sabato 1 maggio 2010

Simone, pasci le mie pecorelle


L'ultimo capitolo di Giovanni (il 21) contiene un bel numero di scene originali e significative: senza dubbio, la piu' interessante e' il famoso dialogo (vv. 15-17) fra Gesu' e Pietro, in cui il Risorto ripete per tre volte la stessa domanda ("mi ami tu piu' di essi?") e il discepolo, con una certa irritazione crescente, riafferma la propria devozione. Questo passo e' molto importante nell'economia del Vangelo perche' serve da "riabilitazione" per Pietro e infatti tutti i commentatori notano che le tre risposte controbilanciano i tre rinnegamenti che si trovano al capitolo 18.
Questa triplice ripetizione ha un po' il ritmo della favola, ma bisogna dire che leggendo il testo in greco le cose cambiano un po': anzitutto, Gesu' non usa sempre lo stesso verbo nelle sue domande (le prime due hanno agapao, mentre l'ultima ha phileo). Ho notato con una certo piacere che la nuova versione della traduzione CEI ha cercato di migliorare quella degli anni '70 segnalando la differenza fra i due verbi e traducendo il primo con "amare" e il secondo con "voler bene". Ma il greco implica davvero una differenza? E' molto difficile rispondere e alcuni studiosi hanno cercato, senza ottenere risultati molto convincenti, di dimostrare che Giovanni usa i due verbi in modo diverso.
La questione rimane assai aperta, ma vorrei concentrarmi su di un altro aspetto curioso. Anche il comando di Gesu' non ha sempre lo stesso verbo: nel primo e nell'ultimo versetto abbiamo boskein (tradotto ora dalla CEI con "pascere", che e' davvero brutto) e nel secondo si trova poimainein (reso con "pascolare", anche qui per migliorare la versione vecchia che aveva sempre "pascere"). Di nuovo, c'e' una differenza? In questo caso siamo aiutati da un passo di Filone, che, in uno dei suoi trattati (Quod deterius potiori insidiari soleat 25), distingue fra boskein, che indicherebbe "pascolare" nel senso di "dar da mangiare", e poimainein, che invece andrebbe preso nel senso di "condurre al pascolo, governare". Per Filone, che si occupa di come la ragione dovrebbe tenere a freno i desideri, il primo significato e' negativo e il secondo positivo, ma non sono del tutto sicuro che questo ragionamento sia applicabile anche a Gv 21. Anche in Filone la metafora pastorale ha chiare risonanze politiche e non va dimenticato che Gesu' affida a Pietro un ruolo "politico". Nell'antichita' ci si aspettava che un "buon" sovrano non solo desse ordini, ma che si preoccupasse anche del benessere (spesso nel senso piu' materiale del "dar da mangiare") dei sudditi. Direi che anche questo e' il tipo di autorita' conferita a Pietro e il cambiamento dei verbi serve a sottolineare che entrambi gli aspetti devono essere compresenti: il governo e la preoccupazione per il benessere dei sottoposti.

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