In questi giorni si commemorano le apparizioni di Maria a Fatima e il viaggio del Papa in Portogallo ha riacceso il dibattito, per il vero mai spento, sui famosi "segreti" che la Madonna avrebbe rivelato ai tre pastorelli. Le considerazioni che Ratzinger ha fatto in questi giorni in particolare sul terzo segreto invitano a fare qualche riflessione metodologica e storica.
Il Papa gia' nel 2000 aveva scritto un "commento teologico" del segreto quando questo fu rivelato per la prima volta. In questo viaggio Ratzinger ha aggiunto degli spunti interpretativi che hanno fatto andare in visibilio quelli che speculano sui "segreti" ancora nascosti, mentre hanno suscitato sorpresa in quelli che ritenevano che l'interpretazione "definitiva" fosse gia' stata data una volta per tutte. Davvero e' un po' ripugnante vedere la chiesa cattolica descritta come vittima della pedofilia (e' come, mutatis mutandis, la storia di quel giocatore che aveva dato un calcione alle spalle al suo avversario e subito dopo cercava di far sembrare che la colpa fosse di quello che il calcio l'aveva preso), ma l'analisi storica deve accostarsi alla questione in altro modo.
Il terzo segreto di Fatima e' una profezia apocalittica e come tale viene trattata dai teologi: il significato storico del testo non ha nessuna importanza, ma ogni volta che si rilegge la profezia si "scopre" un nuovo significato "teologico" che si adatta alle mutate circostanze storiche in cui la nuova lettura viene fatta. Si pensi un po' alle predizioni dell'Apocalisse a proposito dell'Anticristo: storicamente chi ha scritto il testo pensava a Nerone, ma successivamente le identificazioni sono state centinaia (altri imperatori, eretici, re medievali, perfino papi...). Il senso mutava a seconda del nemico che si doveva "far fuori" con la profezia e lo stesso avviene con il terzo segreto di Fatima. E' inutile criticare queste letture "teologiche" dicendo che l'interpretazione "storica" e "vera" e' differente: non c'e' alcuna possibilita' di comunicazione fra i due tipi di ragionamento perche' il discorso teologico rifiuta i presupposti di quello storico (per esempio, il fatto che sia piu' probabile che un autore scriva in relazione agli eventi a lui contemporanei invece che avendo presente cio' che avverra' duemila anni dopo).
Il discorso storico non e' piu' "vero" di quello teologico, ma ha altre virtu': per esempio, e' piu' "democratico" perche' chi propone un'interpretazione storica la deve motivare con prove verificabili e pubbliche, mentre chi propone un'esegesi "teologica" la fonda solo su una "intuizione personale" o su una "ispirazione soprannaturale" che, come in questo caso, possono servire a scagionare se stessi e la propria istituzione da un'accusa infamante.
4 commenti:
Salve, caro professore (anzi Giovanni, giacché tempo fa, a proposito di una discussione su Giuda, mi invitasti a chiamarti col nome).
Hai ragione in quello che scrivi: «Il discorso storico non e' piu' "vero" di quello teologico, ma ha altre virtù: per esempio, e' piu' "democratico" perche' chi propone un'interpretazione storica la deve motivare con prove verificabili e pubbliche, mentre chi propone un'esegesi "teologica" la fonda solo su una "intuizione personale" o su una "ispirazione soprannaturale"».
Esiste, però, una terza via ed è quella simbolica. Questa, al pari della storico-scientifica, è probabilistica: che percentuale di dubbio esiste sull'idea che, di là della polivalenza del singolo simbolo, la lupa in Dante sia riducibile al segno dell'ingordigia? E' il mosaico del cammino, della selva oscura, della lonza etc. etc. che consente tale riduzione: con quale probabilità una mezza dozzina di simboli si assemblano dando luogo a una mappa concettuale coerente e significativa? Sono d'accordo con te, questa lettura degli attacchi a seguito degli eventi di pedofilia proprio non si vede. Non c'è mosaico. E' impressionante, invece, la lettura dell'attentato a Karol Wojtyla. Qui sì che c'è "mosaico", coerenza significante di tessere: la seconda parte del segreto faceva riferimento alla Russia e, dal punto di vista storico, oggi sono molte le tracce che riconducono l'attentato di Alì Agca ai servizi segreti del Kgb e dei Paesi dell'Est sovietico. Gli stessi due angeli sotto la croce, se li leggi alla luce di Mt 26,53, rappresentano l'intervento divino. Questo, però, è simbolismo, una fattispecie di esegesi che non si pratica più. Un caro saluto. Lino
La mia vanità non può che ringraziarla per i complimenti e la mia sincerità contraccambiare l'elogio.
Caro Lino,
di primo acchito mi verrebbe da risponderti che l'accostamento fra la una complessa struttura allegorica come quella del primo canto della Commedia e la paginetta scarsa del segreto di Fatima non mi convince molto: nella prima vedo bene il "mosaico" di cui parli, ma faccio piu' fatica per la seconda (che, proprio per la sua brevita', si presta meglio dell'altra ad essere piegata agli usi piu' disparati).
Ripensandoci, pero', devo ammettere che forse non c'e' questa grande differenza qualitativa fra i due esempi. Mi rimane sempre difficile ammettere che per un simbolo ci sia un solo significato "vero" o accettabile al di la' dell'esperienza e della lettura soggettiva. La questione rimane affascinante, su questo non c'e' dubbio.
Grazie per il contributo (e anche per avermi chiamato Giovanni) e ben tornato.
Caro McG,
bello e elegante il tuo ringraziamento.
Benvenuto
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