In un interessante post sul blog "Rationally Speaking", Massimo Pigliucci riflette sui limiti dell'impiego del "rasoio di Occam" nelle scienze. In particolare, Pigliucci menziona la "tesi di Duhem", un filosofo della scienza francese, il quale osservo' che un'ipotesi scientifica non pouo' essere immediatamente falsificata da un singolo esperimento. Di contro al famoso principio popperiano della falsificabilita' delle singole affermazioni scientifiche, Duhem sostiene che, se un esperimento non fornisce i risultati che ci si sarebbe aspettati, cio' non smentisce necessariamente l'ipotesi per cui l'esperimento era stato organizzato, ma il problema potrebbe invece essere legato ad una delle numerose altre ipotesi che sono connesse, come sfondo generale, a quella principale.
Ho riflettuto un po' sulla possibile applicazione di questo principio nell'ambito della ricerca storica. Naturalmente, quando si parla di "rasoio di Occam" nell'ambito della ricerca neotestamentaria il primo riferimento che viene alla mente e' quello della questione sinottica. Gli oppositori di Q sostengono quasi sempre che il "rasoio" dovrebbe "tagliare via" la fonte Q, perche' le altre ipotetiche soluzioni non devono ricorrere a postulare l'esistenza di un'entita' di cui non si sa nulla (Q appunto) e quindi sono piu' parsimoniose dell'ipotesi bifontica. Tuttavia, anche i sostenitori di Q si appellano a Occam, quando osservano che le ipotesi alternative devono postulare talmente tante complicazioni redazionali e letterarie che queste soluzioni risultano assai meno "semplici" di quanto non appaiano.
Certo, non e' questa la sede per risolvere l'interminabile discussione, ma la tesi di Duhem offre una prospettiva che non viene usualmente presa in considerazione. Le varie ipotesi sinottiche sono strettamente connesse ad altre ipotesi storiche: prendiamo, per partire da un esempio relativamente semplice, quello delle relazioni fra problema sinottico e ricostruzione filologica del Nuovo Testamento (potete trovare una trattazione di Peter Head molto piu' approfondita qui). In diversi passi dei Vangeli di Matteo e Luca (il piu' celebre e controverso e' certamente Mt 26:68) il testo e' usualmente ricostruito in una forma che avvicina Matteo e Luca contro Marco e crea grossi problemi ai sostenitori della teoria bifontica (per cui uno dei principi fondamentali e' che Matteo e Luca hanno rielaborato Marco e Q indipendentemente uno dall'altro). Ovviamente, applicando il criterio suggerito da Duhem, si potrebbero eliminare questi accordi "scomodi" privilegiando i pochi testimoni che differenziano Matteo da Luca e attribuendo le somiglianze all'intervento di copisti che hanno "armonizzato" (come in effetti accade spesso nella tradizione dei tre Sinottici) i testi dei Vangeli fra loro.
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