ritengo piu' importante che sappiano usare bene gli strumenti - enciclopedie, traduzioni, vocabolari, blogs... - piuttosto che essere capaci di tradurre Plutarco al volo). Nessuno (nemmeno loro stessi) si aspetta che producano lavoro di ricerca innovativo.
Mi sono spiegato male anche sulla questione dei "laici": intendevo il termine nel senso cattolico di non preti. Anche in seminari e scuole teologiche, non vedo perche' gli insegnamenti biblici non debbano essere affidati a persone che non siano sacerdoti o pastori. Del resto, questi ultimi hanno chiaramente altre funzioni nella compagine ecclesiale.
Infine, volevo domandarti se mi puoi dare piu' informazioni sulla tua esperienza (in realta', tutto questo ragionamento e' molto in evoluzione per me e sono ben contento di ricevere ogni genere di imput): quanto tempo hai impegato? Si tratta di una scuola italiana?
Ciao
Caro Giovanni,
purtroppo non so quanto la mia esperienza possa esserti utile, dal momento che non si tratta del greco e non so quanto il lavoro testuale possa rispondere a criteri comuni. Lo sto cercando piano piano di capire, e devo dire che questo blog e' una bella fonte di spunti. Pero' temo che se entrassi piu' nei dettagli usciremmo dai temi trattati.
Per quanto riguarda il termine laici, avevo capito come lo intendevi ed e' come lo uso anch'io. Le mie considerazioni erano intorno all'opportunita' o meno di una separazione laici-ecclesiastici nell'ambito della ricerca. Trovo che ognuno debba seguire le proprie inclinazioni e se un prete si trova piu' a suo agio con la filologia che con l'attivita' missionaria, ben venga il suo contributo. Ovviamente questo vale anche in senso contrario e, come hai giustamente notato, non e' affatto controproducente che in seminari e accademie teologiche insegnino laici qualificati. Auspicherei anche che i laici impiegati nelle universita' cattoliche non fossero necessariamente in linea con il pensiero cristiano: ne gioverebbe la neutralita' della ricerca e forse ne beneficerebbe la stessa istituzione accademica. Ma temo che qui aprirei una polemica che ci porterebbe lontani dall'argomento.
Buona domenica,
Giuliano
Da anni in italia c'è il cosiddetto "metodo Miraglia" portato avanti dall'Accademia Vivarium Novum e sempre più diffuso nei licei italiani.
Quanto alla necessità di essere tutti grecisti, dipende ovviamente da cosa una persona vuol fare nella vita. Troppo spesso leggo "pastori" evangelici, predicatori Testimoni di Geova, e altri personaggi simili che affollano la rete e che pretendono di parlare di greco proprio perché basano le loro conclusioni sugli "strumenti" elettronici che tu hai indicato. Saper cercare un lemma con un dizionario elettronico può addirittura depistare se non si hanno delle previe conoscenze linguistiche che ti permettano di inquadrare e valutare ciò che leggi. Troppo volte mi sono trovato dinnanzi a persone che difendevano una traduzione x solo perché l'avevano letta nel commentario tal dei tali pescato su BibleWorks, ma erano del tutto incapaci di valutare se la posizione che avevano letto era plausibile, aggiornata, o solo frutto di partigianeria confessionale. Sicché, francamente, mi aspetto che chi discute di esegesi anche solo a scopo pastorale, se vuole darsi alla controversistica e fare il polemista, conosca le lingue antiche in modo più che buono.
Caro Giuliano,
grazie del tuo commento. Intendo solo aggiungere brevemente che personalmente concepisco l'attivita' propria del "prete" come liturgica e pastorale. In tempi di calo di vocazioni non mi sembra assurdo domandarsi se queste due "funzioni" non debbano avere la precedenza. Se poi uno si sente piu' portato per la filologia, benissimo: rimanga laico che va tutto bene oppure coltivi questa passione nel tempo libero.
Ciao
Caro Polymetis,
grazie del commento.
Purtroppo, se intendo bene la tua obiezione, temo che richiedere una conoscenza piu' che buona delle lingue antiche per permettere di discutere di esegesi ci costringerebbe a far tacere quasi tutti i sacerdoti cattolici, senza dimenticare le altre categorie da te citate.
Piu' seriamente, di certo condivido il tuo timore relativo all'uso "amatoriale" degli strumenti elettronici. D'altra parte, pero', sono utili e di conseguenza quello che proponevo e' proprio un corso pensato per fornire quelle nozioni minime che ne permettano un utilizzo proficuo e maturo. Penso che tentare di fare di piu' sia irrealistico.
Ciao.
Perché nella foto con l'alfabeto greco prima dell'omega non c'è una psi ma una seconda phi fuori posto?
Caro Polymetis,
gia': si vede che e' il prodotto del lavoro di uno che ha studiato il greco solo sugli "strumenti" elettronici...
Ciao
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