giovedì 28 aprile 2011

Resurrezioni


Il problema posto dal finale monco del Vangelo di Marco, che in un significativo numero di manoscritti antichi si interrompe bruscamente al versetto 8 del capitolo 16, e' sempre stata una delle questioni piu' affascinanti della critica testuale neotestamentaria. Per anni gli studiosi hanno ritenuto che il Vangelo avesse una conclusione che fu eliminata in tempi molto antichi con un "taglio" dopo il v. 8. Con l'ondata recente di critica letteraria e narratologica dei testi antichi, molti hanno cominciato a far notare come il racconto di Marco possa avere senso e coerenza anche con una conclusione come quella offerta da 16:8. Ho l'impressione che questi metodi di analisi letteraria siano fondati su giudizi irrimediabilmente soggettivi e che in sostanza potrebbero trovare coerenza narrativa in qualunque testo o in qualunque sezione di esso. Tuttavia, non e' questo il tema di cui vorrei occuparmi.
Mi pare che la questione sia discussa con molta precisione da James McGrath, professore di religione alla Butler University, in un recente contributo su Bible and Interpretation ("Mark's Missing Ending: Clues from the Gospel of John and the Gospel of Peter"). McGrath nota, in modo molto appropriato, che le numerose soluzioni presentate non tengono nel dovuto conto il ruolo della tradizione orale, che avrebbe comunque integrato anche un testo "senza conclusione". In questo senso, si puo' dire che Marco, con le sue profezie su una "rivincita" divina e su Gesu' che avrebbe preceduto i suoi discepoli in Galilea, "esige" una conclusione che vada oltre 16:8. Ma, d'altra parte, bisogna domandarsi come mai questo finale perduto sia stato tagliato cosi' presto e non sia stato ripreso ne' da Matteo ne' da Luca.
Credo che, anche su questo punto, McGrath sia sulla strada giusta. Mi pare ragionevole pensare che Marco concepisse il percorso post-mortem di Gesu' come un'assunzione diretta al cielo, che sarebbe stata successivamente seguita da un ritorno nel ruolo di giudice escatologico (qualcosa di simile a quello che viene sostenuto da Daniel Smith nel suo recente Revisiting the Empty Tomb. The Early History of Easter). Sappiamo bene che il destino di Gesu' fu fin da subito concettualizzato in modi diversi da diversi gruppi cristiani: dall'idea della resurrezione corporea, che avrebbe poi predominato, fino a concezioni in cui la resurrezione non ha alcun ruolo (come in Q o nel Vangelo di Tommaso). La possibilita' dell'assunzione diretta ha il vantaggio di essere presente tanto nel contesto greco-romano quanto in quello giudaico e di essere probabilmente quello di cui parla (molto confusamente) anche Paolo in 1 Cor 15 a proposito di "corpo spirituale". Con il successivo imporsi della dottrina della resurrezione corporea come unica "ortodossa", il Vangelo di Marco sarebbe stato "normalizzato" perdendo la sua conclusione originale.

2 commenti:

Tanzen ha detto...

Un punto interessante credo che sia cercare il fattore comune alle varie testimonianze su ciò che accadde dopo la morte di Gesù. Gli unici elementi comuni, mi pare di capire,sono il rinvenimento della tomba vuota e le figure angeliche oltre alla presenza di Maria di Magdala. Non la risurrezione (come ricordi non ha alcun ruolo in Q e in Tommaso), non le bende nel sepolcro, non la corsa di Pietro o altri discepoli o, in alternativa, il loro rifiuto di credere. Solo la tomba vuota, gli angeli e la Maddalena. Mi domando: "la" tomba o "una" tomba. I Vangeli sembrano molto attenti a sottolineare come Maria di Magdala e altri avessero osservato dove il corpo veniva deposto. Curiosa questa nota. Esattamente come risulta curiosa l'inserzione della giustificazione delle dicerie giudaiche sulla sparizione del corpo: i vangeli costruiscono un episodio per spiegare quel che nei Vangeli non appare (ma che evidentemente ai tempi gli ebrei sostenevano: hanno rubato il corpo). E gli angeli? Così su due piedi li definirei la perfetta chiusura per il quadretto composto. Dopo aver "messo tutti i puntini sulle i" specificando che si era fatta attenzione a quale fosse la tomba, che si erano corrotte le guardie ebree presenti perché dicessero che i discepoli avevano rubato il corpo, che la Maddalena e altre figure note - quindi affidabili e dotate di una certa auctoritas nella comunità - erano presenti ai fatti ecco che compaiono gli angeli che, autorità somma, appongono l'imprimatur alla vicenda certificando la resurrezione/assunzione di Gesù.
Io mi son sempre domandato se le cose non possano essere andate in una maniera molto più semplice: ovvero che i discepoli abbiano realmente creduto nella resurrezione - senza averla constata ma avendola creduta reale e avendoci tessuto sopra una serie di episodi per dare corpo alla storia - a causa di una "svista", ovvero della ricerca del corpo nella tomba sbagliata, in un sepolcro ancora vuoto e per questo "aperto". Insomma, il cristianesimo sarebbe potuto nascere da un "errore"? Io credo di sì.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Tanzen,
sono d'accordo quando mi dici che le tradizioni sulla resurrezione possono apparire apologetiche: questo mi sembra anche naturale dato che per definizione stiamo trattando della comunicazione di un evento straordinario e soprannaturale.
Ovviamente, dire come siano andate le cose e' affare che non mi riguarda in questa sede.
Pero', vorrei aggiungere una postilla di chiarificazione: la storia della tomba vuota non dovrebbe essere considerato un elemento comune a tutte le tradizioni sul destino ultimo di Gesu'. In Q e Tommaso non abbiamo nulla nemmeno di questo.
Ciao.