giovedì 3 novembre 2011

Ancora traduzione e ispirazione

Fra i vari blog biblici si è sviluppata recentemente una nuova polemica, interessante soprattutto per i suoi risvolti ideologici. Rodney Decker, professore di Nuovo Testamento e Greco al Baptist Bible Seminary, ha pubblicato sul suo blog alcune osservazioni sulla NIV (New International Version, nella versione rivista del 2011), la traduzione più utilizzata dalle comunità cristiane conservatrici americane. Decker osservava che, nella traduzione dei Salmi, la NIV ha omesso (spostandoli in nota) i casi in cui, fra un verso e l'altro, l'ebraico introduce la parola selah. Questo termine è alquanto misterioso, ma probabilmente indica una notazione musicale per chi cantava i salmi. Perciò, quando viene tradotta, la parola viene resa con il termine "pausa", senza collegamento con il resto del testo. Di conseguenza, Decker approvava la decisione di eliminarla dalla traduzione, visto che non avrebbe senso leggerla, quando, per esempio, si declama il salmo ad alta voce. Rispondendo a Decker, James Hamilton Jr., professore di teologia biblica al Southern Baptist Theological Seminary, si domanda se questa decisione editoriale non vada contro il principio della totale ispirazione del testo biblico. Se si stabilisce (come fanno molti gruppi conservatori che si richiamano alla famosa Dichiarazione di Chicago sull'inerranza biblica del 1978) che la Scrittura è ispirata e, appunto, inerrante in ogni sua parte, la sottrazione anche di una sola parola condurrebbe a giudicare la NIV una versione non ortodossa, perché "evira" il testo sacro per renderlo accettabile alla cultura dei lettori contemporanei.
Questa controversia può apparire cosa squisitamente americana e, quindi, poco interessante per un lettore italiano (ma vorrei solo far notare che, mentre le due edizioni della CEI non riportano il selah, le nuove Diodati e Riveduta lo hanno mantenuto, pur segnalandone la particolarità con il grassetto o con delle parentesi). Tuttavia, la discussione fa emergere alcuni nodi molto importanti: per esempio, come sia complesso definire cosa è "ispirato" in un testo o, una volta che lo si sia stabilito, come sia problematico trasferire questa "ispirazione" da una lingua o da una cultura ad un'altra. Naturalmente, si vede bene in questo caso come entrino in gioco rapporti di forza e ideologici. E' molto rivelatore il modo in cui Hamilton preferisce accostarsi a un testo proveniente da una cultura differente: lo vorrebbe  "sentire un po' estraneo, sentire un po' antico". Si sente in questa scelta terminologica il sapore di un "addomesticamento" imperialista che rende il testo fruibile, ma con il piacere di un esotismo da salotto, che escluda la possibilità che il testo possa disturbare qualcosa di serio nelle convenzioni di chi lo legge.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

A Giovanni Bazzana:

una curiosità sull'insegnamento cattolico riguardo alla dottrina dell'ispirazione biblica: nella costituzione dogmatica sulla divina rivelazione "Dei verbum" (Concilio Vaticano II) si afferma che "bisogna ritenere, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture (21)" e dunque sembra che si affermi che la verità biblica che è ispirata e senza errore è quella salvifica, in ordine alla salvezza dell'umanità, e non la verità scientifica o la verità storica in ordine alla conoscenza umana.

Tuttavia leggendo altri documenti come l'enciclica "Provvidentissimus Deus" di Leone XIII che dichiara che "E' assolutamente sbagliato e proibito sia restringere l'ispirazione soltanto ad alcune parti della sacra Scrittura, o ammettere che lo stesso autore sacro abbia errato.Infatti non è ammissibile il metodo di coloro che risolvono queste difficoltà non esitando a concedere che l'ispirazione divina si estenda alle cose riguardanti la fede e i costumi, e nulla più". Sembrerebbe perciò affermare che la Chiesa cattolica a quel tempo affermava che la Bibbia fosse priva di errori anche dal punto di vista delle affermazioni scientifiche e storiche che essa contiene. Questo però presupporrebbe un letteralismo che veniva negato già da Agostino nel "Genesi alla lettera" dove confuta ad esempio che fosse letterale il fatto che la creazione sia durata sette giorni e i particolari cosmologici in essa narrati. Volevo sapere se sapevi com'era di fatto la posizione della Chiesa e se è cambiata nel corso del tempo.

Volevo inoltre sapere sempre al riguardo, cosa sapevi delle proposizioni condannate nel "Lamentabili sane exitu" del 1907 di Pio X dove, oltre a far sembrare esplicito il rifiuto del metodo storico, (vedi proposizioni come la "14. Gli Evangelisti riferirono in molte narrazioni non tanto ciò che effettivamente accadde, quanto ciò che essi ritennero maggiormente utile ai lettori, ancorché falso." e la 16. "I racconti d Giovanni non sono propriamente storia, ma mistica contemplazione del Vangelo; i discorsi contenuti nel suo Vangelo sono meditazioni teologiche sul Mistero della Salvezza, destituite di verità storica.") sembra esserci anche il rifiuto dell'uso della critica testuale (prop. 15 "15. Gli Evangeli furono soggetti a continue aggiunte e correzioni, fino alla definizione e alla costituzione del canone; in essi, pertanto, della dottrina di Cristo, non rimase che un tenue e incerto vestigio.").

P.S.: aspetto una tua risposta via email sui motori di ricerca di materiale accademica, in seguito magari ti chiederò dell'affidabilità di un manuale di storia del cristianesimo, sono interessato a questi problemi per gli strumenti di ricerca delle fonti

Ciao.
Michele

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Michele,
scusa per il lungo tempo intercorso fra la tua interessante e importante domanda e questa mia, per forza di cose, parziale riposta.
Non c'è dubbio che la posizione del magistero sia cambiata, come mettono ben in luce le citazioni che riporti, sulla questione della legittimità o meno del metodo storico-critico applicato ai testi biblici. Ovviamente, detto questo, va anche aggiunto che la discussione è ben viva anche oggi. Da un punto di vista teologico generale, direi che essa si inserisce nel più vasto problema del Concilio Vaticano II come discontinuità o riforma o qualcos'altro ancora (su questo, non dico di più perché non ho né lo spazio né le competenze).
Sulla questione specifica della ispirazione, la Dei Verbum è notoriamente ambigua e non mi sembra che il magistero abbia apportato grandi chiarificazioni successive. Anche nella più recente presa di posizione ufficiale (nella Verbum Domini), il Papa dice abbastanza chiaramente che il problema è spinoso e che necessita di ulteriori analisi.
Auguri.

P.S. Non dimentico che ti devo anche altre risposte: cercherò di darmi da fare al più presto.

Anonimo ha detto...

A Giovanni Bazzana,

grazie della risposta.
Se ho ben capito, dunque tu sei specializzato nel cristianesimo primitivo e non hai così grandi conoscenze della storia della Chiesa Cattolica all'inizio dell'età contemporanea. Magari comunque puoi consigliarmi il primo consiglio bibliografico che ti viene in mente al riguardo su ciò.

Un altro appunto, al riguardo delle mie citazioni riguardanti i documenti "Provvidentissimus Deus" e "Lamentabili": si potrebbe anche ritenere che il Magistero non abbia cambiato propriamente idea perchè intendeva dire che i testi biblici non potevano affermare mai cose false od errate scientificamente e storicamente nelle parti dei testi biblici in cui si nota che il genere letterario usato in essi è di tipo storiografico o scientifico. Questa affermazione sul fatto dei diversi generi letterari dei testi biblici si trova nel "Divino Afflante Spiritu" del 1943, dunque ben prima del Concilio Vaticano II (senza contare le affermazioni molto simili di Agostino nei suoi commenti ai testi biblici). Inoltre bisogna ammettere che l'epoca a cui si riferivano i documenti del magistero a fine '800 e inizio '900 era un'epoca in cui erano ancora presente forme metodi storici come il positivismo storiografico che non sono più ormai presenti oggi come a quel tempo. La questione è quindi più complessa di come appare.

Ciao.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Michele (se sei tu),
ripeto che non ho tutta questa competenza, ma mi sembra che, per quanto riguarda il rapporto fra magistero cattolico ed esegesi biblica, il periodo che va dalla crisi modernista al Vaticano II sia poco studiato (anche perché, come dici tu, non è che sia un tema privo di problemi).
Se vuoi conoscere i nudi fatti, ti posso suggerire il sesto capitolo in Excavating Q di John Kloppenborg (che ha anche interessanti rimandi a lavori di William Farmer sul periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento), ma di certo manca qualcosa di incisivo dal punto di vista dell'analisi.
Ciao.