4 Ezra ha tutto quello che si potrebbe aspettare da un'apocalissi: visioni molto strane (c'e', per esempio, una donna che piange il figlio morto prematuramente e poi all'improvviso si trasforma nella citta' di Gerusalemme!), un'apparizione del "figlio dell'uomo" (che pero' in questo caso emerge dal mare), un angelo che scende a spiegare le visioni ad Ezra e perfino l'intrigante particolare che Ezra deve mangiare "fiori" per sette giorni per poter ottenere le sue rivelazioni.
E' un'altra, tuttavia, la cosa piu' notevole del 4 Ezra: per buona parte del testo il veggente, Ezra, anziche' accettare supinamente il giudizio di Dio sulla storia e il destino dell'umanita' contesta in modo molto incisivo le decisioni che gli vengono presentate dall'alto. A tratti questo atteggiamento ricorda quello che si trova nei libri piu' "problematici" della Bibbia ebraica: Giobbe o Qohelet, per esempio. Ezra si chiede come mai Israele, il popolo eletto, debba soffrire cosi' tanto e come mai cosi' tanti esseri umani siano stati creati solo per essere condannati alla dannazione (Dio avrebbe potuto organizzare tutto un po' meglio). La risposta dell'angelo Uriele e' ancora piu' sconcertante: la mente umana non puo' arrivare a capire certi misteri e quindi bisogna obbedire alle visioni senza porsi troppe domande. Mi sembra un libro decisamente interessante per un lettore moderno.
4 commenti:
Complimenti a Ezra, paladino del pensiero democratico ante litteram, battagliero dell'antidogmatismo. E le parole dell'angelo Uriele ricordano tanto il pensiero di Sant'Agostino: interessante - e soprattutto onesto - il suo riferimento all'impossibilità di comprensione razionale del disegno divino.
Complimenti a Erza, paladino del pensiero democratico ante litteram e sostenitore battagliero dell'antidogmatismo imperante. E l'angelo Uriele, con le sue parole, ricorda il pensiero di Sant'Agostino sull'impossibilità della comprensione razionale del disegno divino. Una chiave di lettura interessante e moderna, come dice lei Bazzana, ma soprattutto, direi io, onesta.
Il confronto con Giobbe e Qohelet è piuttosto intrigante. Che la letteratura apocalittica del dopo esilio segnasse un passaggio teologico importante dal retribuzionismo (tanto caro al deuteronomista) alla sofferenza 'incomprensibile' (o almeno dovuta alla cattiveria altrui) si sapeva. E allora Qohelet? E Giobbe? postdatiamo o retrodatiamo? :)
O anche noi, come come Esdra, siamo chiamati a contemplare senza necessariamente cedere alla tentazione di impacchettare tutto in compartimenti stagni?
un caro saluto Giovanni :)
Meglio non impacchettare! ;)
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