L'ultimo numero di "The Bible and Critical Theory" e' dedicato all'interessante e scottante tema della "Biblical Politics (Politica biblica)", da intendersi, come detto nella nota editoriale, come l'intersezione fra la politica e lo studio della Bibbia a vari livelli. Mi pare giusto spendere due parole sul breve contributo di James Crossley dell'universita' di Sheffield. Il suo lavoro piu' recente si concentra sull'analisi dell'ideologia che sottende lo studio accademico della Bibbia e tre anni fa Crossley ha pubblicato un libro, "Jesus in an Age of Terror: Scholarly Projects for a New American Century (Gesu' in un'epoca di terrore(/terrorismo): progetti accademici per un nuovo secolo americano)", che ha suscitato alcuni dibattiti e significative prese di posizione.
Il contributo di cui si parla qui ha come titolo "The Multicultural Christ. Jesus the Jew and the New Perspective on Paul in an Age of Neoliberalism (Il Cristo multiculturale. Gesu' ebreo e la Nuova Prospettiva su Paolo in un'epoca di neoliberismo)". Lo stile di Crossley e' spesso troppo stringato e puo' risultare oscuro per chi non abbia una conoscenza piu' che aggiornata della bibliografia accademica: tuttavia, dal momento che i temi esposti qui (e che sono poi gli stessi del libro che ho menzionato sopra) sono estremamente importanti, vale la pena di riprenderli e di esaminarli criticamente.
La prima questione significativa e' quella del Gesu' ebreo, vale a dire del riconoscimento dell'ebraicita' del Gesu' storico, un dato che si puo' dire ormai accolto da una larghissima maggioranza dei ricercatori. Questo riconoscimento segna anche una grandissima novita' della ricerca posteriore agli anni '70 del secolo scorso rispetto ai secoli che l'avevano preceduta. Crossley connette il successo di questa novita' storiografica (oltre che al senso di colpa cristiano per il genocidio perpetrato dai nazisti) con il clima di multiculturalismo e neoliberismo che ha caratterizzato gli ultimi decenni in Europa occidentale e Nord America. Proprio in questo clima culturale diventa possibile comprendere, secondo Crossley, come mai l'affermazione programmatica di un Gesu' storico "ebreo" si traduca, alla prova dei fatti nella maggioranza dei lavori di studiosi cristiani, nella rappresentazione di un Gesu' che in fondo non e' poi "cosi' tanto ebreo". Crossley pone in parallelo questo fenomeno con il discorso multiculturale sull'Islam, che in genere viene dichiarato "accettabile", ma solo in quelle versioni che vengono giudicate, dal punto di vista occidentale, "vere" o "spirituali".
Trovo la tesi di Crossley (almeno per quanto concerne il Gesu' ebreo) assai convincente e basta prendere in mano uno qualsiasi dei libri dedicati all'argomento per rendersene conto. Per esempio, l'opus magnum di J.P. Meier, che e' ormai avviato a raggiungere dimensioni enciclopediche e che e' probabilmente l'opera piu' nota anche al pubblico di lingua italiana. Il titolo stesso ("Un ebreo marginale") basta a chiarire quanto sostenuto da Crossley: anche per Meier il Gesu' storico deve essere prima di tutto un ebreo, ma beninteso non un ebreo come i farisei o come un Flavio Giuseppe qualsiasi. Ecco quindi che torna utile il concetto di marginalita', che e' poi anche operativo a livello metodologico nel fondamentale (per Meier) criterio di discontinuita', per il quale vengono considerati "storici" proprio quegli elementi che differenziano Gesu' rispetto al giudaismo del suo tempo. E' chiaro che fare altrimenti sarebbe troppo problematico, perche' condurrebbe a mettere in forse il ruolo di Gesu' come fondatore di una nuova religione (distinta dal giudaismo) oppure quello di personaggio eccezionale e senza paralleli nella storia dell'umanita'.
2 commenti:
vorrei capire nei lavori di studiosi ebrei come viene presentato l'"essere ebreo" di Gesù..
qualche consiglio bibliografico?
grazie
Caro Domenico,
direi su tutti Amy-Jill Levine, The Misunderstood Jew, oppure, anche se con qualche maggiore risvolto problematico, Paula Fredriksen, Jesus of Nazareth, King of the Jews.
Saluti
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