lunedì 27 settembre 2010

James Dunn e le tradizioni orali


Ho pensato di rileggere con gli studenti del mio seminario su Q alcune pagine di James Dunn sul ruolo che l'oralita' puo' aver avuto nella trasmissione delle tradizioni su Gesu'. Mi e' parsa una buona idea sia perche' ritengo sia giusto pensare anche alle tradizioni orali quando si studia Q sia perche' Dunn (che ha avuto un ruolo importante nella formazione della cosiddetta "Nuova prospettiva su Paolo") e' una voce molto influente, soprattutto presso gli studiosi conservatori. Anche in Italia, il lavoro di Dunn ha avuto una certa diffusione un po' perche' e' stato presentato da alcuni come un antidoto alla "eresia" di Augias-Pesce e un po' perche' il suo ponderoso Jesus Remembered (da cui ho preso le pagine in questione) e' stato quasi subito tradotto da Paideia.
Devo confessare che gli argomenti di Dunn mi hanno lasciato ancora una volta poco convinto. Vi do qui di seguito un esempio del suo modo di argomentare e mi riservo qualche considerazione piu' generale per un prossimo post.
Dunn si fonda su un modello di trasmissione orale per il quale un racconto viene ripetuto con la massima liberta' di variazione nei particolari, eccetto che per un "nocciolo" che invece viene tramandato con estrema precisione, perche' si e' "impresso" nella memoria. Il primo esempio che Dunn offre e' il famoso racconto della guarigione del servo del centurione, che si trova in due passi paralleli in Mt 8:5-13 e Lc 7:1-10 e viene solitamenta considerato parte della fonte Q. Se si leggono i due racconti in "sinossi" e' facile vedere cosa vuole mostrare Dunn: molti particolari sono diversi (in una versione il centurione va da Gesu', nell'altra no) e i due evangelisti sembrano aver inserito pezzi per sottolineare aspetti che interessavano loro, ma un nocciolo rimane invariato (il breve "botta e risposta" fra il centurione e Gesu'). La conclusione e' che i due racconti non dipendono da una fonte letteraria, ma Matteo e Luca li hanno presi dalla tradizione orale delle loro comunita' oppure li hanno riscritti "in oral mode" (mi dispiace di non avere sotto mano una traduzione italiana del libro perche' mi piacerebbe vedere come e' stata resa questa espressione). Evidentemente, le parole scambiate fra Gesu' e il centurione erano rimaste "impresse" nella memoria. L'analisi non fa una grinza, ma la mia domanda e': utilizzando questo modello "orale" si sono forse raggiunti dei risultati diversi da quelli che avrebbe potuto produrre, ad esempio, Bultmann utilizzando la piu' tradizionale e letteraria storia delle forme? Mi sembra proprio di no.
Naturalmente, la cosa si fa ancora piu' complicata quando si passa a leggere la versione della stessa storia che si trova in Gv 4:46-54. Anche qui ci sono differenze (il centurione, ad esempio, e' sparito) e anche questo racconto e' attribuito da Dunn alla tradizione orale, ma dove e' andato a finire il "nocciolo" che si era tanto vividamente impresso nella memoria delle prime comunita'?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi sembra di capire che parlando di studiosi "conservatori" e dell' "eresia" di Augias e Pesce tu intenda dire di studiosi che tenderebbero ad evitare che certi risultati della ricerca storica sulla predicazione di Gesù (assenza di proclamazioni della propria divinità, escatologia imminente, assenza di un ritenere espiatrice la propria morte e non intenzione di creare una comunità totalmente slegata dalle forme degli altri giudaismi) fossero in qualche modo in contrasto a una certa visione teologica.

Occorre dire comunque che non sono pochi coloro che ritengono questi fatti come non contraddittori rispetto al primo messaggio cristiano. Il primo che mi viene in mente è Romano Penna che afferma che le esperienze (naturalmente non indagabili storicamente) dei discepoli della resurrezione costituiscono un "secondo inizio del cristianesimo" che ha fatto comprendere agli apostoli che era la resurrezione di Gesù la base del messaggio di salvezza sul quale poi interpretare anche la vita di Gesù, sebbene Gesù nella sua vita terrena non era consapevole di tale messaggio. Questo mi sembra evidente nelle lettere di Paolo, i testi cristiani più antichi, dove sembra che ciò che Gesù disse in vita sia irrilevante per il messaggio cristiano.

Riguardo all'importanza dell'oralità nei primi secoli cristiani mi sembra di ricordare che alcuni padri della chiesa nei primi due o tre secoli davano più autorità alla tradizione orale che a quella scritta, magari mi puoi confermare quanto fosse probabile ciò. Inoltre se la memoria non mi inganna Papia di Ierapoli proponeva teorie interessanti sulle origini dei vangeli che fanno orientare all'esistenza di Q magari mi puoi consigliare qualcosa per approfondire quest'argomento.

Ciao.
Michele.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Michele,
hai ragione: sono stato un po' ironico e questo non ha contribuito molto alla chiarezza.
Ti rispondo in breve: ci sono in effetti anche quelle posizioni che tu descrivi riferendoti per esempio a Penna. Sono totalmente legittime, ma io ritengo che storicamente sia piu' appropriato un'altro modello.
Non possiamo parlare di un solo "inizio" (primo o secondo che sia) del cristianesimo: al contrario, e' abbastanza chiaro che ci furono diverse posizioni fin dall'inizio e che il movimento non fu mai unitario da nessun punto di vista. Tu citi Paolo come il piu' antico testimone, ma se uno crede all'esistenza di Q (o perfino ritiene il Vangelo di Tommaso piu' antico dei Sinottici) ecco che abbiamo un'altra prospettiva, in cui la resurrezione di Gesu' (tanto importante per Paolo) non ha piu' alcun ruolo.
Sulla tua osservazione conclusiva, e' vero che molti Padri ritengono la tradizione orale molto importante (e questo e' il punto forte della tesi di Dunn, secondo me). Se ti interessa approfondire, i frammenti di Papia sono stati recentemente ripubblicati e commentati in maniera magistrale in italiano da Enrico Norelli.
Ciao.