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giovedì 9 settembre 2010

Il Vangelo gnostico di Tommaso?


Uno dei piu' vecchi, e piu' duro a morire, pregiudizio sul Vangelo di Tommaso vuole che questo testo sia da considerarsi "gnostico": personalmente, io ho molte riserve sull'uso del termine in assoluto, ma in piu', quando si cerca di applicarlo a Tommaso, i ragionamenti diventano assai strani. Vorrei proporre un solo esempio, che ruota attorno alla traduzione di uno dei logia piu' controversi, il 21.
In questo "detto" Gesu', rispondendo a una domanda di Maria, dice che i suoi discepoli sono come "piccoli bambini che risiedono in un campo che non e' loro. Quando i padroni del campo arrivano, essi diranno: 'Lasciate il nostro campo'. Di fronte a loro, essi si spogliano nudi per restituirlo a loro e per lasciar loro il loro campo". La traduzione, come si vede, e' complessa e da' non poco filo da torcere agli studiosi. Un primo problema sono i "bambini": e' assai difficile capire cosa ci facciano dei bimbi in un campo. Tradizionalmente, gli interpreti dicono che si tratta di un particolare irrealistico e che quindi la storiella e' un'allegoria: dietro l'allegoria starebbe il mito gnostico degli eletti che sono puri come bambini e vengono scacciati dal mondo (il campo) dagli arconti malvagi (i padroni). Plisch, nel commento di cui ho gia' parlato, presenta una soluzione notevole: il termine copto che traduciamo con "bambini" sarebbe in effetti un errore commesso nel tentativo di rendere il greco "pais" (che puo' voler dire tanto "bambino" quanto "servo"). In sostanza, nell'originale si sarebbe trattato di servitori a cui era stato dato in usufrutto un campo (la stessa vicenda che si vede nella famosa parabola dei vignaioli omicidi in Mc 12:1-9 e paralleli).
Anche la parte finale del logion presenta numerosi problemi, soprattutto perche' ci sono molti pronomi di terza persona plurale che potrebbero essere riferiti o ai servi o ai padroni. La cosa meriterebbe un discorso piu' lungo, ma mi limito a citare una diversa costruzione, ancora una volta dovuta a Plisch: "essi [i servi] si spogliano nudi cosicche' [i padroni] restituiscano loro il campo e [i padroni] lascino loro [ai servi] il loro [dei padroni] campo". Mi sembra che non ci sia bisogno di dilungarsi per evidenziare come questa storia diventi quindi assai simile a molte parabole della tradizione sinottica (per esempio, le due sul tesoro nel campo e sulla perla in Mt 13:44-46), in cui si insegna come si debba essere disposti a qualunque sacrificio per il regno di Dio. E' ovvio che, in quei casi, nessuno parla di gnosticismo e anzi si arriva spesso a ricondurre il tutto al Gesu' storico.

lunedì 30 agosto 2010

Dale Martin su Tommaso


Siccome questa settimana comincio il corso sul Vangelo di Tommaso, sto raccogliendo materiali che possano essere utili a me e agli studenti che lo vorranno seguire: alcuni giorni fa, grazie ad una utile indicazione di Mark Goodacre, ho trovato questa lezione introduttiva di Dale Martin, professore del dipartimento di Scienze Religiose della Universita' di Yale.
La lezione merita certamente un'occhiata, soprattutto perche' Martin si esprime con molta chiarezza, anche se devo ammettere che il suo senso dell'umorismo (si veda, ad esempio, all'inizio il riferimento ai testicoli quando accenna a Didimo Giuda Tommaso) talvolta mi ha lasciato un po' perplesso. Si tratta, comunque, di una lezione introduttiva che deve aver fatto parte di un corso generale di "Introduzione al Nuoto Testamento" come viene insegnato piu' o meno in tutte le universita' americane: mi ha fatto piacere vedere che anche Martin adotta il manuale di Bart Ehrman che anch'io ho utilizzato con profitto in passato, quando mi sono trovato nella stessa situazione.
Tuttavia, l'approccio di Ehrman ha dei limiti e devo dire che ho ritrovato gli stessi problemi anche nella lezione di Martin: si tratta di questioni di impostazione generale che pero' diventano decisive quando si accosta qualcosa di spinoso come il Vangelo di Tommaso. Martin (come Ehrman) vuole continuare ad utilizzare la categoria di "gnosticismo", ma quando si arriva a parlare di Tommaso i problemi storici vengono subito al pettine dal momento che nel Vangelo non si trova praticamente niente che possa essere definito "gnostico". Quindi, Martin finisce per arrampicarsi sugli specchi col dire che nel Vangelo si trova un po' di dualismo platonizzante (come se il Vangelo di Giovanni fosse diverso) e che gli "gnostici" non erano proprio un gruppo o una chiesa, ma gente che si divertiva a giocare con alcune idee... Insomma, ragionamenti ben poco utili dal punto di vista storico, ma molto efficaci se si vuole piu' o meno mantenere la distinzione fra scritti canonici ortodossi e scritti apocrifi eretici. D'altra parte, e' la stessa cosa che Martin (e anche Ehrman) fa quando continua a usare l'altra etichetta di "proto-ortodossi", proiettando sul primo e secondo secolo una situazione storica e teologica che non esistera' che due o tre secoli piu' tardi. Pare proprio che anche i migliori abbiano difficolta' a liberarsi da certe pastoie terminologiche.

domenica 18 aprile 2010

Traduzioni della Bibbia

A commento dell'ultimo post sul Vangelo di Giovanni, due lettori mi hanno chiesto di indicare quale sarebbe, secondo me, la migliore traduzione italiana del NT. La domanda e' complessa e merita una trattazione piu' approfondita, perche' le traduzioni italiane in commercio non sono molte, ma sono molto differenti fra loro e anche perche' l'argomento conduce inevitabilmente a considerazioni piu' generali.
In genere io uso come base la traduzione della CEI, perche' e' stata concepita, fin dalla sua prima edizione, seguendo principi scientifici. Ovviamente, la CEI e' un organismo della chiesa cattolica e di conseguenza non sono pochi i punti in cui, se la filologia confligge con la dottrina, la traduzione da' la preferenza alla seconda sulla prima. Un esempio interessante mi e' saltato all'occhio alcuni giorni fa: in Giovanni 17:16, Gesu' dice che i suoi discepoli non "sono del mondo" come lui. L'originale greco suona ek tou kosmou, che potrebbe anche essere piu' letteralmente tradotto "non sono dal mondo". Tuttavia, questa versione deve essere sembrata un po' troppo "gnostica", perche' avrebbe potuto indurre a pensare che i discepoli di Gesu' sono gli "eletti" per la salvezza perche' hanno una natura divina, non mondana e quindi diversa da quella di tutti gli altri esseri umani (la versione CEI puo' indicare, come fanno anche molte traduzioni inglesi, un piu' blando senso di "appartenenza"). Entrambi i miei lettori chiedevano quale fosse la traduzione che si avvicina di piu' al "senso originale", ma purtroppo la ricerca filologica non puo' dare di queste risposte: infatti e' impossibile entrare nella testa dell'autore di Giovanni e capire quale sfumatura lui intendesse fra due che sono (tutto sommato) entrambe plausibili nella lingua greca.
Da questo si deve concludere che tutte le traduzioni allo stesso valore? No, perche' c'e' anche un altro aspetto da tenere in considerazione: gli scopi per cui si scrive o si legge una versione del NT. In Italia e' piuttosto diffusa una traduzione "interconfessionale in lingua corrente", che fu preparata con l'obiettivo di rendere piu' accessibile il testo biblico usando espressioni piu' vicine al parlato. Il risultato e' abominevole dal mio punto di vista, ma non mi sento di escludere che questo testo abbia potuto dare anche dei risultati positivi se usato, ad esempio, per la pastorale parrocchiale. Tornando al caso di Gv 17:16, io preferisco la traduzione che ho proposto sopra perche' scompagina la distinzione fra testi canonici (come Giovanni) e testi "gnostici" (che pero' non sono in nulla diversi da Giovanni): leggere una versione cosi' ci aiuterebbe a capire che "gnosticismo" e' solo un'etichetta che alcuni Padri hanno attaccato su scritti che a loro non piacevano o che erano usati dai loro avversari per metterli fuori gioco (la cosa e' ancora piu' necessaria oggi perche' mi sono accorto che su internet alcuni cattolici conservatori continuano a usare proprio l'accusa di "gnosticismo" come arma retorica e senza avere ben chiaro il senso di questa espressione). Se invece si vuole continuare con il vecchio metodo della polemica condotta attraverso l'etichettatura dei propri oppositiori come "eretici", ci si trovera' bene con l'altra versione.
In soldoni, il consiglio che posso dare non sara' molto positivo: le traduzioni, anche quando non influenzate da preconcetti ideologici, sono necessariamente uno strumento imperfetto, perche' riducono le sfumature e le possibilita' della lingua originale. L'unico modo di ovviare parzialmente al problema e' consultare in parallelo quante piu' versioni diverse e' possibile.

sabato 17 aprile 2010

Karen King e la "Lettera di Pietro a Filippo"

Oggi, all'incontro regionale della SBL, ho ascoltato una relazione molto interessante di Karen King, professore della Harvard Divinity School, sulla Lettera di Pietro a Filippo. La conferenza e' stata molto densa e non mi e' possibile riportarne qui i contenuti per intero, ma vorrei riprendere alcuni temi che si legano bene a quanto ho scritto negli ultimi tempi.
La Lettera e' una testo breve preservato fra quelli che compongono la cosiddetta "biblioteca" di Nag Hammadi, ma un'altra versione copta non del tutto identica e' stata di recente ritrovata anche nel codice Tchacos, piu' famoso perche' contiene anche il Vangelo di Giuda. Piu' che un'epistola, la Lettera di Pietro a Filippo e' quello che tecnicamente si chiama un "discorso di rivelazione", un'apparizione del Gesu' risorto che comunica ai suoi discepoli alcuni segreti relativi alla loro vocazione e al motivo delle persecuzioni che devono affrontare.
La Lettera e' stata catalogata come un testo "gnostico" perche' si trova fra quelli di Nag Hammadi, ma King, che ha da tempo dimostrato in modo convincente come la categoria di "gnosticismo" sia piu' controproducente che utile, ha fatto notare come la descrizione della missione di Gesu' nel mondo sia del tutto identica, anche nella terminologia, a quella che si trova nel Vangelo di Giovanni. Gesu' si e' incarnato per "illuminare" gli esseri umani, rivelando le ragioni delle loro sofferenze e aprendo loro una strada per tornare a Dio. Anzi, in un certo senso, la Lettera e' anche piu' "ortodossa" di Giovanni, perche' i discepoli sono inviati a portare la salvezza a tutto il "mondo", mentre nel Vangelo e' piuttosto chiaro che il "mondo" e' irrimediabilmente tagliato fuori.
King si e' soffermata sui motivi che il testo da' per spiegare la sofferenza delle persecuzioni che i discepoli sono chiamati a condividere con Gesu'. In molti libri del NT e nella successiva teologia cristiana infatti questo problema viene legato a concezioni sacrificali e la morte diviene un "pagamento" che espia i peccati dell'umanita'. La Lettera, invece, riconduce la sofferenza a un'imperfezione strutturale o sistemica del mondo, causata da un errore primordiale della "madre": Gesu' e i discepoli affrontano la morte per "illuminare" l'umanita' e quindi riparare a poco a poco l'imperfezione. Siccome il problema e' strutturale, in questo testo non c'e' colpevolizzazione degli esseri umani: sicuramente, ha concluso King, si puo' capire come per i cristiani fosse quasi piu' facile autoaccusarsi che riconoscere la propria impotenza davanti alle persecuzioni, ma la concezione che si trova nella Lettera ci da' un'immagine senz'altro piu' serena di Dio e dei suoi rapporti con gli esseri umani, un'immagine di cui c'e' assoluto bisogno nel mondo contemporaneo.

sabato 28 novembre 2009

New Orleans III

Alcuni commenti finali sulla mia ultima giornata a New Orleans al convegno annuale della SBL.
Anzitutto, una chicca di terza mano: Karen King mi ha raccontato che, a una delle sessioni dedicate a Nag Hammadi e ai testi gnostici, e' stato dato l'annuncio che, dopo lunghe battaglie legali, sono stati ritrovati i pezzi mancanti del codice Tchacos, il famoso manoscritto che contiene anche il Vangelo di Giuda. La cosa ha suscitato non poco scalpore, perche' finalmente si avra' la possibilita' di capire quale, fra le varie ricostruzioni proposte, era la piu' giusta: ci si deve aspettare una quantita' di nuove edizioni e nuove pubblicazioni anche per i prossimi anni.
Lunedi' avevo a dispozione solo mezza giornata e ho quindi seguito una sola sessione mattutina, dedicata alla Galilea e alla ricostruzione dell'ambiente culturale e sociale di quella regione al tempo di Gesu'. Questo problema storico mi ha sempre affascinato, perche' e' altrettanto importante del Gesu' storico e soprattutto ha piu' dimensioni, dal momento che permette di utilizzare una quantita' di fonti molto piu' ampia.
Devo dire che la sessione di New Orleans e' stata una delle piu' belle dell'intero convegno, con interventi molto ricchi di informazioni, ma al tempo stesso esemplari nel mettere in chiaro i modelli storiografici che sono utilizzati dai diversi studiosi. In effetti, Douglas Oakman e Morten Jensen hanno presentato due tesi del tutto opposto, fondate su principi storiografici del tutto opposti.
Per Oakman, che ha di recente ripubblicato tutti i suoi articoli in un bellissimo libro, Jesus and the Peasants (Gesu' e i contadini), il movimento di Gesu' di Nazaret nasce come reazione all'oppressione economica e sociale portata da Erode Antipa nella Galilea dell'inizio del primo secolo. Si tratta di una tradizione profetica e contestatrice tipica della regione che si unisce alla protesta per le tasse elevate che il nuovo re deve imporre nei villaggi per pagare i suoi ambiziosi progetti architettonici a Tiberiade e Sefforis.
Jensen ha anche lui pubblicato non piu' di tre anni fa un documentatissimo volume sulle condizioni socio-economiche della Galilea sotto il regno di Erode Antipa, ma le sue conclusioni sono del tutto opposte a quelle di Oakman. Per Jensen, lungi dall'esserci sfruttamento, in questo periodo la regione vive un momento di grande vitalita' e il movimento di Gesu' non e' una protesta sociale, ma piuttosto fa parte di un generale revival dell'interesse dei Galilei per i capisaldi della religione giudaica. Jensen si basa su molti indizi archeologici e in particolare la diffusione in questo periodo di bagni rituali in case private e di recipienti per liquidi in pietra immuni dalla contaminazione.
E' difficile dire chi ha ragione e mi auguro che la discussione continui ancora a lungo con lo stesso livello di chiarezza e precisione: la mia sensazione e' che, come accade spesso, la verita' stia nel mezzo.

martedì 10 novembre 2009

L'Apocalisse di Pietro a Nag Hammadi

Nella lezione apocalittica di oggi abbiamo letto alcune apocalissi che vengono dalla famosa biblioteca di testi copti scoperta a Nag Hammadi negli anni '40. Questi testi sono molto strani e hanno creato non pochi problemi agli studiosi: oggi notavamo un particolare piuttosto curioso che la dice lunga su certe rigidita' degli accademici. Tutti si sono sempre abituati a pensare alle "apocalissi" riferendosi a quelle canoniche, soprattutto il Libro di Daniele e l'Apocalisse di Giovanni, in cui si leggono lunghe predizioni sull'andamento futuro della storia. Queste rassegne "storiche" sono pero' totalmente assenti dai testi di Nag Hammadi, anche se questi ultimi sono gli unici ad avere gia' nei manoscritti antichi il titolo esplicito di "apocalisse". Gli studiosi, per non abbandonare le loro vacchie categorie, ne hanno inventata una nuova, il "discorso di rivelazione". Cosi', adesso, chiamiamo discorsi di rivelazione quei testi che nei manoscritti sono "apocalissi" e invece chiamiamo "apocalissi" quesi testi che nei manoscritti hanno altri titoli. Un gran caos a cui si sta cominciando a rimediare solo ora.
Vorrei dire un paio di parole su una delle apocalissi di Nag Hammadi, l'Apocalisse di Pietro: qui Pietro riceve da Gesu' una lunga rivelazione nella quale Gesu' insegna al suo apostolo a vedere e sentire la realta' spirituale oltre le apparenze materiali. Il testo e' a tratti assai bello quando gioca su questo scambio di percezioni, ma l'immagine piu' famosa appare verso la fine, quando Gesu' viene crocifisso e Pietro, accanto alla crocefissione vera e propria, vede un Gesu' vivente che, da un albero, ride di coloro che lo mettono a morte.
Quasi tutti gli studiosi vedono qui un esempio del dualismo gnostico che oppone la materia cattiva allo spirito buono: in realta' non c'e' alcun accenno al fatto che la materia o il corpo siano cattivi, solo incompleti e incapaci di comprendere lo spirito, come gli aguzzini che vogliono far soffrire Gesu', ma non riescono perche' lui sta su un piano infinitamente superiore. Il problema e' che molti si ostinano a leggere i testi di Nag Hammadi con gli occhiali prestati da Ireneo e dagli altri scrittori dell'antichita' il cui unico interesse era quello di mettere in cattiva luce i cosiddetti "gnostici". In realta', guardando bene, si vede che il Gesu' dell'Apocalisse di Pietro non e' diverso da molti martiri che sono descritti in testi "non gnostici": per esempio, Policarpo dimostra tanta fermezza, quando viene messo al rogo, che chiede lui stesso di non essere inchiodato e le fiamme, che dovrebbero bruciarlo, si allargano come una vela attorno al suo corpo che rimane intatto.

sabato 7 novembre 2009

Vangelo di Tommaso: il film

Nel suo blog, Mark Goodacre ha raccolto negli ultimi giorni una quantita' notevole di materiali che riguardano il Vangelo di Tommaso, la storia della sua scoperta e della ricerca scientifica su questo testo. Fra le cose piu' curiose che sono saltate fuori ci sono certamente due brevi filmati, nei quali il Vangelo viene messo in scena (per i piu' curiosi sul blog di Goodacre trovate anche un filmato sul Testimonium Flavianum e una vera chicca sul Vangelo segreto di Marco). Le due clip non sono molto accessibili (entrambe in inglese, ma con sottotitoli in olandese), ma meritano un commento perche' hanno caratteri del tutto eccezionali.
Intanto e' gia' straordinario che a qualcuno sia venuto in mente di mettere in scena il Vangelo di Tommaso: mentre gli altri Vangeli canonici sono infatti facili da pensare come film (al limite basta seguire la storia), per Tommaso il problema maggiore e' che tutto il Vangelo e' costituito solo da una serie di detti di Gesu'. In secondo luogo, e' interessante vedere come e' stato realizzato il Vangelo di Tommaso in film. Fare un film su Gesu' e' come fare una ricerca sul Gesu' storico: in genere, il Gesu' che ne viene fuori assomiglia come una goccia d'acqua all'autore del libro o del film e quindi ci racconta di piu' su quest'ultimo che non sulla figura storica (probabilmente irraggiungibile) di Gesu'. E' stato cosi' per il Cristo contadino di Pasolini, per quello effemminato e sottilmente anti-semita di Zeffirelli o per quello macho e splatter di Mel Gibson.
Il Gesu' di questo film e' un uomo biondissimo, che indossa una tunica bianchissima e si aggira per prati e colline proclamando i suoi detti. Questa rappresentazione costituisce ovviamente un grosso problema, perche' in genere il Vangelo di Tommaso e' considerato (semplicisticamente) il meno giudaico di tutti e gli studiosi che l'hanno piu' studiato sono stati accusati (a torto) di voler "de-giudaizzare" il Nazareno: il trovarsi qui un Gesu' quasi "ariano" non aiuta molto a superare tali problemi.
Il Vangelo di Tommaso e' considerato il Vangelo "gnostico" per eccellenza e quindi un suo tema centrale e' il dualismo fra lo spirito buono e la materia cattiva. Penso che il tunicone bianco indichi il fatto che lo spirito di Gesu' e' libero dalla materia, mentre, per indicare quest'ultima, l'autore del film ha inserito degli stacchi di vita di una metropoli moderna e soprattutto di gente che sale e scende da una metropolitana (evidentemente l'epitome della negativita' negli anni '70). Pero', sovrapponendo il dualismo campagna buona/citta' cattiva a quello spirito/materia, mi sembra si commetta un anacronismo madornale: dubito che nell'antichita' qualcuno (eccezion fatta per il mondo falso e propagandistico della poesia bucolica) avrebbe fatto la stessa associazione.