L'articolo, che certo brilla per chiarezza e sinteticita', si apre con una densa descrizione del modo in cui i cristiani hanno interpretato la Bibbia ebraica: praticamente tutto quello che si legge la' veniva considerato profezia e prefigurazione di Gesu' Cristo e della Chiesa. Queste lettura, e appropriazione, del testo sacro ebraico e' rimasta prassi normale dei cristiani fino all'eta' moderna. Successivamente, l'avvento del metodo storico-critico ha permesso di capire che gli autori della Bibbia ebraica non sapevano niente della "cristologia" e che le esegesi cristiane andavano respinte come forzature. Ludemann non ha certo peli sulla lingua (ringrazia senz'altro il metodo storico-critico per averci "liberati dal manicomio cristologico"), ma non aggiunge molto di nuovo: cita, ad esempio, il famoso caso di Isaia 7:14, in cui il profeta annuncia la nascita di un bambino da una "giovane donna" (almah) e non da una vergine (bethulah). Su questo ricordo una divertentissima esegesi di Gerolamo (uno dei pochi grandi interpreti cristiani che sapeva qualcosa di ebraico), che si arrampica sui vetri per spiegare che Isaia non intendeva quello che e' scritto nel testo.
Ludemann come al solito va nella giusta direzione, ma le sue conclusioni mi lasciano sempre vagamente insoddisfatto. Mi sembra che, quando parla del metodo storico-critico, lui pensi che solo quello e' "vero" e "giusto": si tratta di una forma di positivismo che, come dicevo l'altro giorno a lezione, rischia di generare solo un altro tipo di fondamentalismo. Secondo me, la superiorita' del metodo moderno va ricercata altrove. Se voglio dire qualcosa sul significato di bethulah usando il metodo storico-critico devo argomentare indicando una fonte qui, un documento la' e cosi' via: il tutto deve essere verificabile e aperto alla discussione. La lettura cristologica, invece, si fonda su una rivelazione (di Dio, dello Spirito, del papa o cosi' via): il tutto e' molto soggettivo e in fin dei conti autoritario. Cio' non vuol dire che le analisi teologiche siano "false", ma la mia preferenza va al metodo storico-critico, perche' alla fine e' il piu' democratico.
5 commenti:
1) Non bisogna tralasciare il fatto che Matteo faceva uso della LXX (dove troviamo "parthenos")
2) Nel tuo post dovresti invertire "almah" (= giovane donna, tradotto dai Settanta con "parthenos") con "bethulah" (= vergine). Lapsus freudiano? ;)
Grazie! Hai ragione, si vede che la mancanza di sonno fa brutti scherzi.
Come un po' dice Elijah, non è che il "metodo antico" avesse per forza Dio alla fonte di ogni cosa. Vi sono appunto dei veri e propri errori di fondo, a mio avviso almeno, classico è quello intanto di avvalersi di traduzioni (la LXX al posto del testo ebraico), l'uso di manoscritti filologicamente non accurati (interessante ad esempio confrontare il testo che usa Giustino nel suo Dialogo con Trifone, intriso di citazioni bibliche e appunto di uso in senso cristologico di tale citazioni antiche), il citare solo le porzioni di testo che servono e, soprattutto, il rigettare qualunque opinione che non sia congruente con la propria. Diciamo la verità, si trattava appunto di apologia, come quando davanti a fatti economici/politici ecc... particolarmente complessi si citano solo i dati o i sondaggi, magari estrapolati ed estraniati dal loro contesto, che fanno comodo. Il caso di Isaia 7,14 è emblematico, se uno estrae una riga da un testo lungo e particolarmente complesso, è chiaro che può leggere quello che vuole (e poi παρθενος nello stesso greco biblico e in generale in greco mica significa soltanto "vergine", nè che la donna che ha sta partorendo lo stia facendo da vergine).
Caro G.,
grazie per la bella osservazione: non sono sicuro che questo sia il pensiero di Elijah, ma non voglio parlare per lui.
Per quanto mi riguarda, io non parlerei di "errori" in un modo cosi' netto: in fondo qui si confrontano due ermeneutiche che hanno fondamenti radicalmente diversi. Giudicare sbagliata l'una sulla base dei principi dell'altra mi sembra esattamente quello che fa Ludemann e che io trovo insoddisfacente nel suo approccio.
Per esempio, noi scegliamo di adottare un approccio in cui viene data preminenza alla Bibbia ebraica sulla LXX, ma si potrebbe benissimo fare una scelta opposta, come in effetti fa molto consapevolmente Giustino. Cio' non vuol dire che le due scelte siano uguali, ma il giudizio va, io credo, formulato su basi differenti e non su criteri apparentemente assoluti di verita' o di errore.
Noi preferiamo la Bibbia ebraica perche' la consideriamo piu' antica (e motiviamo questo giudizio con una serie di prove verificabili e pubbliche), mentre Giustino preferisce la LXX perche' la considera piu' ispirata (e motiva questo giudizio con criteri del tutto inverificabili e soggettivi).
E' vero professore, a questo si potrebbe anche aggiungere che i manoscritti masoretici sono tutti ben posteriori agli stessi codici cristiani della LXX. Il problema è che nel caso specifico di Is. 7,14 il rotolo di Isaia di Qumran (quello più grande, databile ad almeno un paio di secoli prima dell'era cristiana), riporta 'almah. Penso anche che una lettura consapevole del testo, anche nella sola versione/traduzione italiana renda bene l'idea più ovvia, cioè che l'Emmanuele altro non sia che uno dei due figli del profeta Isaia e niente affatto una figura messianica. Ne ho discusso a lungo con un amico ebreo e direi che mi ha proprio convinto su questo punto. Non vorrei comunque sembrare un "demolitore", tengo a precisare che sono un cattolico praticante anche se mi piace esaminare a fondo certe questioni.
Cordiali saluti e grazie per la sua attenzione.
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