La recente discussione con due lettori, seguita a un mio post sull'episodio matteano della siro-fenicia, mi ha sollecitato a riprendere alcune letture che avevo fatto e poi accantonato durante l'estate. In particolare, credo sia opportuno porsi delle domande serie sui limiti dell'indagine storico-critica e sul posto che questa stagione ha occupato e occupa nella storia delle letture della Bibbia. Ho trovato molto utile e stimolante un lunghissimo articolo (piu' di 90 pagine, divise in tre parti - quasi un breve saggio, a questo punto) pubblicato nel 2010 da Stephen Moore, professore di Nuovo Testamento alla Drew University, e Yvonne Sherwood, professore di Bibbia, religione e cultura alla universita' di Glasgow, sulla rivista Biblical Interpretation. Il significativo titolo del lavoro e' "Biblical Studies 'After' Theory: Onwards Towards the Past" ("Studi biblici 'dopo' la teoria: avanti verso il passato"). L'articolo ha l'ambizioso obiettivo di fare una storia della ricerca biblica moderna e, al tempo stesso, di proporre alcune prospettive per il lavoro futuro "dopo" che il panorama degli studi biblici sarebbe stato rivoluzionato dall'introduzione della "teoria" (con questo termine, almeno in ambito americano, si indica tutto un armamentario di elaborazioni teoriche - vuoi femministe, vuoi neo-marxiste, vuoi post-coloniali... - che avrebbero "spodestato", ma in realta' niente e' piu' lontano dal vero, il vecchio approccio storico-critico).
E' impossibile riprendere tutti i contenuti dell'articolo qui, ma vorrei concentrarmi soprattutto sulla seconda parte, che ha come sottotitolo "The Secret Vices of the Biblical God" ("I vizi segreti del Dio biblico"). I due autori sostengono, con buone ragioni mi pare, che la "rottura" fondamentale nella storia dell'interpretazione biblica avviene nel periodo dell'Illuminismo non, come viene usualmente sostenuto, sulle questioni tecnicamente "storiche" (per esempio, autenticita' o integrita' dei testi), ma sulla accettabilita' "morale" della Bibbia. In modo grossolano, si viene a dire che, se il Dio della Bibbia agisce in modo moralmente inaccettabile (e gli esempi non mancano), allora i testi sacri non possono avere la pretesa di essere presentati come necessari strumenti di salvezza e tantomeno come patrimonio universale dell'umanita'. In tale prospettiva, l'intera ricerca storico-critica edificata nel diciottesimo secolo appare come un tentativo di "distogliere" l'attenzione dalle questioni veramente fondamentali che rimangono tuttavia irrisolte.
Se vogliamo un esempio, si puo' riprendere la pericope, menzionata sopra, di Mt 15:21-28. Possiamo discutere molto approfonditamente sul problema, comunque significativo in se stesso, dell'attribuzione di questo episodio al Gesu' storico, ma, secondo Moore e Sherwood, questo e' solo uno specchietto per le allodole, che intende "occultare" il vero problema del modo brutale e offensivo in cui il divino Gesu' tratta una donna, a differenza dei molti interlocutori di genere maschile. In modo meno rozzo di quanto sia stato fatto dai critici illuminsti e come conseguenza di un grande cambiamento nella composizione e nelle aspettative del pubblico al principio del ventunesimo secolo, questo e' il tipo di domanda che viene formulata all'interno di una critica ideologica della Bibbia. Chiedersi se l'autore del Vangelo di Matteo sia stato guidato da una ben precisa ideologia dei generi e dei loro rapporti porta, quindi, anche a mettere in discussione in che termini sia "utile" la lettura del testo prodotto da Matteo e, su un piano piu' teologico, in che modo si debba pensare l'ispirazione di uno scritto ritenuto veicolo di una rivelazione divina.
12 commenti:
Caro Giovanni,
dalle tue argomentazioni mi sembra di poter riassumere la cosa in questi termini:
a) ci sono delle discriminazioni non solo "uomo-donna", ma anche "israeliti-non israeliti", "forti (il centurione)-deboli (donna che richiede la guarigione)";
b) la presenza di una discriminazione confuta il messaggio di una religione universale, o almeno ne mette in discussione alcuni fondamenti.
Riguardo l'obiezione che i testi possano essere strumenti di salvezza, il contenuto della pericope sembra invece provare che la fede e' requisito indispensabile e di per se' sufficiente ad accedere a questi strumenti. L'esito dell'episodio sembrerebbe testimoniare anche a favore dell'universalita': dopo tutto c'e' un "lieto fine".
Tuttavia, anche se forse non basta a minare le fondamenta soteriologiche dei Vangeli, la presenza di un modo rozzo e in qualche modo discriminatorio e' pressoche' incontrovertibile. Cio' suggerisce l'influenza di un'ideologia sul compilatore, e questa ideologia appare per molti versi contraddittoria rispetto alla pretesa di rivelazione divina.
Un'osservazione che potrebbe tornare utile, a questo punto, e' che il compilatore, se mai fosse stato conscio di tali presupposti ideologici, non aveva motivo di metterli da parte, perche' il Vangelo si rivolgeva comunque a un pubblico che li condivideva e a non a una societa' post-femminista che a suo modo combatte le discriminazioni. In altre parole, il compilatore, come il Gesu' dell'episodio, avrebbe dispensato un miracolo su base 'universale' (la fede), ma adottando una modalita' 'particolare', quella delle convenzioni specifiche del tempo e del luogo.
Cari saluti,
Giuliano
Caro Giuliano,
caro Giuliano, grazie dell'ottimo sunto.
La tua conclusione e' quello che intendevo io parlando, alla fine del post, della dottrina dell'ispirazione. Mi sembrava il caso di ribadirlo, visto che, nonostante il post-femminismo, e' ancora possibile incontrare gente che la pensa diversamente (o che la pensa cosi' a proposito degli omossessuali, o delle classi sociali, et coetera).
Ciao.
mi faccia capire prof. Bazzana,
lei sta dicendo che il compilatore del Vangelo ci presenta un Gesù con atteggiamenti discriminatori che il "Gesù storico" non aveva?
o sta dicendo che anche il Gesù storico aveva questi atteggiamenti?
Caro Domenico,
grazie della domanda, ma non sto dicendo ne' una cosa ne' l'altra. Credo si possa aggiungere questa al lungo elenco delle cose che non so a proposito del Gesu' storico.
Saluti
Per un Giudeo del primo secolo era più grave per una donna l'essere pagana o l'essere una adultera?
Caro Domenico,
non saprei proprio. Vorresti forse proporre una comparazione con Gv 7:53-8:11?
Saluti
Prof. Bazzana,
sì mi scusi intendevo proporre un paragone tra una donna pagana ed una ebrea adultera..
Caro Domenico,
ok, ma non vedo il beneficio che potrebbe derivare dall'accostamento.
Saluti
pensi dott. Bazzana è la stessa cosa che ho pensato io quando ho letto di un altro accostamento nel post e nel corso della discussione..
Saluti.
Caro Domenico,
mi sembra che ci sia una bella differenza fra l'accostamento di due pericopi che stanno nello stesso Vangelo (Matteo) e quello di due pericopi che stanno in due Vangeli differenti (Matteo e, forse, Giovanni), fra l'accostamento di due pericopi che hanno la stessa struttura narrativa (richieste di miracolo) e quello di due pericopi del tutto eterogenee dal punto di vista formale (richiesta di miracolo una e apoftegma legale l'altra) e cosi' via.
A meno di non essere capziosi, eh.
Saluti
Dott. Bazzana,
'capzioso' è l'aggettivo che mi è venuto in mente quando qualcuno per spiegare Mt 8:5-13 ha cominciato a fare accostamenti con Callimaco, Tucidide, Senofonte...
Se lei vuole rimanere in Matteo c'è allora l'Emorroissa..
Come spiegare la durezza verso la pagana e l'accoglienza verso una donna ebrea che qualunque giudeo dell'epoca avrebbe considerato impura e il cui contatto anche accidentale era visto con disprezzo?
Caro Domenico,
come spiegarlo? Perche' una e' ebrea e l'altra no, come ho scritto nel post.
Visto che stiamo andando in circolo, per quanto mi riguarda la conversazione e' chiusa.
Grazie.
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