sabato 12 dicembre 2009

La nascita del Salvatore

Ho letto di recente questo pezzo di Ben Witherington sul racconto della nascita di Gesu' nel Vangelo di Luca. Witherington e' il piu' famoso fra i biblisti evangelici degli USA e, come c'e' da aspettarsi, la sua lettura di Luca e' totalmente apologetica, al punto che non c'e' nemmeno la possibilita' di definirla storica o scientifica. Non riesco mai a capire perche' questi studiosi debbano dimostrare a tutti i costi che gli evangelisti non hanno mai commesso nemmeno un errore: se, per esempio, Luca ha preso un abbaglio sulla famosa data del censimento, non penso che questo diminuisca il valore teologico di quello che vuole comunicare. Non discutero' pero' della data del censimento, ma voglio solo richiamare l'attenzione sulla stranissima traduzione che Witherington propone nella nota 1 per Lc 2:2 (sarebbe qualcosa come "questo censimento accadde prima che Quirinio fosse governatore della Siria"): una lettrice di questo blog ha presentato qualche tempo fa un articolo, molto preciso e molto ben argomentato, che dimostra come una traduzione di questo tipo non sia assolutamente possibile.
Vorrei spendere alcune parole su un altro particolare: verso la fine del pezzo, Witherington ci dice che quando gli angeli annunciano la nascita di Gesu' ai pastori (Lc 2:11) questo annuncio e' costruito usando la terminologia del culto imperiale (soprattutto il termine "salvatore"). Secondo Witherington, qui Luca vorrebbe sostenere che Augusto e' solo un falso "salvatore", mentre il "vero" salvatore dell'umanita' e' appena nato. Questa interpretazione non e' strana oggi per uno studioso americano: ci si vergogna un po' del fatto che il Nuovo Testamento e' stato usato spessissimo da tutti gli imperialismi e quindi si cerca in ogni modo di dimostrare che tutti gli scritti cristiani erano accanitamente anti-imperialisti e quindi anti-romani. Ovviamente questo e' difficilissimo per un Vangelo come quello di Luca che e' uno dei piu' filo-romani dell'intero Nuovo Testamento. In questo caso, il testo non aiuta Witherington: Lc 2:11 non dice nemmeno "il" salvatore, figurarsi il "vero" salvatore.
In effetti, il titolo di soter ("salvatore") non era usato solo dall'imperatore, ma anche per quasi tutte le divinita' dell'impero (senza scomodare L'asino d'oro, fra i papiri egiziani ci sono famosissimi inni a Iside in cui la dea e' ripetutamente chiamata "salvatrice"). E' abbastanza chiaro cosa vuole fare Luca: vuole mettere il cristianesimo sul mercato dei culti dell'impero e in pratica ci dice: "guardate, abbiamo un Salvatore anche noi, come Mitra, Iside o Dioniso".

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Come può chi è stato Scelto dal Salvatore per divulgare la buona novella commettere un errore? Come può chi, ispirato da Colui che ci am,a mettere un piede in fallo? Non credo inoltre il Nuovo Testamento e il suo messaggio abbiano nulla a che spartire con l'imperialismo. Un saluto, don Eusebio

Il Censore ha detto...

Ho trovato il post e i relativi riferimenti molto interessanti. Grazie.

IlCensore

Giovanni Bazzana ha detto...

Grazie a entrambi per l'attenzione.
Caro don Eusebio, temo che saremo in disaccordo su questo punto: le spiego la mia opinione sull'ispirazione con due brevi osservazioni.
1. Se cominciamo a dire che i libri del Nuovo Testamento sono esenti da errori si prende, secondo me, una brutta strada: quale sarebbe questo testo esente da errori? L'originale greco (ma possediamo moltissimi manoscritti e nessuno e' uguale all'altro)? Una delle edizioni critiche (ma dunque sono i filologi a stabilire l'ispirazione)? La Vulgata? La traduzione della CEI (quale delle due?)?
2. In effetti, dobbiamo intenderci su cosa significa "ispirazione": mi sembra che (quasi) tutte le chiese cristiane si accordino nel pensare che sia qualcosa di simile all'incarnazione. La rivelazione arriva agli autori del NT e loro la mettono per iscritto usando i loro strumenti intellettuali, culturali e letterari. Abbiamo quindi una mescolanza di divino e umano e, come sappiamo bene, l'elemento umano puo' anche produrre errori. Il difficile sta nel distinguere l'essenziale messaggio della rivelazione divina dal suo recipiente umano.

Frances ha detto...

Buongiorno Giovanni, grazie per aver citato il mio articolo. Voglio far notare che le affermazioni del prof. Witherington sulla traduzione di Lc 2:2 non sono estemporanee, cioè rilasciate appositamente per i lettori internettiani, bensì integrate (ma del tutto prive di sostanza, in quanto non poggianti su analisi linguistica) nella sua opera più fruibile "New Testament history: A Narrative Account". Per i dettagli rimando alla lettura del mio blog:

http://zetesiss.altervista.org/?p=144

Anonimo ha detto...

Gentile Bazzana, non credo che un neonato, se guidato dalla mano caritatevole dei propri genitori, possa commettere errori. Allo stesso modo si comporta la mano di Dio che guidò gli evangelisti; come un Padre che ama i suoi figli, come un pastore che custodisce le sue pecorelle. La ricerca storica ha il diritto di indagare, ma non può mettere in dubbio le fondamenta della Fede. Porre fiducia nella nostra ragione così fragile e mutevole nasconde rischi insidiosi. Guai ad affidarsi a essa incondizionatamente. Ricordi: "Forse un cieco può guidare un altro cieco?". Lo ha detto qualcuno più in Alto di noi. Immensamente più in Alto. La saluto con affetto e la benedico, don Eusebio

Johannes Weiss ha detto...

Scusandomi per l'intromissione, vorrei chiedere a don Eusebio:

in che senso la ricerca storica NON PUO' mettere in dubbio le fondamenta della fede? Che non ne ha il diritto? Che lo storico è autorizzato a fare il proprio lavoro solo finché non tocca le presunte fondamenta della fede? Spero proprio di no...
E poi quali sarebbero queste fondamenta? L'esattezza storica di un censimento? E' questa la misura del concetto teologico di "ispirazione": l'inerranza storiografica e magari pure scientifica?
Ma la Dei Verbum non afferma piuttosto che: «i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture» (DV 11) ?
A me pare, quindi, che la verità divinamente ispirata senza errore, sia la verità SALVIFICA ("per la nostra salvezza"), e non la verità storica o scientifica.

Io poi sono del parere che non sia nemmeno appropriato dire che la fede abbia delle "fondamenta". Parafrasando Kierkegaard, una beatitudine eterna non si fonda su un sapere storico, e nemmeno può essere distrutta attraverso un sapere storico.
E' vero che la rivelazione nel cristianesimo è inseparabile dall'evento storico Gesù di Nazaret (nonché dalle vicende della comunità primitiva). Ma l'accoglienza e la risposta a questa rivelazione non avvengono certo per semplice accertamento storico. In definitiva, la fede non può reggersi che su se stessa.

Johannes Weiss

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro don Eusebio,
mi scuso per il ritardo di questa risposta, ma nel frattempo JW ha gia' provveduto a dire molte delle cose che io le avrei chiesto.
Aggiungo solo una precisazione generale: io penso che teologia e ricerca storica stiano in un rapporto "sano" solo se a ognuna e' concessa la massima liberta' di espressione. Trovare il limite preciso e' la cosa piu' difficile, ma certo il passato ci ha insegnato che se una cerca di prevalere sull'altra i danni sono incalcolabili. Per secoli la teologia ha presunto di stabilire cosa la scienza poteva o non poteva fare (e abbiamo avuto casi come quello di Galileo); negli ultimi duecento anni gli storici hanno preteso di verificare o confutare le verita' di fede. Io credo che si possa trovare una terza via.
Un saluto affettuoso anche da parte mia.