giovedì 15 aprile 2010

"Amore" in Giovanni

A partire dal capitolo 13 e per tutto il lungo discorso d'addio di Gesu' ai discepoli (capitoli 13-17), Giovanni fa ripetutamente uso dei termini agape e philia (che le traduzioni in genere tendono a confondere, rendendo tutto con "amore") per indicare le relazioni che devono esistere fra i membri della comunita' tra di loro, fra loro e Gesu' e fra Gesu' e il Padre.
Come si puo' immaginare, gli esegeti hanno riversato fiumi di inchiostro sullo "amore" giovanneo, ma in effetti un esame attento permette di riconoscere che questa traduzione e' quanto di piu' fuorviante e ingannevole si possa immaginare. Quando un lettore contemporaneo legge la parola "amore" quasi automaticamente pensa ad un sentimento romantico o, nel migliore dei casi, ad un generoso impulso filantropico diretto a tutti gli altri esseri umani. In realta', l'agape di Giovanni e' ben lontana da entrambi questi due concetti: Bruce Malina e Jerome Neyrey, due studiosi americani, hanno lanciato tempo fa la proposta provocatoria di tradurre sistematicamente agape non piu' con "love", ma con "loyalty" o "group allegiance" (in italiano, direi, "lealta'" o "spirito di appartenenza").
Quando si rileggono i discorsi di Gesu' operando questo piccolo esperimento mentale, i risultati, come confermavano proprio qualche giorno fa i miei studenti, sono notevoli. Quando al capitolo 13, versetti 34-35, Gesu' comunica ai discepoli il suo "comandamento nuovo", e' facile vedere come la sostituzione produca un testo molto piu' chiaro: ai seguaci di Gesu' e' comandato di essere "leali" gli uni agli altri come Gesu' e' stato "leale" a loro. Una conseguenza immediata e' che questo "spirito di appartenenza" diviene il tratto distintivo della comunita' di fronte al "mondo", cioe' a tutti gli altri verso cui non bisogna nutrire alcuna "lealta'" (o "amore").
Un atteggiamento di questo tipo e' del tutto comprensibile in un piccolo gruppo settario che si sente minacciato dall'esterno, perche' fa cose che gli altri considerano esecrabili (come dicevo a proposito del cannibalismo al capitolo 6), e che deve a tutti i costi separare i propri membri dal "mondo" (cio' si vede chiaramente in moltissime delle "sette" di cui si fa oggi un gran parlare). In piu' vorrei aggiungere che e' del tutto inutile cercare di ricavare un qualche insegnamento etico da Giovanni: non e' un caso che il "comandamento dell'amore" non venga mai spiegato meglio nel Vangelo. Quello che conta prima di tutto e' infatti che i membri del gruppo siano uniti e pronti a fare qualunque cosa la comunita' richieda, senza stare a discutere troppo sulle norme morali specifiche.

6 commenti:

Il Censore ha detto...

Dal suo post emerge l'importanza di una traduzione il più possibile vicina al significato originale del testo, tanto più quando questo significato è lontano dalla teologia moderna.

Sarebbe così cortese da indicarmi la migliore traduzione del Nuovo Testamento, da questo punto di vista?

Saluti,
IlCensore

Greco ha detto...

Mi associo al post del Censore ...e' possibile trovare una traduzione non solo del vangelo di Giovanni ma anche dei sinottici che sia il piu conforme alle versioni piu antiche a disposizione degli studiosi?
Nel caso cio' non fosse possibile non e' che lei professore sarebbe cosi cortese da proporcene una,magari elaborata con i suoi studenti?
Per un ricercatore dilettante come me sarebbe una cosa fantastica(non conoscendo purtroppo ne ebraico ne greco antico).
Grazie comunque e sempre per i suoi interessanti post che gettano una luce su passi e parole del vangelo che propinateci dalla chiesa in versione edulcorata non ci permettono di poterci fare un'idea il piu verosimile possibile delle parole di Gesu.

Giovanni Bazzana ha detto...

Cari Censore e Greco,
grazie della richiesta, non certo facile da soddisfare!
Mi sono permesso di rispondere a entrambi con un nuovo post.
Saluti

Anonimo ha detto...

andrebbe tradotto allo stesso modo anche 1 Cor 13? il risultato, però, non mi sembrerebbe altrettanto convincente...
luca

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Luca,
al contrario! Io avevo incontrato la proposta di Malina per la prima volta proprio studiando 1 Cor 13. In effetti, in quel passo la traduzione con "amore" non vuol proprio dir niente, mentre "lealta'" quadra perfettamente anche con il contesto argomentativo in cui e' inserito il capitolo 13.
Paolo cerca di riportare sotto la propria autorita' i glossolali e i profeti di Corinto e quindi si lancia a dire che nessun carisma e' piu' importante dell'obbedienza. Al v. 3 perfino l'atto di dare il proprio corpo non vale nulla se non e' fatto in obbedienza all'ordine della comunita' (non a caso, e' un problema che si ripresentera' al momento della "crisi" montanista quando bisognera' stabilire se i martiri "eretici" e quelli "ortodossi" hanno lo stesso valore). Come sempre in Paolo, il colpo di grazia arriva alla fine del discorso negli ultimi versetti del capitolo 14: l'ordine della comunita' a cui bisogna obbedire non corrisponde ad altro che a quello che dice Paolo stesso!
Grazie per la domanda.

Anonimo ha detto...

grazie per la risposta.
luca