martedì 18 ottobre 2011

Omelie postmoderne, Revisited


Qualche post fa, suggerivo che non sarebbe poi male che le varie confessioni cristiane lasciassero lo studio delle lingue classiche e delle altre questioni storiche ai "laici": sarebbe bello che, invece, i sacerdoti e pastori si dedicassero a tempo pieno alla liturgia, all'omiletica, alla pastorale e alla spiritualita'. Alcuni lettori mugugnavano, poco convinti dalle mie argomentazioni, ma io sapevo che avrei dovuto aspettare poco.
Mi e' bastato andare a messa domenica scorsa per avere un'immediata conferma delle mie ragioni. Vi sunteggio brevemente (al modo del professor De Marco) la predica che ho dovuto ascoltare. Immaginate un giovane sacerdote (piu' o meno la mia eta', direi) che scende i gradini dell'altare subito dopo la lettura del Vangelo e si accosta all'assemblea, dicendo che dara' alcune "annotazioni storiche" necessarie per la comprensione delle letture. Comincia quindi con Isaia 45 e la questione del re Ciro chiamato, nel versetto 1, Messia (che la CEI abilmente occulta con un geniale "eletto"). Non ci si deve meravigliare di questo (ma mi chiedo chi si meravigliasse visto che la traduzione nasconde completamente la difficolta'): la Provvidenza ha scelto Ciro per riportare in patria gli Israeliti che i Persiani (sic!) avevano condotto in esilio. Anche in altre occasioni, continua il sacerdote, la Provvidenza ha scelto uomini (ha detto proprio cosi', lo giuro) per realizzare i suoi disegni. Prendete il caso di Augusto che, con il suo censimento, ha permesso a Gesu' di nascere a Betlemme e quindi di dare compimento alle profezie della Bibbia ebraica.
Dopo averci passato come "annotazione storica" uno dei pochi episodi evangelici che e' sicuramente falso dal punto di vista storico, il predicatore si muove verso il testo cruciale, la complicatissima pericope di Matteo 22:15-22. Sapete tutti che il breve raccontino e' introdotto come un tranello che i farisei tendono a Gesu' e allora il nostro sacerdote spende quasi cinque minuti a illustrare la malizia e la perfidia di questi avversari che pongono Gesu' davanti alla scelta fra due risposte che sono comunque destinate a rovinarlo. Siccome fra le "annotazioni storiche" non ce n'e' stata una che ha avvertito l'uditorio del fatto che queste introduzioni, grondanti anti-giudaismo, sono creazioni anacronistiche degli evangelisti, penso che l'assemblea non abbia potuto fare a meno di concludere che questi farisei erano proprio malvagi e traditori (al contrario di Augusto, "eletto" della Provvidenza!).
Da questo punto in poi l'omelia diviene una elaborazione sulla seconda parte del detto del versetto 21 ("Date a Dio quel che e' di Dio"), sottolineando il fatto che a Dio dobbiamo dare tutto, perche', dalla creazione, noi portiamo in noi stessi la sua immagine. Come accade spesso in questi casi il "date a Cesare quel che e' di Cesare" si perde completamente, ma la cosa non e' insolita e questa pericope e' nota per creare imbarazzo ai predicatori sulle due sponde dell'oceano Atlantico (come conferma anche questo post di WIT).
Chiudo con alcune domande. Che bisogno c'e' di trasformare una predica in una lezione di storia (quando poi si finiscono per fare strafalcioni o, peggio ancora, per dare sostanza a pregiudizi anti-giudaici)? Si tratta di una mossa retorica che serve a rafforzare l'autorevolezza del predicatore in vista della parte conclusiva "piu' spirituale"? Visto che tra le due sezioni non c'era praticamente connessione, non avrebbe potuto la seconda stare in piedi da sola? Dovremmo considerare questo un caso di modernismo o di post-modernismo?

13 commenti:

domenico ha detto...

Dott. Bazzana,
devo dire che non ho mai capito come si possa accusare di antigiudaismo un autore che per lo più è considerato un ebreo che scriveva per ebrei..

Anonimo ha detto...

A Giovanni Bazzana:

dunque da un po' di tempo in ambito accademico la questione del censimento di Augusto si è conclusa unanimamente con la certezza che tale evento è "uno dei pochi episodi evangelici che e' sicuramente falso dal punto di vista storico"?

Questa informazione non la sapevo, al massimo sapevo che tale episodio si poteva ritenere non totalmente vero a causa di alcune inverosimiglianze, ad esempio sulla possibilità materiale di tutti i discendenti di Davide (come se tutti tali discendenti potessero risalire a un loro antenato di mille anni prima) come Giuseppe di prendersi la briga di tornare alla città del loro antenato, tuttavia sapevo di teorie che parlavano di una verosimiglianza di una forma di censimento all'epoca della nascita di Gesù: qui http://www.gliscritti.it/approf/2008/papers/ravasi100108.htm

Ravasi cita lo storico Giulio Firpo e un suo studio del 1983 "Il problema cronologico della nascita di Gesù", rifacendosi, a quanto ho capito a una testimonianza di Tertulliano in "Contro Marcione" che parla di un primo censimento di Augusto ordinato fra il 9 e il 6 a.C. non da Quirinio ma da Senzio Saturnino. Di solito gli studiosi evidenziano gli intenti teologici di Luca che gli fanno passare in secondo piano gli intenti storici ma anche qui mi sembra che si debbano percorrere tutte le strade. Magari mi puoi indicare studi o argomentazioni che rendono improbabile la parziale storicità del racconto di Luca basata sull'ipotesi di Firpo che prima ho citato.

Ciao.
Michele

domenico ha detto...

sì dott. Bazzana non ho capito se "sicuramente falso dal punto di vista storico" sia il censimento o la nascita a Betlemme o tutti e due..

Anonimo ha detto...

A Giovanni Bazzana,

aggiungo a ciò che ho detto il fatto che non mi convince l'ipotesi che Luca usi l'espediente del censimento per spiegare il perchè della nascita di Gesù a Betlemme, dato che anche Matteo fa collocare tale nascita nella città davidica (informazione ritenuta di solito puramente teologica e non storica, cosa con cui anch'io posso concordare, dato le diverse versioni di Marco e Giovanni) e però non parla di censimenti o altre motivazioni dello spostamento della famiglia di Gesù da Betlemme a Nazareth.

Ciao.
Michele

polymetis ha detto...

Mi sembra che l'unico vero e sicuro errore sia quello di attribuire la deportazione ai persiani. Quanto alla presentazione che gli evangelisti fanno dei farisei, non si può avere la sfera di cristallo per essere sicuri che sia falsa. Non è che siccome l'antisemitismo è una brutta cosa, allora tutti giudei della storia debbano essere automaticamente santi, e dunque è impossibile che dei giudei volessero mette in trappola Gesù. Cos'ha di inverosimile la cosa?
Quanto al censimento, se ne dibatte da secoli, ma definirlo "sicuramente" inventato implicherebbe che abbiamo prove della sua falsità, quando al massimo abbiamo degli indizi, come la difficoltà della cronologia.
Quanto poi al fatto che il prete abbia detto di voler dare qualche annotazione storica, ciò non implica che abbia detto di voler limitarsi a questo, sicché è legittimo che in un sermone teologico vengano date interpretazioni congetturali sul ruolo di Augusto o di Ciro nel disegno divino.
Non vedo poi come la predica in questione dovrebbe confermare la tesi che i preti non debbano occuparsi di antichistica, secondo me dimostra l'esatto contrario. Se la tesi di partenza era che la predica è storicamente scadente, ciò sarebbe un motivo in più per approfondire gli studi storici, se essi fossero ulteriormente diminuiti possiamo presumere che questo prete avrebbe fatto una predica ancora peggiore.

Giovanni Bazzana ha detto...

Cari Domenico e Michele,
di sicuro gli eventi non si sono svolti come li racconta Luca (che, peraltro, dice chiaramente che quello era il primo censimento che si faceva in Giudea), molto semplicemente perche' Gesu' sembra essere nato in altra data e perche' tutte le testimonianze che possediamo sui censimenti romani mostrano che questi si svolgevano su base residenziale (e anche perche' sarebbe impossibile pensare che potessero svolgersi in altro modo). Quindi se vogliamo mantenere il luogo di nascita di Gesu' in Betlemme (anche questo mi sembra storicamene difficile, ma non si puo' raggiungere lo stesso grado di certezza in un senso o nell'altro in assenza di documenti esterni), bisogna seguire Matteo che fa nascere Gesu' la' perche' i genitori gia' vi risiedevano e solo dopo si trasferiscono a Nazaret.
Sulle motivazioni di Luca, direi che in parte e' un gran confusionario e in parte vuole porre l'evento della nascita di Gesu' in una dimensione universale.
Se cercate letteratura sulla questione, trovate un'ottima messa a punto in Peter Arzt-Grabner, Die Zeitangaben im Lukasevangelium und der Geburtsort des Jesus von Nazaret. In: Akten des 10. Österreichischen Althistorikertages, Salzburg, 11.11.–13.11.2004, hg.v. Monika Frass, Kurt Genser, Herbert Graßl, Georg Nightingale. Diomedes. Sonderband. Wien: Phoibos Verlag 2006, pp. 17–22.
Ciao

Anonimo ha detto...

Schleiermacher paragonava lo studio di teologia a un albero con radici, tronco e rami. Prendo in prestito questa immagine per far capire meglio l'importanza della "teologia storica". A mio modo di vedere nello studio di teologia la teologia storica rappresenta le radici dell'albero, senza le quali tutto il resto non avrebbe fondamenta. Il tronco è rappresentato dalla teologia dogmatica, mentre i rami rappresentano la teologia pratica. Fare teologia pratica senza conoscere la dogmatica mi sembra poco sensato (ci si ritroverebbe ad ascoltare prediche eretiche), come mi pare rischioso studiare dogmatica senza conoscere l'approccio storico critico (si rischierebbe di arrivare al punto in cui le argomentazioni teologiche sarebbero talmente lontane da quello che dicono e pensano gli scienziati e gli storici, da risultare ridicole a priori). Cercare il dialogo con la scienza trovo che sia di fondamentale importanza per la sopravvivenza stessa della teologia.
Questo è in breve il mio pensiero.
Elijah Six

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Polymetis,
grazie davvero per il commento in tema.
Per essere stringato nella risposta, propongo due punti su cui sono in disaccordo con te.
1. A me e' parso, come uditore, che le "interpretazioni congetturali" (ma mi va bene anche chiamarle "teologia della storia"), in se' legittime, non fossero in alcun modo differenziate dalle "annotazioni storiche" e, in buona sostanza, proposte all'assemblea come tali. Si tratta di un modo di procedere accettabile?
2. Non dico che i preti non debbano occuparsi di antichistica (ovviamente, nel tempo libero ognuno puo' fare cio' che vuole), ma mi domando se lo debbano fare nelle prediche. In questo caso specifico, se si voleva offrire una meditazione sull'essere umano come immagine di Dio, che senso aveva premettere le "annotazioni storiche" e non distinguirle in alcun modo dalla conclusione del discorso?
Ciao

P.S. Tanto per essere puntiglioso, e' vero che del censimento si "dibatte da secoli", ma da solo cent'anni (o anche meno) abbiamo i documenti papirologici che ci dimostrano come effettivemante si svolgesse un censimento.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Elijah,
grazie per il commento: concordo pienamente sull'opportunita' del dialogo, ma mi chiedo anche se sia una omelia il luogo adatto per sviluppare questo dialogo e, soprattutto, se sia questo (o quello comunemente praticato almeno in Italia o negli USA nelle chiese cattoliche) il modo retoricamente piu' appropriato di farlo.
Ciao

domenico ha detto...

Dott. Bazzana,
è a conoscenza di autori antichi pagani o cristiani dei primi secoli che abbiano criticato il racconto di Luca dicendo che i Romani facevano censimenti solo su base residenziale?

Lei si immagina una scena in cui quei passi del vangelo di Luca venivano letti in una qualche assemblea cristiana dei primi secoli a Roma, in Grecia, in Asia con gli ascoltatori che potevano smentire o porre in dubbio, partendo dalla propria esperienza, il censimento su base ancestrale?

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Domenico,
mi sembra chiaro che, se si e' arrivati all'invenzione apologetica di cui parla Tertulliano (Adversus Marcionem 4,19,10, il passo menzionato in precedenza da Michele), qualcuno il problema doveva averlo sollevato.
D'altra parte, son convinto che, allora come domenica scorsa, molti (fra i pochi che prestavano attenzione a questi particolari assai secondari) avranno detto "se lo dice il prete che ha studiato la storia, allora deve essere vero" oppure "se sta scritto nei libri ispirati, allora non puo' essere sbagliato".
Ciao

Chesterton ha detto...

Forse piú difficile da spiegare perché i contemporanei a Luca non lo hanno smentito e rispondere perche si sia inventato una "balla" cosi grande.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro/a Chesterton,
forse, se fosse sopravvissuto piu' del 3 o 4% di quanto scritto nell'antichita' o se qualcuno degli scritti anti-cristiani antichi fosse sfuggito alla censura, sarebbe meno difficile capire il senso della prima parte di questa domanda (per la seconda, basta leggere i commenti precedenti).
Saluti