martedì 6 aprile 2010

Lavanda dei piedi o eucaristia?

In uno dei post precedenti ho parlato brevemente del problema relativo alla datazione dell'Ultima Cena di Gesu': un'altra interessante questione legata al capitolo 13 del Vangelo di Giovanni e' quella dell'assenza di un racconto dell'istituzione dell'eucaristia nel punto in cui chiunque se lo aspetterebbe e dove gli altri Vangeli canonici riportano le frasi pronunciate da Gesu' sul pane e sul vino. E' molto difficile che l'assenza sia casuale dal momento che praticamente tutti gli studiosi ritengono impossibile che Giovanni non conoscesse questa tradizione: se anche l'autore del Vangelo non aveva letto nessuno dei Sinottici, di certo doveva almeno conoscere le parole della consacrazione visto che il rito, con i testi che vengono ripetuti nelle chiese ogni domenica, e' gia' citato da Paolo nella Prima lettera ai Corinzi, uno scritto che precede di alcuni anni tutti i Vangeli.
Perche', quindi, Giovanni non menziona la cosa? Esistono molte opinioni differenti, ma ne cito qui tre che a me sembrano le piu' significative. Anzitutto, Rudolf Bultmann, il piu' influente interprete di Giovanni nel ventesimo secolo, riteneva che tutto il Vangelo fosse un testo decisamente anti-sacramentale: di conseguenza, l'autore avrebbe volutamente "nascosto" l'eucaristia per dimostrare la sua importanza secondaria per la fede del cristiano. Contro Bultmann, reagi' gia' anni fa un altro famoso esegeta, Oscar Cullmann, che riteneva invece il Vangelo di Giovanni un testo totalmente sacramentale, pieno di riferimenti al battesimo e all'eucaristia: per Cullmann, quindi, Giovanni non racconta l'istituzione perche' vuole diminuire il valore dell'eucaristia, ma al contrario per esaltarla. In questa prospettiva, la lavanda dei piedi sarebbe messa li' per manifestare il significato piu' profondo, di donazione assoluta, del sacramento.
Una terza possibilita' mi pare particolarmente stuzzicante: anni fa, un altro grande studioso, Joachim Jeremias, suggeri' di vedere in Gv 13 un esempio di quella che viene tecnicamente chiamata "disciplina arcani". Si tratta di un precetto tipico delle religioni greco-romane, in particolare di quelle misteriche, che proibisce agli iniziati di parlare dei riti compiuti all'interno del gruppo religioso di cui fanno parte. Questa possibilita' si adatterebbe molto bene all'eucaristia che in effetti costituisce il cuore della liturgia cristiana e a cui ancor oggi sono ammessi a partecipare solo coloro che sono stati completamente iniziati. Alcuni anni fa, in un libro molto bello su Giovanni dal titolo "Come nasce una religione", l'esegeta italiano Mauro Pesce e l'antropologa Adriana Destro hanno proposto di leggere l'intero Vangelo come un grande percorso inziatico che porta il lettore, identificato con i discepoli di Gesu', da una condizione originaria di estraneita' fino ad essere pienamente parte del piccolo gruppo di eletti. Nella ricostruzione di Pesce il capitolo 13 e il "rito" della lavanda dei piedi che viene descritto li' occupano una posizione chiave, perche' da quel momento in poi lo stile del racconto cambia radicalmente, non ci sono piu' scontri con il mondo esterno, ma Gesu' si rivolge ormai solo ai discepoli. Anche questa lettura mi sembra portare qualche conferma all'ipotesi che spiega l'assenza dell'eucaristia come un caso di "precetto del silenzio".

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