domenica 10 ottobre 2010

I cattolici e Q


Excavating Q, il libro di Kloppenborg che uso come testo di riferimento per il mio corso su Q, ha molte virtu', ma quella che piu' me lo fa apprezzare e' il fatto che tutta la seconda meta' del libro e' occupata da una efficace descrizione degli studi su Q nel corso degli ultimi duecento anni. Davvero notevole, per un libro destinato al mercato americano (o, comunque, anglofono), e' poi anche il fatto che Kloppenborg dedica dello spazio significativo alla ricerca cattolica fra Ottocento e Novecento. Dico che la cosa mi sembra notevole anche perche', obbiettivamente, i cattolici in questo periodo (a parte, magari, le eccezioni di Lagrange e Loisy) hanno contribuito poco o nulla di nuovo al panorama degli studi neotestamentari.
Leggendo con gli studenti questa sezione del volume non ho potuto fare a meno di notare alcuni particolari. Pare che, fra gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi del Novecento, quasi tutti i maggiori esegeti cattolici, influenzati da quella che ormai stava diventando una vera e propria "moda" nell'ambito protestante, fossero giunti ad abbracciare, piu' o meno esplicitamente, la teoria cosiddetta delle due fonti, che fa dipendere Matteo e Luca da Marco e Q. Tuttavia, nel 1912 arrivo' inaspettata la "scure" della Pontificia Commissione Biblica, rivitalizzata in senso anti-modernista da Pio X: in pratica, fu proibito l'utilizzo del metodo storico-critico in qualsiasi sua forma e tutte le teorie piu' "innovative" (come, ad esempio, quella sulle fonti del Pentateuco) furono dichiarate inammissibili. Da allora in poi, i riferimenti a Q spariscono dai libri cattolici, mentre i piu' "audaci" continuano comunque a presentare una cosiddetta teoria "cattolica" delle due fonti, in cui Q e' pudicamente sostituita da un "proto-Matteo aramaico". Tale situazione si trascina fino al 1943, quando Pio XII pubblica la "Divino afflante Spiritu" e il metodo storico-critico e' di nuovo riammesso: da allora in poi i manuali cattolici ritornano improvvisamente a parlare di Q.
Ovviamente, una storia di questo genere induce a riflettere sull'influenza che le condizioni "esterne", sociali e culturali, hanno nel garantire il "successo" o il fallimento delle ipotesi scientifiche. Teorie interessanti e innovative vengono formulate praticamente tutti i giorni, anche sul problema sinottico (che sembrerebbe ormai una cosa risolta una volta per tutte), ma perche' ottengano rilevanza o diventino perfino predominanti ci vuole anche qualcosa d'altro. Dal punto di vista di un esegeta cattolico, c'e' da ringraziare Lutero e gli altri che hanno portato allo scisma protestante, altrimenti la foga anti-modernista di papa Sarto e di Merry del Val ci avrebbe probabilmente fatto fare la fine dei catari.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Certamente a conti fatti bisogna dire che il protestantesimo, portando il "libero esame" ha più consentito libertà di ricerca agli storici che nel mondo cattolico, anche se comunque bisogna dire che ciò che garantisce assoluta sicura libertà alla ricerca scientifica e storica è lo laicità al contrario della religione di stato, che spesso è stata presente, oltre che nell'Italia (anche se oggi con il concordato non si può dire che tutte le credenze sono uguali di fronte allo stato italiano) anche in vari paesi protestanti.

Non so comunque se sia successo che la chiesa protestante di stato abbia a volte interferito sulla libertà di ricerca ma penso che a volte sia successo. La cosa migliore sarebbe comunque fare sì che gli studi accademici di storia del cristianesimo abbiano finalità solo storiche, e che non si debba tenere conto del fatto di cosa faccia comodo e cosa no alla visione della storia per la formazione di ministri di qualche chiesa.

Un po' fuori tema, mi ricordo di un tuo post dove parlavi di argomenti convincenti per datare gli Atti nella prima metà del II secolo in base a dei paralleli con Giuseppe Flavio. Volevo sapere di cosa pensavi dei riferimenti presunti agli Atti nella lettera di Policarpo ai filippesi (scritta tra il 110 e il 140) e nella lettera di Ignazio (morto circa nel 117) ai magnesiani e dell'assenza negli Atti di riferimenti alla distruzione di Gerusalemme e alla morte di Paolo. Aggiungendo il fatto che le Antichità Giudaiche furono scritte nel 94 mi sembra che si possa ammettere comunque come molto plausibile una datazione degli atti anteriore al II secolo, cioè negli ultimi anni del I secolo.

Ciao.
Michele.

Anonimo ha detto...

Scusate l'intrusione da parte di un estraneo. Vorrei innanzitutto porgere i miei complimenti per la qualità e la profondità del blog che ho scoperto da pochissimo e che seguo con particolare interesse.

Capisco perfettamente quanto scrive: insegno in Germania, spesso anche a studenti di teologia (cattolica) e posso constatare con mano quanto ancora oggi l'educazione cattolica sia in gravissime condizioni. Non sono credente, ma per ragioni di lavoro mi occupo molto di testi teologici.

Mi chiedo però se in realtà la Lamentabili e la reazione un po' inane di Pio X non vadano viste in altro modo. In fondo è stata l'ultima discussione di metodo autonoma da parte cattolica. Quanto è successo dopo è stato la semplice adesione al paradigma protestante. Che non è, agli occhi di un filologo, privo di ideologia: ne veicola un'altra, più soft, più compatibile con lo spirito dei tempi, ma resta comunque una forma di lettura estremamente condizionata.

Mi permetto di dissentire anche con l'intervento qui sopra sulla libertà di ricerca. Ripeto, non sono cattolico o protestante, e non credo, ma non credo che la laicità permetta lo sviluppo di studi in questo campo. Quanto è successo in Francia lo dimostra: ho amici che insegnano all'università e la situazione è drammatica. Non si riesce ad insegnare nemmeno storia dell'arte perché agli studenti universitari manca ogni forma di conoscenza teologica o anche biblica.

Sono d'accordo invece con un suo post precedente. Sarebbe assolutamente necessario costringere qualsiasi studente universitario di materie storico-filologiche a seguire esami di storia del giudaismo, di storia del cristianesimo e di esegesi biblica. La ragione è lapalissiana: conoscere la bibbia è importante tanto quanto saper leggere Cesare. E dovrebbe essere un insegnamento attivato in ogni facoltà di lettere, ovunque. Poco importa chi finanzia queste cose. L'importante è che non si arrivi al paradosso di storici (magari persino medievisti) che non hanno la più pallida idea di cosa sia la bibbia...

Scusate per questo post oceanico.
Immanuel

Anonimo ha detto...

Ad Immanuel:

In effetti ritengo di essermi proprio espresso male: invece di invocare una generica "laicità dello stato" avrei dovuto dire che bisognerebbe che negli studi pre-universitari fosse obbligatorio l'insegnamento delle "scienze religiose" ovvero della descrizione del fenomeno e l'esperienza del sacro nel mondo così come lo studiano discipline come storia delle religioni, e filosofia, psicologia, antropologia e sociologia della religione. Sarebbe così rispettata la laicità dello stato dato che non verrebbe permesso l'insegnamento prescrittivo di una teologia di una particolare confessione religiosa.

Sono perciò contrario alla laicità alla francese dove è escluso l'insegnamento preuniversitario incentrato sulle religioni. Occorre però dire che guardando come nel resto d'Europa è trattata la religione a scuola

http://it.wikipedia.org/wiki/Insegnamento_della_religione_cattolica_in_Italia#Insegnamento_della_religione_in_Europa

devo dire che praticamente che in buona parte degli stati più "laici" gli insegnanti provengono da studi teologici statali. Bisognerebbe approfondire a questo punto se in queste facoltà teologiche statali i professori vengono scelti dalla chiesa a cui appartengono o dallo stato.

Mi correggo anche dall'aver detto che una religione di stato è ostacolo alla laicità, dato che Gran Bretagna, Danimarca, Norvegia e Islanda di legge possiedono una religione "di stato" ma difficilmente potremmo dire che si tratta di stati teocratici e non laici.

Ho l'impressione quindi che certe facoltà teologiche statali (magari in cui la confessione religiosa ha un ruolo poco autoritario) in certi paesi ormai sono viste come fonte di buoni insegnanti aventi una visione pluralista del mondo religioso anche se io personalmente sarei più a favore di un insegnamento non teologico basato sulle scienze religiose.

Ciao.
Michele.

Giovanni Bazzana ha detto...

Cari amici,
grazie per lo scambio molto interessante che richiederebbe una risposta molto piu' articolata di quella che posso dare qui. Mi limito solo ad alcune osservazioni che servano a chiarire meglio come la penso.
Anzitutto, mi spiace di aver dato l'impressione di ritenere che in generale l'ambiente protestante abbia precluso gli sviluppi della ricerca meno o piu' di quello cattolico. Intendevo riferirmi solo al periodo in esame (a cavallo fra Otto e Novecento). Sia prima che dopo questi sfortunati episodi, i cattolici hanno prodotto innovazioni significative. D'altra parte, il contesto protestante puo', in certe circostanze, mostrarsi perfino piu' dogmatico (l'esempio e' purtroppo di piena attualita', se si considera come il "dogma" della sola Scriptura crei piu' problemi agli studiosi cattolici che non a quelli protestanti).
Sono del parere che ogni situazione (specialmente in Europa) vada misurata nella sua specificita' e con attenzione ai presupposti storici.

Giovanni Bazzana ha detto...

Due considerazioni sul commento di Immanuel, che ringrazio per i generosi complimenti.
Purtroppo, sono in disaccordo totale quando Immanuel dice che l'intervento di Pio X si puo' configurare come l'ultima discussione di metodo autonoma di parte cattolica. Due motivi: primo, non penso che si tratti affatto di una discussione metodologica, ma semplicemente di una chiusura, anche perche' il ritorno al paradigma pre-moderno non viene affatto argomentato, come invece cerca di fare qualcuno oggi. Secondo (piu' importante), credo che la ricerca cattolica abbia in effetti generato nei decenni dopo la guerra alcune fra le piu' significative innovazioni metodologiche, spesso anche influenzando l'esegesi protestante (si possono citare, in ordine sparso, l'esegesi femminista, quella socio-scientifica, molte letture che hanno impiegato gli strumenti dello strutturalismo o della narratologia...).
Sottoscrivo pienamente, invece, l'appello per un'inclusione degli studi biblici fra gli insegnamenti-base umanistici, ma temo che a questo punto si dovrebbe allargare il discorso alla piu' generale crisi di questo tipo di istruzione nel mondo contemporaneo.

Anonimo ha detto...

Grazie infinite per le risposte e le vostre considerazioni. E mi scuso per aver forse malinteso in un primo tempo qualche affermazione. Sono in ogni caso d'accordo sulla necessità di includere studi biblici fra gli insegnamenti umanistici -all'università, non solo nei licei. Ma dire che il passo da compiere è proprio quello di liberarli dall'etichetta (o dal ghetto) degli studi religiosi: basterebbe semplicemente includere esami sulla storia della bibbia, sulla storia del giudaismo, sulla storia del cristianesimo per chiunque si laurei in storia, in letteratura o in filosofia. Come esami obbligatori. Non si capisce perché sia necessario dare un esame di filologia classica e sapere tutto di Omero e Archiloco e non avere la più pallida idea di Amos o Geremia. Da un punto di vista meramente storico l'influenza di qualunque libro della bibbia è enorme, molto più incisiva di quella di Archiloco o Esiodo, e questo non solo in letteratura, ma in filosofia, nelle scienze umane, nel diritto e nelle arti plastiche. Pensare che il mondo greco classico sia più "irrinunciabile" significa solo essere ancora schiavi del pregiudizio un po' snob di Petrarca e di tutti gli umanisti. Che avevano una visione piuttosto ideologica della storia umana. E ripeto, dico tutto questo da filologo non credente che si scontra quotidianamente con testi ellenistici e medievali.

Quanto alla seconda considerazione di Giovanni, è certamente vero che l'istruzione umanistica è in cristi, ma lo è proprio perché non è capace di rinnovarsi, e rincorre falsi e antichi fantasmi, invece di immaginare nuove forme, nuovi metodi, nuovi scopi!

Quanto a Pio X mi sono espresso male io stavolta: certo, i cattolici hanno promosso innovazioni metodologiche, ma si è trattato sempre (riprendendo gli esempi fatti) di applicazioni al testo biblico di dibattiti generatisi altrove: il femminismo, la sociologia della letteratura, lo strutturalismo, la narratologia. Fare questo non significa provare a pensare iuxta propria principia i problemi metodologici che pone lo studio filologico e "scientifico" di un testo così particolare. Significa solo rincorrere (e banalizzare) metodi prodotti per altri contesti e per altri tipi di testi. Non nego che l'applicazione di questi metodi abbia permesso di raggiungere risultati interessanti. Ma la questione metodologica non può essere risolta in questo modo e nemmeno con una forma di pluralismo irenico e tollerante nei confronti di tutti i metodi: significherebbe solo rimandare il problema, non affrontarlo.

Continuo a credere che nell'atteggiamento di chiusura della Lamentabili e dei documenti affini di Pio X (sicuramente ingenuo e come tale condannabile) e anche nel rifiuto di leggere la bibbia come si legge Omero [nec fere differt inspiratio ab inspiratione poetica Aeschyli et Homeri] si nasconda un problema filologico vero, che può e deve essere ripensato, senza dover per forza elemosinare metodi ad altre filologie.

I complimenti al blog sono più che meritati: questo blog è una miniera e si legge con enorme piacere, e sono molto felice di averlo scoperto.

Grazie ancora ad entrambi,
Immanuel

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Immanuel,
prima di tutto un'osservazione tecnica: i commenti passano attraverso una moderazione che in realta' non ho mai usato, ma che mi fa sentire un po' piu' sicuro. Siccome c'e' una certa differena di fuso orario fra me e l'Europa, non posso sempre immediatamente "sdoganarli" e quindi questo puo' creare un fastidioso ritardo nella loro pubblicazione. Mi scuso e vi ringrazio ancor di piu' per aver voluto comunque comunicare il vostro pensiero.

Per il resto, sottoscrivo completamente la prima parte del tuo intervento, mentre temo che rimarremo in disaccordo su Pio X, anche se non riesco a capire bene cosa intendi con il riferimento al "problema filologico vero". Anche il ritorno ai metodi pre-critici costituisce una mossa iuxta propria principia fino ad un certo punto, visto che anche l'allegoria e' stata in fondo elaborata come metodo per l'interpretazione di Omero.
Un saluto cordiale.

Anonimo ha detto...

Caro Giovanni,

scusa se rispondo solo ora, ma sono stato in viaggio per lavoro. Non c'è alcun problema nella moderazione, è giusto che sia così. Per quanto riguarda la questione di Pio X, proverò a riformulare meglio la tesi.
Ancora complimenti per questo splendido blog.

Un saluto cordiale