martedì 29 settembre 2009

Settima lezione apocalittica

Oggi ho avuto un'ottima discussione con il mio piccolo gruppo di studenti sul Quarto libro di Ezra, che e' uno dei piu' importanti apocrifi dell'Antico Testamento. Il cosiddetto (per brevita' concedetemelo) 4 Ezra e' stato probabilmente scritto in ebraico, o forse anche in greco, alla fine del primo secolo, piu' o meno negli stessi anni in cui si pensa sia stata scritta l'Apocalisse di Giovanni. Purtroppo l'originale non si e' conservato, ma in questo caso siamo stati molto fortunati perche' il libro deve essere piaciuto moltissimo ai cristiani dell'antichita' e infatti possediamo un numero davvero strabiliante di traduzioni, in latino, in siriaco, in etiopico e perfino una, molto importante, in armeno (se volete leggere una buona traduzione italiana di questo scritto, ne trovate una molto bella nella collezione di "Apocrifi dell'Antico Testamento" curata da Paolo Sacchi). In Europa occidentale il testo ha avuto una grandissima influenza perche' compare in molte Bibbie latine ed e' sicuro che alcuni dei suoi tratti piu' caratteristici abbiano dato lo spunto per diverse opere letterarie: un esempio e' certamente quello della descrizione dell'inferno, che compare per la prima volta nel 4 Ezra e ha poi avuto un successo straordinario, come sappiamo, nella letteratura italiana medievale.
4 Ezra ha tutto quello che si potrebbe aspettare da un'apocalissi: visioni molto strane (c'e', per esempio, una donna che piange il figlio morto prematuramente e poi all'improvviso si trasforma nella citta' di Gerusalemme!), un'apparizione del "figlio dell'uomo" (che pero' in questo caso emerge dal mare), un angelo che scende a spiegare le visioni ad Ezra e perfino l'intrigante particolare che Ezra deve mangiare "fiori" per sette giorni per poter ottenere le sue rivelazioni.
E' un'altra, tuttavia, la cosa piu' notevole del 4 Ezra: per buona parte del testo il veggente, Ezra, anziche' accettare supinamente il giudizio di Dio sulla storia e il destino dell'umanita' contesta in modo molto incisivo le decisioni che gli vengono presentate dall'alto. A tratti questo atteggiamento ricorda quello che si trova nei libri piu' "problematici" della Bibbia ebraica: Giobbe o Qohelet, per esempio. Ezra si chiede come mai Israele, il popolo eletto, debba soffrire cosi' tanto e come mai cosi' tanti esseri umani siano stati creati solo per essere condannati alla dannazione (Dio avrebbe potuto organizzare tutto un po' meglio). La risposta dell'angelo Uriele e' ancora piu' sconcertante: la mente umana non puo' arrivare a capire certi misteri e quindi bisogna obbedire alle visioni senza porsi troppe domande. Mi sembra un libro decisamente interessante per un lettore moderno.

4 commenti:

Bruno ha detto...

Complimenti a Ezra, paladino del pensiero democratico ante litteram, battagliero dell'antidogmatismo. E le parole dell'angelo Uriele ricordano tanto il pensiero di Sant'Agostino: interessante - e soprattutto onesto - il suo riferimento all'impossibilità di comprensione razionale del disegno divino.

Bruno ha detto...

Complimenti a Erza, paladino del pensiero democratico ante litteram e sostenitore battagliero dell'antidogmatismo imperante. E l'angelo Uriele, con le sue parole, ricorda il pensiero di Sant'Agostino sull'impossibilità della comprensione razionale del disegno divino. Una chiave di lettura interessante e moderna, come dice lei Bazzana, ma soprattutto, direi io, onesta.

Luca ha detto...

Il confronto con Giobbe e Qohelet è piuttosto intrigante. Che la letteratura apocalittica del dopo esilio segnasse un passaggio teologico importante dal retribuzionismo (tanto caro al deuteronomista) alla sofferenza 'incomprensibile' (o almeno dovuta alla cattiveria altrui) si sapeva. E allora Qohelet? E Giobbe? postdatiamo o retrodatiamo? :)
O anche noi, come come Esdra, siamo chiamati a contemplare senza necessariamente cedere alla tentazione di impacchettare tutto in compartimenti stagni?
un caro saluto Giovanni :)

Giovanni Bazzana ha detto...

Meglio non impacchettare! ;)