venerdì 15 aprile 2011

Giudaismo e cristianesimo secondo Amy-Jill Levine


Il magnifico blog "Women in Theology" postava un paio di settimane fa un video di una conferenza di Amy-Jill Levine, professore di Nuovo Testamento alla Vanderbilt Divinity School, dedicato al tema delle relazioni fra giudaismo e cristianesimo con particolare attenzione alle loro Scritture (sempre dallo stesso blog, per chi fosse interessato, segnalo anche una notevole critica al nuovo volume du Gesu' di Ratzinger e una serie di post in difesa di Elizabeth Johnson, la teologa della Fordham University un cui libro e' stato recentemente censurato dalla Conferenza episcopale degli USA e di cui si e' parlato, molto a sproposito, su alcuni blog italiani negli scorsi giorni).
Levine certamente si distingue nel panorama degli studi neotestamentari per la incisivita' delle proprie posizioni: anche in questo caso, cio' che dice non puo' che risultare convincente. Con tono lieve, ma sicuro, Levine mostra come il modo in cui, di recente, le chiese cristiane hanno cercato di avvicinarsi al giudaismo non sia altro che una nuova forma di assimilazione. Questo e' vero tanto per l'abitudine (diffusa ormai anche in Italia) di celebrare il Seder pasquale nelle chiese quanto per l'uso accademico di chiamare l'Antico Testamento "Bibbia ebraica" (mentre e' vero che i due termini non sono affatto intercambiabili: basta dare un'occhiata alle traduzioni di Is 7:14).
Tuttavia, c'e' un aspetto per cui il ragionamento di Levine mi sembra limitato: nel mondo non esistono solo istituzioni ecclesiastiche, ma anche singoli credenti. La separazione netta fra tradizioni giudaiche e cristiane che sembra piacere a Levine puo' rivelarsi una costrizione soffocante per le persone che vivono la loro esperienza religiosa "a mezza strada" e scelgono di leggere i loro testi sacri in modi che magari non sono quelli della maggioranza.
Non e' un caso, credo, che le interpretazioni di Levine divengano piu' problematiche verso la fine della sua lezione, quando il nodo della "salvezza" viene al pettine. Per esempio, al famigerato Gv 14:6 (che presenta Gesu' come l'unica via) Levine oppone la famosa scena di giudizio in Mt 25:31-46, in cui sembra che siano gli atti di carita' a essere il criterio decisivo. Pero', bisogna ricordare che il testo matteano dice che sono le azioni compiute verso i "fratelli" ad essere ricompensate: da questo particolare molti interpreti hanno ricavato la conclusione che a contare e' solo quello che viene fatto ad altri cristiani. Chi ha ragione?
Levine conclude la sua discussione con la suggestiva immagine delle rotaie che si incontrano, ma proprio questa "visione" di parallelismi convergenti si fonda sull'idea che giudaismo e cristianesimo siano due realta' essenzialmente separate e distinte. In realta', le due tradizioni (le "rotaie") sono costruzioni di uomini e donne che hanno bisogno di queste narrazioni per vivere le loro esperienze religiose. Invece, giudaismo e cristianesimo sono piuttosto due galassie che si sovrappongono, si intersecano e spesso risultano indistinguibili. I singoli esseri umani si posizionano su questo spettro in punti diversi e senza che sia possibile, se non a posteriori e in modo artificiale, dividerli nettamente in due gruppi distinti.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Giovanni, bel post (piuttosto denso però!).
Stabilire cosa significhi credere o aderire ad una confessione è impresa ardua: tu stesso lo rimarcavi tempo addietro in un post. Non credo però sia da sottovalutare la prospettiva dei vertici delle istituzioni ecclesiastiche: storicamente esse hanno sottolineato soprattutto i caratteri formali e disciplinari delle confessioni. Questo è stato probabilmente un loro punto di forza nel conservarsi come entità potestative in grado di ricoprire un ruolo nella società e di relazionarsi (anche in posizione vantaggiosa) con altri poteri. Il più delle volte l’eterodossia è stata definita dall’alto, ma dal puno di vista odierno certe “etichette” hanno valore più per definire l’atteggiamento di chi le apponeva che la sostanza di chi era “etichettato” o ereticato. Senza tirare in ballo movimenti di cui si è proclamata la pericolosa esistenza senza che i diretti interessati ne sapessero nulla, confrontavo in questi giorni le vicende dei cosiddetti modernisti con un episodio accaduto in Germania, dove ora vivo. Qui, due mesi fa, 250 professori di facoltà teologiche pubbliche (ma nominati dai vescovi cattolici secondo le norme vigenti) hanno pubblicato un Memorandum rivolto al papa e alla Conferenza episcopale tedesca (DBK) in cui auspicavano in primis riforme dottrinali e disciplinari e rivendicavano in secondo luogo maggiore libertà di esprimere, nei loro corsi universitari (di teologia, storia eccl. e diritto canonico), posizioni diverse rispetto a quelle dottrinali, senza rischiare di perdere il posto. Il peso di quei 250 professori (appoggiati da buona parte dell'opinione pubblica: persino esponenti del partito governativo CDU si sono schierati) unito al tradizionale legame con l’accademia che garantisce un perdurante influsso alle chiese tedesche, non è evidentemente cosa da poco: quella che – chi può dirlo? – sotto Pio X sarebbe stata una scomunica, si è risolta in un silenzio della Curia romana ed in un significativo "abbiate pazienza, ascoltiamo le vostre osservazioni, ma la Chiesa ha i suoi tempi" lasciato diplomaticamente esprimere ai parroci dalla DBK. Questo mi ha fatto riflettere su quanto i meccanismi di inclusione/esclusione possano essere arbitrarii e labili: più che le concezioni teologiche sono spesso i rapporti di forza contingenti a essere determinati.

Per quanto riguarda le valutazioni a posteriori invece, molto dipende dalla prospettiva: facendo di nuovo un balzo indietro il libro di Pesce su cui ti chiedevo un parere tempo fa, avvalendosi di strumenti propri delle scienze sociali ricolloca il “giovannismo” nel "sistema religioso ebraico" nonostante i caratteri esclusivi e a tratti antigiudaici del Gesù del IV vangelo. Per dire quanto siano soggettive, seppure utilissime, certe categorie...
Un saluto,
Etienne

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Etienne,
grazie per questo importante commento. Trovo che la prospettiva "istituzionale" sia del tutto legittima (e' quella in cui si pone anche Levine, direi), ovviamente fino al punto in cui si mescola alla politica e diventa imposizione violenta.
Come dici tu, il discorso storico e' altra cosa: le categorie che utilizziamo vanno valutate in ragione della loro utilita'. Il tuo esempio (Pesce su Giovanni) e' interessante, in quanto e' evidente il vantaggio insito nel fatto di comprendere il Vangelo come un testo religioso giudaico. D'altra parte, si possono vedere anche dei possibili rischi in questa posizione: potrebbe diventare un'apologia per il carattere anti-giudaico del Vangelo o un modo per nasconderne il filo-imperialismo.

Hai ragione anche sulla densita': spero che sia dovuta piu' all'eccesso di pensiero che alla sua confusione ;)
Buona Pasqua!

Sonja ha detto...

Thanks, on behalf of WIT, for the compliments!

Giovanni Bazzana ha detto...

Dear Sonja,
reading WIT is my pleasure.
I wish you and the others a happy Easter.

Fabio ha detto...

Ciao Giovanni e complimenti per il tuo ottimo blog che ho letto varie volte e sempre con interesse. Non ho mai scritto prima - sono solo un appassionato dilettante - ma questa prossimità/differenza tra giudaismo e cristianesimo mi stuzzica molto ! Non credi che ragionare in termini di puro/impuro o, al contrario, di bene/male apra già una notevole distanza ? e che dire dell'interpretazione dell'essenza umana: originariamente peccaminosa o esente da una macchia originaria ? esiste in questi termini una continuità ideologica tra enochismo-essenismo-qumranesimo e cristianesimo, ma si può dire lo stesso del giudaismo rabbinico ?
Grazie per l'attenzione e un caro saluto.

Fabio ha detto...

Aggingerei che oltre al tuo "separazione dal giudaismo" che verte però unicamente sulle norme alimentari, ho trovato un vecchio scritto di Daniel Pipes, di cui non condivido l'afflato bellicoso, ma che trovo interessante per quanto dice su somiglianze e differenze fra i tre monoteismi. Si trova qui: http://www.danielpipes.org/160/the-jewish-muslim-connection-traditional-ways-of-life Fra l'altro ho scoperto, cosa che non sapevo, che sia nel giudaismo che nell'islam quando si sveglia l'uomo è in stato di impurità... e non so bene che senso dare a questo status. Il sonno rende impuri ? perchè ? La dimensione non cosciente contamina ? o si deve dare al termine 'impuro' l'antico senso di 'affine al sacro' (vedi Paolo Sacchi...)

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Fabio,
grazie per i tuoi complimenti e molte scuse per il ritardo della mia risposta.
Se ho capito bene quanto mi chiedi, ti interessa la distinzione fra giudaismo e cristianesimo: si tratta di un problema storiografico non da poco!
In principio, mi rifarei a quanto dicevo sopra rispondendo ad Etienne: le categorie che usiamo nel distinguire i fenomeni chiamati giudaismo e cristianesimo devono provare la loro utilita' per dimostrare di essere valide. Prendi, come esempio, la distinzione a cui tu accenni fra un ordine basato su principi etici (bene/male) e uno basato sulla contaminazione (puro/impuro): siamo sicuri che queste categorie ci aiutino in qualche modo o non sono piuttosto degli ostacoli alla nostra comprensione?
Questa opposizione fra etica e ritualita' e' stata usata spesso nella storia cristiana in funzione polemica contro il giudaismo, ma anche internamente (dai protestanti contro i cattolici). Proprio questi ultimi casi mostrano bene che il cristianesimo, lungi dall'essere puramente "etico" come si vorrebbe far credere, ha al suo interno ampi spazi in cui la dialettica puro/impuro appare fondamentale.
La "distanza" di cui parli, nei decenni (e forse anche nei secoli) piu' antichi, appare nulla al punto che, dal punto di vista storiografico, mi sembra piu' opportuno non parlare di due tradizioni separate, ma di un continuum che ricomprende diversi punti di vista.

P.S. Purtroppo non riesco a vedere il link che mi hai mandato, ma non ho mai sentito parlare di una cosa del genere (puo' essere ignoranza mia: non sono cosi' esperto). So che e' possibile incorrere in impurita' durante il sonno se vi sono emissioni di liquido seminale, ma non di una cosa sistematica.

fabio ha detto...

Caro Giovanni, grazie per la risposta molto interessante. Aggiungo, per chiarirti meglio i dubbi che mi tormentano (!) che, cercando la definizione di ‘Hadath’ - l’impurità rituale islamica -, ho trovato che può essere causata anche da “sonno profondo, svenimento, perdita di coscienza…” (Wikipedia) e ho trovato anche una preghiera ebraica da recitare appena svegli quando, appunto, si è in stato di impurità. Questo suggerisce una contaminazione durante uno status di incoscienza, contaminazione che però non dovrebbe contenere disvalori di tipo etico.
Con Paolo troviamo invece che la dimensione non consapevole – direi che è un’antica e chiara definizione dell’inconscio – coincide con la peccaminosità “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto” (Romani 7, 15) e “Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me” (Rm 7, 20).
Allora tra “contaminazione” ed “etica” sembrerebbe esserci una differenza (molto moderna) sulla considerazione che le tre religioni monoteistiche hanno maturato verso l’inconscio o, comunque la si voglia chiamare, verso la dimensione non consapevole dell’essere umano (ci possiamo intravedere una definizione di ‘sacro’ ? ). In questo senso mi sembra di intuire una profonda divergenza di opinioni tra ebraismo e cristianesimo, al di là dei molti tratti comuni.
p.s. scusa la prolissità !!! e provo a rimandarti il link
http://www.danielpipes.org/160/the-jewish-muslim-connection-traditional-ways-of-life

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Fabio,
grazie per le precisazioni.
Ovviamente, non ho nulla da obiettare a quanto dici, se non per ribadire due questioni di metodo che mi stanno assai a cuore.
La distinzione che tu proponi e' (come dici tu stesso) un prodotto dell'epoca moderna e come tale mi chiedo quanto sia utile per lo studio dell'antichita'. In secondo luogo, e' problematico essenzializzare le caratteristiche che tu indichi: per esempio, anche se Paolo ha una certa posizione, essa non rappresenta il "cristianesimo" ne' al suo tempo ne' in seguito.
Ciao