giovedì 17 marzo 2011

Il centurione e il suo boytoy


Il Censore, sul suo blog, ha pubblicato qualche giorno fa un interessante post dedicato alla questione dell'omosessualita' nella Bibbia, letta in una prospettiva a cui non siamo certo abituati. Si tratta dell'esegesi di alcuni passi proposta da una chiesa americana come modo per opporsi alla banale equazione fra fede religiosa e discriminazione delle persone sulla base dei loro orientamenti sessuali.
Il primo passo proposto (la storia di un centurione che accosta Gesu' per chiedergli una guarigione, in Mt 8:5-13) e' stato di recente esaminato anche nel mio corso sul Vangelo di Matteo. Ho scoperto di aver proposto ai miei studenti la stessa chiave di lettura, prendendo spunto, pero', da un articolo pubblicato nel 2004 sul Journal of Biblical Literature (probabilmente la piu' importante rivista mondiale nel settore degli studi biblici) da Theodore Jennings e Tat-Siong Benny Liew, due professori del Chicago Theological Seminary. Il titolo del contributo e' "Mistaken Identities but Model Faith: Rereading the Centurion, the Chap, and the Christ in Matthew 8:5-13" ("Identita' malcomprese ma fede modello: rileggendo il centurione, il 'tipo' e il Cristo in Mt 8:5-13"). Come osserva anche il Censore, la questione centrale e' la traduzione del termine pais, che la maggioranza delle traduzioni rendono con "servo". I due professori di Chicago conducono un'analisi serrata e del tutto convincente del modo in cui Matteo usa questo e altri termini collegati, per arrivare a stabilire alcune interessanti conclusioni. La piu' importante qui e' che pais, in questa pericope, non puo' essere il semplice "servo" o "schiavo" (lo stesso Matteo usa un altro termine, doulos, per indicare questo al v. 12). Pais e', invece, probabilmente il giovane, elemento passivo di una relazione omosessuale, secondo un uso del termine che e' ampiamente attestato nella letteratura greca.
Tale interpretazione si adatterebbe perfettamente al contesto storico, in cui relazioni di questo genere (che erano, peraltro, assai comuni in generale) appaiono sovente presso i militari romani a cui la legge, fin dai tempi di Augusto, proibiva il matrimonio per il lungo periodo della ferma. Tra l'altro, una lettura di questo genere spiegherebbe anche in modo piu' adeguato come mai un centurione romano si umili fino al punto di chiedere aiuto ad un suddito ebreo: si tratta di un azione non certo di poco conto in un contesto sociale dominato dal valore dell'onore.
In alcuni casi, un'attenta ricerca storica puo' aiutare a riscoprire significati di un testo che secoli di pregiudizio avevano invece offuscato.

22 commenti:

domenico ha detto...

anche in Matteo 12:18 e 14:2 pais ha questa accezione omosessualistica?
e Luca 1:69 e 15:26?
Per non parlare di Luca 12:45 in cui gli schiavi (doulos) sono distinti in pais e in paidiske.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Domenico,
non so cosa voglia dire il termine "omosessualistica", ma, se non ha accesso all'articolo menzionato nel post, le posso riportare cosa dicono Jennings e Liew a propostio dei passi che lei cita.
Mt 12:18 e' una citazione da Isaia e quindi non e' appropriato utilizzarla per stabilire gli intenti redazionali di Matteo (lo stesso vale ovviamente per i passi lucani).
Mt 14:2, invece, e' molto interessante perche' presenta Erode che confida le sue paure ai "suoi" paides. E' difficile pensare che il re faccia una cosa del genere con dei semplici "servi": e' molto piu' coerente pensare che anche qui si tratti di qualcuno di piu' "intimo".
Saluti

domenico ha detto...

1) E' evidente che tra i servi o gli stessi schiavi ci fossero delle gerarchie di vicinanza rispetto al padrone o al re ma è del tutto arbitrario pensare che queste fossero dovute a ragione di legami "intimi".
C'erano semplicemente servi più capaci o più acculturati di altri che potevano stare più vicino al padrone e che soprintendevano alla casa, al palazzo e spesso agli affari o facevano da consiglieri.


2) in Luca 12:45 si legge che il padrone che torna a casa batterà servi (pais) e serve (paidiske); un chiaro esempio di pais usato senza nessuna accezione "intima" e di un caso in cui si trova sia doulos che pais ad intendere la stessa cosa.

Anonimo ha detto...

Premesso che non conosco il greco, anche a me la tesi di quell'articolo lascia un pò perplesso. Sono d'accordo che la citazione di un autore antico come Isaia possa essere inappropriata, ma Luca è un contemporaneo di Matteo,e quindi mi sembrerebbe corretto considerare i passi citati dal sig. Domenico.
Inoltre l'episodio del centurione è narrato anche da Luca: come mai lo stesso criterio non viene applicato anche per lui? Usa termini diversi che in italiano vengono tradotti comunque con la parola "servo"?
Simone

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Domenico,
onestamente non capisco come possa essere considerato "arbitrario" assegnare a un termine un significato che e' molto diffuso in tutta la letteratura greca antica e che si accorda in modo molto preciso con il contesto che si sta esaminando.
Peraltro, Lc 12:45 dice che il servo ("doulos"), a cui il padrone ha affidato l'amministrazione della casa in sua assenza, vedendo che il padrone tarda, picchia i paides e le paidiskai. Mi sembra molto chiaro che questi ultimi due termini sono utilizzati proprio per comunicare un senso di intimita' e di affetto, per cui l'azione dell'amministratore malvagio appare ancora piu' ingiusta (che e' poi anche il senso fondamentale dell'intera parabola dei vv. 42-46).
Saluti

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Simone,
non mi dilungo sulla questione della contemporaneita' di Matteo e Luca, ma mi permetto di osservare che la comparazione non dovrebbe essere limitata ai soli testi del NT, ma estendersi a tutti gli scritti greci del tempo (che in effetti e' quanto viene fatto da Jennings e Liew, i quali hanno raccolto una massa davvero ragguardevole di esempi dell'uso di pais nel senso del post).
In particolare, poi, Luca, nel passo parallelo molto probabilmente derivato da Q (7:2-10), usa doulos, che anche Matteo impiega quando vuole indicare un "servo" o "schiavo" in senso generico.
Saluti

Anonimo ha detto...

Grazie della risposta. Mi permetto un'ultima osservazione: se Luca nel passo 7:2-1 usa il termine generico "doulos", non significa forse che per lui quel servo non aveva alcuna particolare intimità col centurione? Cordiali saluti.
Simone

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Simone,
appunto, Luca scrive una storia differente rispetto a quella raccontata da Matteo e una storia in cui non si capisce perche' un centurione si sbatta tanto per un servo qualunque.
Ciao

Anonimo ha detto...

A Giovanni Bazzana:

un po' fuori tema, mi ricordo che in risposta a un mio post tu eri intenzionato a procurarti la traduzione dei Vangeli a cura di Giancarlo Gaeta nell'edizione Einaudi (esiste l'edizione con testo a fronte e una più economica che oltre a non averlo mi risulta che possieda anche un minor numero di note a margine). Volevo sapere se, dopo averla letta, potevi farmi sapere le tue impressioni e commenti al riguardo.

Ciao.

Michele

domenico ha detto...

In Luca 15:26 abbiamo di nuovo un servo chiamato pais:
anche stavolta dobbiamo immaginare che sia uno dei tanti boytoy (ἕνα τῶν παίδων) del fratello maggiore o era il boytoy anche del padre o più probabilmente era solo uno dei servi della famiglia?

Come spiegare lo "sbattimento" del Centurione per uno schiavo?
Nessuno dice che quello fosse uno schiavo qualunque; è evidente che il padrone gli era affezionato.
Ma l'affetto per caso è generato solo da motivazioni erotiche?
Spero tanto di no.

Johannes Weiss ha detto...

Ciao Giovanni,

lettura interessante. Mi sembra però doveroso sottolineare che - come ben sai - non è così sicuro che questo ἑκατόνταρχος (Mt) o ἑκατοντάρχης (Lc) fosse effettivamente un centurione romano. Diversi studiosi dubitano che ci fosse una presenza militare romana in Galilea, e interpretano pertanto il personaggio in questione come un ufficiale dell'esercito di Antipa, che poteva ben essere un pagano (così Chancey e Meier).
In alternativa, la presenza a Cafarnao di questo ufficiale romano potrebbe essere vista come quella di un "absentee landlord" occasionalmente tornato nella sua proprietà. E in effetti questa non mi pare una possibilità da buttare, anzi.

L'esegesi proposta mi sembra comunque applicabile anche nel caso di un militare gentile erodiano.

Indubbiamente se Gesù fu disposto a compiere azioni sorprendenti come andare in aiuto di un centurione romano, o di un ufficiale di Antipa, non dovremmo avere grandi problemi a concepire che egli non considerasse l'esistenza di una relazione omosessuale (almeno tra gentili) come un impedimento per la sua attività di guaritore.
E' ben possibile infatti che Gesù, dall'interno della sua ottica ebraica, trovasse perfettamente normale e prevedibile (quasi al limite dello stereotipo) che dei gentili si abbandonassero a pratiche del genere, che egli avrebbe invece giudicato con tutt'altro metro qualora praticate da suoi correligionari.

Johannes

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Domenico,
va bene, te lo concedo: pais e' usato da molti autori greci (e non solo da Luca) con il senso di "servo".
Peccato che questo non conti niente per quello che ci interessa visto che Matteo, in questi casi, usa sempre "doulos".
Comunque, andiamo avanti con le letture omofobe del passato, che di sicuro ci fanno stare piu' tranquilli.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Michele,
scusa per il ritardo, ma devo ammettere di non aver ancora visto la traduzione di Gaeta.
Comunque, dice qualcosa a proposito di come potrebbe essere reso questo passo?
Ciao

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro JW,
come l'articolo da JBL a cui mi riferivo, la prospettiva qui era limitata alla versione matteana dell'episodio, senza pretesa di dire qualcosa sul Gesu' storico.
Ovviamente, la tua osservazione e' piu' che corretta anche se onestamente (benche' la cosa sia possibile, come tu illustri molto bene) mi riesce difficile accettare che Q ponesse un centurione in Galilea. Da quanto scrivi, comunque, mi sembra di poter dedurre che tu consideri l'accenno giovanneo al "basilikos" come una correzione secondaria. Sono nel giusto?
Ciao e grazie.

Anonimo ha detto...

A Giovanni Bazzana,
purtroppo non ho quella traduzione sottomano, ma non mi sembra che traducesse "pais" in modo diverso da "servo" o "schiavo".

P.S.: Sono venuro a conoscenza di questa notizia http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-12888421 che parlerebbero della scoperta di inediti documenti ebraici risalenti al primo secolo cristiano. Non so se tu ne eri a conoscenza, aspettiamo comunque giudizi degli esperti sull'autenticità e sul loro contenuto.

Ciao.

Michele

domenico ha detto...

1) "andiamo avanti con le letture omofobe del passato, che di sicuro ci fanno stare piu' tranquilli".
Sta dicendo che chiunque non condivida l'interpretazione di Jennings e Liew (e quindi sua) è solo per questo accusabile di omofobia?
Quanti altri esegeti condividono tale interpretazione?

2) Lei dice che Matteo per intendere servo usa sempre doulos; le ho ricordato che Matteo chiama paides anche i servi di Erode. E' vero che questi servi hanno un rapporto di intimità con il re ma gli stessi Jennings e Liew devono escludere che in questo caso, visto il contesto e il plurale, ci siano implicazioni erotiche.

3) Cosa ne pensa della interpretazione dei due studiosi di Mat 8:8.
Le sembra degna della "piu' importante rivista mondiale nel settore degli studi biblici"?

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Domenico,
no, sto dicendo che un'interpretazione che rifiuta con argomenti pretestuosi e stiracchiati il suggerimento, piano e ben argomentato, di Jennings e Liew si inserisce perfettamente in un discorso omofobico e lo reinscrive rafforzandolo ogni volta che viene ripetuta.
E' impossibile, e comunque irrilevante a questo livello di analisi, per me stabilire se i singoli che propongono tali interpretazioni siano consapevoli della funzione che svolgono nel mantenimento dell'egemonia culturale.
Saluti

Anonimo ha detto...

Io ho una Bibbia (ed. C.E.I)nella quale i servi di Erode vengono chiamati cortigiani. E, a ben vedere, il termine "cortigiano" assume una sfumatura differente se usato al singolare anzichè al plurale. Semprechè l'uso di questo termine sia filologicamente corretto. Risulta in letteratura un uso del termine "pais" come "cortigiano" o è una libertà che si è preso il traduttore?

Anonimo ha detto...

Aggiungo che mi lascia un pò perplesso parlare di letture omofobe: in passato, qualcuno si era mai posto il problema di come interpretare il termine "pais" in quel passo?
Simone

domenico ha detto...

la ringrazio dott. Bazzana della sua composta risposta alle mie semplici domande.

Vorrei concludere ricordando che D. B. Saddington, un importante studioso di cose militari romane, ha demolito tutta la cornice storico/letteraria di Jennings e Liew in:
"The Centurion in Matthew 8:5–13:
Consideration of the Proposal of
Theodore W. Jennings, Jr., and Tat-Siong Benny Liew"
Journal of Biblical Literature
Vol. 125,No.1(2006).

Tolta quella cornice al ben argomentato articolo di Jennings e Liew resta molto poco.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Simone,
grazie per aver menzionato la traduzione CEI (mantenuta anche nel 2008!) di Mt 14:2. Questo mi pare un esempio perfetto di quanto si diceva. Il traduttore si rende conto che ne' "figli" ne' "servi" sono traduzioni che hanno senso nel contesto del passo e in rapporto all'uso matteano di questi termini. Pero', la CEI ha orrore della terza alternativa e allora tira fuori un "cortigiani" che "nasconde" bene il problema, ma non ha alcun legame con il greco (altri termini sono utilizzati per esprimere il concetto: "philoi", tanto per dare un esempio).
Tu ti dici perplesso quando parlo di letture omofobe, ma non ti pare questo un caso emblematico?
Come dicevo sopra, e' indifferente che il traduttore sapesse o non sapesse della terza alternativa per tradurre "pais" (molti dizionari, e certo non dei peggiori, non la menzionano nemmeno, benche' sia assai comune). Ma qual e' l'effetto prodotto da una traduzione di questo tipo se non quello di "tagliare fuori", in base ad un odioso pregiudizio, un intero settore dell'umanita'?

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Domenico,
la breve nota di Saddington merita certo seria considerazione, ma dire che demolisca "tutta la cornice storico/letteraria" del nostro articolo mi sembra a dir poco un'esagerazione (tanto piu' che Saddington pare dare una lettura eccezionalmente semplicistica dell'episodio: come se Matteo descrivesse davvero eventi avvenuti in Galilea al tempo di Gesu'!).
Comunque, anche accettando il punto di vista di Saddington, mi sembra che elementi fondamentali della tesi di Jennings e Liew rimangano intatti (ad esempio, la questione della coerenza narrativa della pericope o quella dell'uso matteano dei termini che vengono discussi).