mercoledì 25 agosto 2010

Il "regno di Dio" in Giovanni


Devo una risposta ad un lettore che la settimana scorsa mi ha posto un'importante domanda su una delle questioni piu' centrali dello studio del Nuovo Testamento. Si tratta della famosa espressione "regno di Dio" che appare spesso in diversi contesti nel vangeli sinottici, al punto che la maggioranza degli storici la considera una delle poche frasi che puo' essere attribuita con una buona dose di sicurezza al Gesu' storico. E' curioso vedere che, proprio su questo punto, esiste una differenza radicale fra i Sinottici e il Vangelo di Giovanni: mentre nei tre "regno di Dio" appare, si potrebbe dire, in tutte le salse, Giovanni usa l'espressione molto di rado (solo tre volte, faceva notare l'attento lettore) e in contesti del tutto particolari.
La risposta della maggioranza degli studiosi puo' apparire quasi banale: per quasi tutti questa e' una conferma del fatto che Giovanni non ha nessuna attendibilita' quando si tratta di ricostruire l'immagine storica di Gesu'. In effetti, per motivi come questo Giovanni e' stato tradizionalmente marginalizzato nella ricerca moderna, in particolare quando si tratta di ricostruire le parole e il messaggio del Nazareno.
Mi pare che su questo punto ci sia poco da aggiungere, ma la questione ha anche un altro aspetto interessante: come mai Giovanni annulla quasi completamente uno degli elementi fondamentali nelle tradizioni riguardanti Gesu'? Penso che la chiave di comprensione sia da cercare nel valore politico che inevitabilmente era associato con il "regno". Gia' Giovanni lo dice chiaramente, a dispetto della sua proverbiale ambiguita'. Quando Gesu' viene interrogato da Pilato, una delle poche cose molto chiare che il Nazareno dice al governatore e' che il suo "regno" non costituisce comunque una minaccia per l'impero (Gv 18:35-36). Personalmente, io sono abbastanza convinto che il Vangelo di Giovanni sia stato scritto nel secondo secolo inoltrato e queste osservazioni confermano la mia impressione. In questo periodo (e in particolare dopo la rivolta giudaica del 132-135) i cristiani devono evitare le persecuzioni e, nello stesso tempo, trovare un modo di farsi accettare nel mondo greco-romano: non e' un caso che anche gli apologisti, proprio nello stesso periodo storico, non facciano quasi menzione della predicazione di Gesu' sul "regno di Dio".

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie professore per la puntuale risposta. In effetti quanto più tarde sono le tradizioni su Gesù trasposte in testi scritti (e mi pare d'aver capito che lei collochi il IV vangelo dopo la repressione adrianea delle rivolte giudaiche), tanto più si affievolisce il tema dell'avvento del regno prima ed anche del secondo avvento imminente poi. Un'altra osservazione che potrebbe esser fatta in maniera complementare è l'insistenza in Giovanni sulla "vita eterna", argomento - mi sembra - ben più marginale nei sinottici.
Saluti cordialissimi
Etienne

Il Censore ha detto...

Salve, professore.

La lettura del suo interessante post mi ha lasciato un dubbio: come concilia la datazione del Vangelo secondo Giovanni a dopo la rivolta giudaica del 132-135 e il Papiro 52, datato alla prima metà di quel secolo? Ritiene che il papiro sia una delle primissime copie del vangelo?

Grazie per l'attenzione.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Etienne,
grazie del commento che condivido per quanto riguarda Giovanni anche se non mi sento di associare cosi' strettamente l'allontanarsi dall'evento-Gesu' e l'affievolirsi dell'attesa escatologica. Si tratta di una tesi storiografica che ha una lunga storia, ma mi pare che sia un po' troppo meccanica. In effetti, anche piu' tardi del secondo secolo ci sono esempi di testi cristiani in cui la componente apocalittica e' molto forte: semplicemente, Giovanni ha deciso di andare per un'altra strada.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Censore,
grazie per la puntualizzazione che e' molto pertinente. In effetti, negli ultimi anni diversi studi paleografici hanno sollevato dubbi sulla datazioen di P52 che fino ad allora era considerata una specie di "dogma". In realta' il piccolo frammento potrebbe anche essere dell'inizio del terzo secolo (veda http://ta-biblia.blogspot.com/2010/02/la-datazione-del-vangelo-di-giovanni.html).
Io non voglio essere cosi' estremo, ma ritengo che P52 debba avere un peso molto relativo nello stabilire la datazione di Giovanni. Si deve tornare a considerare anche altri parametri come faccio nel post o come fa chi osserva come nessun Padre della Chiesa fino alla fine del secondo secolo sembra avere conoscenza del quarto Vangelo.

luca ha detto...

caro professore,
così a naso, la scarsa frequenza del termine regno di dio è molto coerente con l'idea giovannea di escatologia realizzata ("l'altra strada di gv"... ma siamo sicuri che non sia in qualche modo presente anche in aştri scritti neotestamentari?).

anche negli altri vangeli, quando si parla di regno di dio, la connotazione politica mi pare molto debole... eppure mi stupisco quanti oggi glıela attribuiscano.

ciao e buon lavoro!

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Luca,
d'accordo per la prima parte, ma davvero tu ti stupisci che, quando si parla di "regno", qualcuno ci veda una connotazione politica?
Grazie e a presto.

Anonimo ha detto...

Ha ragione professore, mi sono forse espresso male: la tematica apocalittica non scompare affatto (si pensi al montanismo); essa risulta tutt'al più affievolita all'interno delle principali comunità che dal II secolo si costituiranno come istituzioni episcopali stabili e gerarchicamente ordinate.
Colgo l'occasione per chiederle - in riferimento alle osservazioni sulla datazione di Giovanni, sullo scemare della tematica del regno e sulla cosiddetta escatologia realizzata ("chi crede è già passato dalla morte alla vita etc") - se sia possibile in ambito scientifico continuare a parlare di corpus giovanneo includendovi anche l'apocalisse, un testo che, mi pare, conserva ancora numerosi legami con il mondo giudaico (legami che, nel IV vangelo, appaiono decisamente recisi).
Etienne

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Etienne,
un'ottima sintesi.
Si', io non parlerei di una "scuola" giovannea che abbracci tanto il Vangelo (e le lettere) quanto l'Apocalisse: mi sembra che le ragioni per disgiungere questi due scritti piu' che teologiche (sempre opinabili: per esempio, ci sono studiosi autorevoli che non parlerebbero di "escatologia realizzata" per il quarto Vangelo) siano di carattere stilistico (e' difficile pensare ad uno scrittore cosi' proteiforme).