mercoledì 30 giugno 2010

Ateismo americano e un nuovo blog


Girellando per i blog biblici e affini, mi sono imbattuto in questo interessante prodotto di uno studente della mia scuola, Alfredo Garcia. Il blog si intitola "Et religio" e, secondo la didascalia esplicativa, si tratta di un luogo in cui l'autore riporta in modo generico temi da lui incontrati nel suo percorso di studi religiosi. Tuttavia, devo dire che negli ultimi post pubblicati emerge chiaramente uno specifico centro di interesse attorno al quale si appunta l'attenzione di Garcia. La disciplina in cui Alfredo sta lavorando e' infatti sociologia della religione, ma, invece di concentrarsi sullo studio di una specifica "setta" o di una specifica comunita' religiosa, come spesso accade, inaspettatamente Garcia ha deciso di occuparsi degli "atei" o, meglio, di coloro che non sono affilliati a nessun gruppo religioso.
Il blog e' pieno di notizie interessanti sul tema, in particolare ovviamente nel contesto degli Stati Uniti, che vengono molto spesso dipinti, in un modo un po' superificiale, come una nazione in cui la religiosita' si mantiene molto forte "a differenza di quanto accade nelle nazioni europee". Chi volesse guardare un po' oltre tale facile dicotomia puo' seguire la registrazione di una conferenza tenuta un paio di mesi fa da Alfredo Garcia, in cui sono esposti con grande chiarezza dati statistici e risultati di interviste. Va notato che, se negli anni '90 solo l'8% degli americani diceva di non appartenere a nessun gruppo religioso, tale percentuale e' repentinamente aumentata al 17% nell'ultimo decennio per arrivare fino al 22% fra i ventenni e trentenni (proprio nel periodo in cui sembrava che, attraverso l'amministrazione Bush, i religiosi piu' intransigenti dovessero avere in mano le sorti del paese).
Mi ha molto colpito quello che Garcia ha da dire sulla difficolta' che gli americani hanno nell'auto-definirsi "atei", per via dello stigma sociale che una maligna propaganda associa all'ateismo, visto talvolta come sorgente di immoralita' talaltra come derivato da un alto livello di istruzione (mai considerato come del tutto positivo negli USA). Non c'e' dubbio che i dati confermano la percezione che gli atei siano oggi la minoranza piu' discriminata negli Stati Uniti: il 90% degli americani dicono che voterebbero per un presidente di colore o donna, piu' del 50% dicono che voterebbero persino per un candidato gay, mentre la percentuale scende sotto al 50 se si ipotizza che il candidato sia ateo.

2 commenti:

Tanzen ha detto...

Gli atei sono forse la più grande "minoranza" al mondo. Hitchens li stima in almeno 6-800 milioni (ma probabilmente sono anche di più). In rapporto al loro numero essi non riescono a fare "lobby" come potrebbero. Tendenzialmente gli atei sono bistrattati, o ignorati, nella maggior parte delle nazioni, in alcune sono addirittura perseguiti e condannati a morte.
Proclamarsi ateo è ancora oggi difficile nella maggior parte delle nazioni: se ci si pensa il nome stesso si contraddistingue in chiave negativa. La "a" privativa ha un chiaro sapore di disprezzo: l'ateo è colui che NON crede in Dio. E' "nel giusto" ed è "buono" chi vi crede: l'ateo è in errore ed è pure cattivo, immorale.
L'ateismo sconta ancora un'aura negativa che non riesce a scrollarsi di dosso nonostante la sua continua crescita e il progressivo distacco della popolazione dalle chiese e il loro crescente discredito (si pensi alla Chiesa cattolica e la vicenda degli insabbiamenti dei casi dei preti pedofili ormai esplosa in tutto il mondo ma anche gli scandali che hanno colpito alcuni grandi predicatori evangelici americani o la tensione crescente che oppone la società laica israeliana ai diktat degli ultraortodossi). Io stesso, alle volte, mi sento a disagio a professare il mio ateismo. Mi infastidisce nell'altro la possibile - probabile - emersione di un sentimento molto prossimo alla compassione e alla pietà quasi che io abbia comunicato d'avere un male incurabile.

Anonimo ha detto...

@Tanzen
by Lino
Be' forse il problema non sta tanto nel dichiararsi ateo, ma nel porsi in una posizione anti-credenti. Lo stesso suo commento lo manifesta: piuttosto che una dialettica tra differenti tesi ideali, filosofiche, teologiche, lei ragiona di scandali, di pedofilia, di ortodossi israeliani. Allora, dove l'antagonista è forte, l'opposizione è conseguenziale. Lo stesso, al contrario, avviene in Italia nell'arte - un campo dominato dai post comunisti e dai massoni illuministi radicali - dove i cattolici sono discriminati. Provi a richiedere di esporre al museo Madre di Napoli un crocifisso artistico che non sia imbustato in un condom, oppure di recitare una lirica cristiana in un reading di poesia -arte dominata dalle lobby gay - e poi mi potrà riferire la risposta.
L'ateismo, quando discusso sul piano delle idee e non delle contrapposizioni socio-politiche, può essere contestato solo dagli stupidi perché la schiera dei teisti trabocca di convertiti.