giovedì 22 ottobre 2009

L'origine della sigla Q

Disclaimer: Ci sono dei momenti, nella professione dello storico, in cui si e' presi come da un demone che conduce ad occuparsi di questioni minute e alla fine di nessuna importanza. Questi raptus possono essere causati dagli eventi piu' diversi, ma generalmente sfociano in gran perdite di tempo e noia per i lettori. Confesso di essere stato preda, oggi, di uno di questi momenti di eccitazione e ne riporto qui il prodotto. Vi avverto, tuttavia, gentili lettori, che questo post avra' un tono tutto diverso dal solito e che, se alla fine sarete annoiati a morte, io declino ogni responsabilita'.
Alcuni giorni fa, quando ho scritto sulla questione sinottica, un lettore, Luca, ha simpaticamente sollevato il problema dell'origine della sigla Q. La cosa non e' affatto mera "pignoleria", ma un'ottima osservazione perche' troppo spesso in questo lavoro capita di ripetere acriticamente cose sentite da altri senza averci dato un'occhiata di persona. Per questo motivo, ho pensato di dare una scorsa alle fonti ed ecco il risultato.
Luca giustamente osserva che esiste (o e' esistito) un dibattito sull'origine della sigla Q e rimanda ad una nota (3 pagine) di J.J. Schmidt apparsa nel "Journal of Biblical Literature" del 1981. Benissimo, ma vorrei rilevare che, proprio alla fine della suddetta nota, lo stesso Schmidt dichiara candidamente che la questione su cui egli ha scritto era stata gia' risolta da Frans Neirynck in un articolo pubblicato nel 1978 nelle "Ephemerides Theologicae Lovanienses" (titolo "The Symbol Q", pagine 119-125). Neirynck dimostra, con grande erudizione devo dire, che il primo a usare Q e' stato Johannes Weiss in un articolo del 1890 apparso nei "Theologische Studien und Kritiken" (titolo "Die Verteidigung Jesu gegen den Vorwurf des Bundnisses mit Beelzebul - L'apologia di Gesu' contro l'accusa di essersi alleato con Belzebul", pagine 555-569): Weiss usa Q per indicare i passi comuni a Matteo e Luca e pare certo che consideri la sigla un'abbreviazione di "Quelle". Neirynck suggerisce anche che Weiss avrebbe potuto ispirarsi a un libro del 1880 di Eduard Simons ("Hat der dritte Evangelist den kanonischen Matthaus benutzt? - Il terzo evangelista ha usato il Matteo canonico?"), che aveva usato Q in modo non continuo. La cosa e' illustrata anche da John S. Kloppenborg Verbin, "Excavating Q. The History and Setting of the Sayings Gospel", pagina 330, nota 2.
Per quanto riguarda l'ipotesi "inglese" sollevata da Lightfoot, il grande studioso britannico afferma di aver sentito dire che J.A. Robinson aveva detto di aver usato la sigla Q in alcune lezioni tenute a Cambridge nei primi anni '90 dell'Ottocento. La testimonianza appare assai sospetta perche' Robinson non usa mai Q nel suo libro del 1902 e negli altri lavori dei primi del Novecento. A mio parere la cosa puzza molto del solito snobismo inglese per cui gli abitanti delle isole britanniche devono essere sempre stati i primi ad inventare tutto dalla ruota fino al computer.
Mi sembra che l'origine tedesca di Q e la sua derivazione da Quelle rimanga l'ipotesi piu' plausibile, ma ancora grazie a Luca per avermi regalato una mezzora di divertimento questo pomeriggio.

12 commenti:

Bruno ha detto...

Mai stuzzichere lo storico, ecco quello che succede (lo dico sorridendo, si capisce). Un abbraccio

alessandro ha detto...

La libido della ricerca.... come ti capisco!
ciao!

Luca ha detto...

Bruno, ha proprio ragione! Ma ecco che Platone viene in mio soccorso...

"Voi conoscete sicuramente Cherefonte-Bazzana, suppongo...non molto tempo fa dovette partire in esilio ma è ritornato fra noi. Voi sapete anche che tipo di persona era Cherefonte-Bazzana, quanta impetuosità metteva in tutto quello intraprendeva. In particolare, un giorno che si era recato a Delfi-Harvard, oso' consultare l'oracolo (Kloppenborg?) per chiedergli-e non mi interropete, lo ripeto, con le vostra grida, cittadini-se esistesse quancuno piu saggio di me. Ora, la Pitia risponse che non c'era nessuno di più saggio..." (adattato dall'Apologia di Socrate di Platone, 21a).

Grazie Bazzana per la tua ricerca che, effetivamente, credo risolva la questione (ora non mi resta che recitare il mea culpa...).
Ti prego di accettare il testo sopra-citato ed adattato come un apprezzamento giocoso ma sincero del tuo "demone".

Buon lavoro. Ci vediamo alla SBL?

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Luca, grazie dell'apologetica parodia e spero bene che ci vedremo a New Orleans!
Scrivimi, cosi' vediamo di trovare un modo per tenerci in contatto: di sicuro, faro' una capatina alla tua unit, perche' i titoli, e in particolare il tuo, sembrano davvero interessanti.

Anonimo ha detto...

Caro Bazzana, ma lei ringrazia solo chi fa apologetica dell'autore? E' nella critica che sta il motore della ricerca
Ludwig

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Ludwig, non mi sembra affatto, ma ringrazio anche lei della pungolatura!

Giovanni Bazzana ha detto...

Scusate, intendevo dire che non mi sembra di ringraziare solo quelli che fanno la mia apologia.

Anonimo ha detto...

La ringrazio per i ringraziamenti, per quanto "pungolati".
Ludwig

Anonimo ha detto...

Buonasera, approdo or ora su questo interessante blog con una domanda. Invece di disquisire sulle h di troppo o sulla lettera q, mi potrebbe spiegare come viene affrontato negli Stati Uniti d'America l'insegnamento dell'Islam nelle scuole pubbliche, tema che qui in Italia sta dando tanto da parlare ai telegiornali e agli esponenti politici di partiti localistici? Credo che sia una chiave di volta per il nostro futuro e per quello dei nostri figli. Mi unisco ai complimenti per l'interessante idea di discutere di questi argomenti, sicuramente troppo abbandonati a se stessi nel più vecchio Paese del Vecchio Continente. Grazie per l'attenzione.
Prof. E.Pollastroni

Giovanni Bazzana ha detto...

Gentile prof. Pollastroni,
temo che non potro' esserle di grande aiuto: in effetti mi manca l'esperienza diretta della scuola americana, ma le diro' le poche informazioni che possiedo. Qui le scuole pubbliche non possono offrire nessun insegnamento religioso (tranne casi eccezionali molto recenti e molto discussi), ma ovviamente esiste una struttura di scuole parificate religiose molto piu' sviluppata che in Italia. In queste ultime generalmente i corsi religiosi sono obbligatori (cattolicesimo nelle scuole cattoliche, anglicanesimo in quelle episcopaliane e via dicendo). Non credo che esistano molte scuole islamiche e comunque l'idea di introdurre insagnamenti religiosi nelle scuole pubbliche non e' mai nemmeno presa in considerazione.
Sull'universita' sono piu' informato e ho constatato che negli ultimi anni, anche per le vicende di cronaca recente, tutti si sono impegnati a istituire corsi di religione e cultura islamica di altissimo livello. Il posto in cui lavoro io e' all'avanguardia in questo, ma devo dire che sul mercato del lavoro gli studiosi di Islam non sono mai abbastanza numerosi per coprire tutte le cattedre che vengono offerte, nemmeno in questo anno di recessione. Saggiamente, si e' capito che la soluzione dei problemi passa attraverso una conoscenza seria e accurata.

Anonimo ha detto...

Buongiorno, una dimostrazione quella che arriva da Oltreoceano che ci dimostra come il nostro povero Paese abbia da imparare da nazioni più giovani. Povera patria potrei dire alla Battiato, ma forse la situazione è troppo poco poetica per essere nobilitata in questo modo.
Grazie per la cortesissima attenzione e la meritoria considerazione
Prof. Pollastroni

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro prof. Pollastroni,
non mi fraintenda: non e' che qui sia tutto rose e fiori, ma io mi trovo meglio su questa sponda dell'oceano. Se non altro la gente sembra pensare che la situazione debba e possa essere migliorata.
Grazie a lei dell'attenzione.