giovedì 31 marzo 2011

Immaginazione "storica"


Diverse settimane fa, sul blog di Joahnnes Weiss, ho trovato questa bella e scherzosa recensione di una articolo di James Charlesworth, professore del Princeton Theological Seminary e studioso di grande fama, su Giovanni il Battista. Vi consiglio di dare un'occhiata ai commenti, perche' dal post e' derivata un'interessante discussione sulla metodologia storica.
E' indubbiamente vero che la ricerca storica liberata dalle "catene" positiviste, deve riconoscere il ruolo essenziale giocato dall'immaginazione dello storico nella ricostruzione del passato (e questo e' tanto piu' vero quando si ha a che fare con l'antichita', per cui le fonti sono cosi' scarse). Giustamente, uno dei commentatori menzionava il caso della scuola francese delle Annales, per cui proprio l'immginazione permette di ricostruire le vicende di quella maggioranza della popolazione che, in epoca medievale, non aveva controllo sulla composizione delle fonti scritte. Un altro caso e' quello della storia delle origini cristiane riscritta, negli ultimi anni, in chiave femminile da studiose che hanno fatto lo sforzo di immaginare "voci" femminili in quei testi che, sotto l'influenza di una secolare tradizione interpretativa patriarcale, venivano letti di default come opere di maschi. Allo stesso modo, nell'ultimo post, che ho scritto purtroppo alcune settimane fa, ho ripreso uno studio che dimostra come una lettura diversa di una pericope evangelica sia del tutto plausibile (o "immaginabile") ancora contro un'altra inveterata tradizione di oscurantismo e pregiudizio.
Mi pare che questi esempi chiariscano anche dove sta la differenza nel giudicare l'uso di questa immaginazione storica. Nei casi precedenti, l'obiettivo e' stato quello di moltiplicare le possibilita' di lettura di un testo, appunto dando "voce" a chi, per varie ragioni storiche, ne era stato privato. Al contrario, un intervento come quello di Charlesworth, con la sua fantasiosa biografia di Giovanni, non fa altro che ridurre le possibilita' di comprensione, inscrivendo (o "reificando", come si dice quando si vuol fare un po' di scena) nella vicenda del Battista un'opposizione, altrimenti puramente teologica, fra particolarismo e universalismo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Trovo l'argomento di grande interesse e mi imbarco in una "sentita" riflessione. Ho scelto di fare della storia il mio lavoro, e forse anche qualcosa di più. Proprio perché amo questa disciplina ho imparato anche a metterne in questione la legittimità (ma questo è merito dei miei maestri). Ognuno è libero di porre le ipotesi storiche che vuole e svilupparle. In un mondo dove tuttavia i fondi pubblici per l'indagine storica vanno man mano riducendosi (e non solo in Italia purtroppo) il rischio è quello che gli studi siano, come era in passato, sempre più condotti da chi se lo può permettere di suo (negli studi biblici si prendano ecclesiastici esempi di ecclesiastici come Meier o Penna che hanno la loro legittima prebenda e possono finanziarsi) o da chi riceve il patrocinio di qualche ente interessato a promuovere talune ricerche (in Germania ad esempio gli studi biblici universitari sono finanziati dalle chiese che certo promuovono studi a dovere, salvo poi qui pro quod e licenziamenti tipo Lüdemann). Di fronte a questa che mi sembra una de-democraticizzazione della ricerca storica sarebbe secondo me giusto porre a monte di ogni studio i quesiti: a che serve? a chi serve? Fermo restando che ogni ricerca è comunque un tassello prezioso nella ricostruzione del passato, proprio la scuola de Les Annales ha forse allargato un po' troppo il cerchio e si è arrivati non solo a dare voce a chi non ha avuto in passato "penne, papiri e codici", cosa che mi sembra sacrosanta, ma anche a fregiare col titolo di storia studi che sembrano fatti solo per soddisfare curiosità e fantasia. E purtroppo la cosa non è poi così neutrale e indifferente. Perché lo sdoganamento di certe ricerche fantasiose in ambito universitario ha dato di recente occasione di deridere e banalizzare in sede parlamentare l'intera ricerca accademica (l'elencazione ironica di corsi universitari tipo "storia dell'alimentazone" è stata di fatto la premessa a tagli imponenti a tutto il settore compresi venerandi istituti storici). Concludo (con parole da giovane innamorato) dicendo che a volte sta anche a chi studia e insegna storia tenere alto l'onore della disciplina proprponendo ipotesi di ricerca che facciano davvero riflettere e valorizzino la funzione civile della materia. Ammesso poi che a certe classi dirigenti non faccia più comodo la ricerca "fantasiosa".
Mi scuso per la lunghezza, un saluto,
Etienne

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Etienne,
grazie per questa "sentita" riflessione. Sottoscrivo senza riserve l'appello per un'attenzione sempre viva alle implicazioni politico-culturali di qualsiasi tipo di ricerca storica.
Ciao.