venerdì 22 ottobre 2010

Canone e apocrifi secondo Hurtado


Alcuni giorni fa Larry Hurtado ha pubblicato nel suo blog un post sulla questione del canone neotestamentario e della diversita' nei primi secoli del cristianesimo. Come sempre, Hurtado e' da leggere, ma i conti non tornano proprio. Lo scopo del post e' mostrare che gli studiosi moderni credono di aver scoperto la diversita' senza accorgersi che gia' i cristiani "ortodossi" ci avevano pensato nel secondo secolo. Questo e' senza dubbio vero, ma mi pare difficile sostenere che qualcuno, nel secondo secolo, abbia pensato a valorizzarla questa diversita' e non a creare uniformita'.
Ovviamente, tutto ruota attorno alla questione del canone del Nuovo Testamento, che Hurtado definisce "inclusivo", e soprattutto al ruolo degli apocrifi, che secondo Hurtado non sarebbero stati "esclusi", ma sarebbero rimasti fuori perche' i loro autori non volevano mescolarsi con gli altri. Alla base di tutto c'e' una clamorosa "fallacia autoriale" (pretendere di sapere cosa intendeva fare l'autore di un testo, praticamente "leggere" i pensieri nella testi di qualcuno morto duemila anni fa), ma ammettiamo solo per un attimo che questo sia un punto di partenza accettabile. Gli autori dei testi canonici intendevano far parte di una collezione che avrebbe incluso anche i loro "colleghi"?
Basta guardare ai sinottici e la risposta appare subito negativa: Matteo e Luca riscrivono quasi interamente Marco e vorremmo sostenere che non lo volevano rimpiazzare? Oppure consideriamo il caso di Giovanni. Secondo l'opinione di una buona parte degli studiosi quasi tutto il Vangelo contrappone il discepolo amato (rappresentante della comunita' giovannea) a Pietro, che sarebbe il simbolo della chiesa proto-ortodossa e che fa praticamente sempre la figura dello stupidotto: il risultato e' un racconto in cui molti elementi sembrano fatti apposta per contraddire i sinottici (basta pensare alla purificazione del Tempio o a come viene raccontata l'Ultima Cena).
Hurtado naturalmente cita il Vangelo di Tommaso, che sarebbe "elitario" all'estremo e trasmetterebbe degli insegnamenti segreti di cui solo alcuni credenti sarebbero degni. La cosa e' assai opinabile (a me sembra che Tommaso si limiti a dare dei materiali che non sono preconfezionati e su cui ognuno deve lavorare duro per trovare la corretta chiave interpretativa), ma mi rimane difficile capire come Tommaso possa essere meno elitario di Giovanni, che considera i discepoli di Gesu' come non originariamente "di questo mondo" a differenza di tutti gli altri esseri umani.
In realta', il canone e' una creazione delle fine del secondo secolo, uscita dal genio polemico e teologico di alcuni Padri (in particolare, Ireneo), e, come tale, lo storico farebbe meglio a non proiettarla indietro ai tempi in cui molti di questi testi, canonici e non, furono redatti.

11 commenti:

Andrea R ha detto...

Parlando del canone del NT ne approfitto per farti una domanda: che ne pensi del frammento muratoriano? Ho letto quello che hai scritto riguardo alla datazione degli Atti e nel codice si parla di Luca come autore... è una posizione un po' di parte? Va considerato come una testimonianza dei primi libri ritenuti canonici e non ha un qualche valore storico nel senso moderno del termine?
La posto qui perché magari puoi riagganciarti per il discorso sul canone...

Anonimo ha detto...

A me di Hurado mi lascia perplesso il tuo tentativo di retrodatare una qualche concezione della divinità di Gesù,il cercare di proiettare qualcosa all'indietro è presente anche in questo tentativo descritto dal tuo post,come a dire,sembra quasi che Hurtado sia affetto da questa mania di proeittare all'indietro troppe cose.

Claudio

Anonimo ha detto...

Trovo sempre utile ragionare sul metodo prima che sui fatti. Anche per questo apprezzo molto questo sito. Riguardo all'argomento del post mi trovo d'accordo con Giovanni.
Una prima ulteriore considerazione da fare riguarda a mio avviso l'opportunità di non confondere l'uso liturgico con l'enucleazione di un canone. La fissazione di un canone presuppone infatti l'elaborazione di un'ortodossia che non può dirsi stabilita se non dopo i primi sinodi, in particolare dopo il 325. Altra premessa metodologica importante per chi si occupa di diritto, ma il discorso può valere anche per la liturgia, è distinguere tra rivendicazione, legislazione e realtà effettiva.
Un conto è infatti misurarsi con il parere di un teologo o di uno storico, per quanto autorevole (ad esempio Origine o Eusebio), altro conto è la fissazione di una norma con pretesa validità locale o universale. La volontà di escludere dei testi dell'uso liturgico (specie in collegamento alla "ereticazione" di comunità con differenti consuetudini) è abbondantemente testimoniata dalla metà del II secolo: ma quale fu la risonanza di tali rivendicazioni? (ci vorrebbe ad esempio grande prudenza pima di tributare valore "canonico" ad un codice dell'VIII secolo del quale, sebbene esso pretenda di datarsi al II secolo, non è documentata alcuna circolazione?)
Per l'attestazione di una una norma bisogna invece attendere, se non erro, l'ultimo quarto del IV secolo, con taluni sinodi a risonanza locale. Anche della famosa lettera di Damaso bisognerebbe verificare la diffusione. Stesso discorso vale per il canone veicolato dalla Vulgata, il cui testo non va immaginato come propagatosi immediatamente in tutte le chiese latine.
Da questi pochi accenni si capisce quanto io sia poco propenso a proiettare indietro nel tempo la successiva "figura ficta" del canone neotestamentario.
Saluti,
Etienne

Andrea R ha detto...

@ Etienne
Mi rendo conto che il problema del canone è estremamente complesso e proprio per questo cercavo delle delucidazioni sul frammento muratoriano. Come hai detto tu bisogna aspettare qualche secolo per vedere dei primi documenti "ufficiali" (come l'intesa trovata ai sinodi di Cartagine e Ippona, se non vado errando), e di conseguenza mi chiedevo quale valore avesse la testimonianza del codice. Si limita a riportare l'elenco dei libri in uso in quel momento? Quello che c'è scritto può essere letto in senso "storico" o è una versione un po' romanzata com'è il racconto della Chiesa delle origini contenuto negli Atti?

Anonimo ha detto...

C'è una cosa che noto sempre più spesso leggendo questi studi sul canone e sulla storia delle interpretazioni teologiche dei testi sacri. E' la somiglianza fra le problematiche che le chiese hanno passato nei secoli per fissare e interpretare i valori normativi dei testi sacri con le problematiche presenti nella storia della giurisprudenza, dove nelle varie epoche le varie comunità hanno più volte fissato e interpretato.

In vari casi si possono notare molte analogie (per esempio il non retroproiettare leggi nel periodo precedente alla loro stesura) e magari agli studiosi di storia delle religioni e chiese può far bene conoscere come hanno lavorato e lavorano gli studiosi di diritto, così si può comprendere come devono essere studiati i testi avente valore normativo come quelli religiosi senza compiere errori facilmente evitabili per chi conosce bene la natura di tali testi.

Ciao.
Michele.

Anonimo ha detto...

Per Andrea R.:
le mie precedenti considerazioni vertevano più che altro sul metodo. Non sono competente sul tema del canone biblico. Mi sono però occupato di diritto medievale negli ultimi anni e mi sembra una buona regola valutare sempre la tipologia del testo (normativo, narrativo, agiograico, liturgico etc), la sua tradizione manoscritta e quindi la sua ricezione e circolazione. Nel caso in questione sarebbe azzardato parlare di testo normativo (tutt'al più d'una memoria liturgica). Per la tradizione che io sappia c'è il solo manoscritto dell'Ambrosiana affiorato nell'VIII secolo. Circa la circolazione anteriore a tale data, infine, non sappiamo praticamente nulla. Mi arresterei molto prudentemente a queste conclusioni. Sul contenuto lascio a Giovanni ed agli altri il commento ché rischierei di addentrarmi in un campo per me alieno.
Per Michele: sono d'accordo con te sull'opportunità di avvalersi di metodi e strumenti propri degli studi giuridici anche per quelli biblici. Questi discorsi sul canone e sulla proiezione all'indietro di costruzioni posteriori mi hanno fatto tornare alla mente le classiche considerazioni di Stephan Kuttner sulla formazione di un altro canone, quello del diritto ecclesiastico, il quale, non tenendo conto della storia e del contesto delle singole norme sistematizzate, si sarebbe sostanziato in "a sublime disgred of history, or we may say, a primacy of reason over history".
Etienne

Anonimo ha detto...

addenda:ehm,mi volevo scusare con Giovanni per il mio posto,ho usato il pronome "tuo" a causa della fretta,ma io intendevo "suo" nel senso che era riferito non a Giovanni ma a Hurtado,tra l'altro,chissa' perche' ho usato "tuo" invece che "suo",forse per uno strano lapsus freudiano ho scambiato Giovanni per Hurtado :) :) :) Claudio

Giovanni Bazzana ha detto...

Cari amici,
grazie per le interessanti osservazioni.
Devo una risposta ad Andrea sulla questione del canone muratoriano. Anzitutto, non sto a ripetere quando gia' detto benissimo da Etienne: il documento emerge in un codice dell'VIII secolo ed e' privo di qualunque tipo di contestualizzazione. In piu' aggiungerei che il contenuto viene datato (alla fine del II secolo) solo in base allo stile del latino in cui e' scritto, che appare rozzo e popolare: e' chiaro che tale base e' estremamente fragile (anche per le nostre scarsa conoscenze sul latino popolare) e infatti non mancano studiosi che lo vorrebbero datare al IV secolo, per esempio.
Questo documento e' di certo "storico", nel senso che deve essere inserito nelle ricostruzioni storiche, ma mi sembra molto rischioso farne la pietra angolare della storia del canone come purtroppo avviene troppo spesso. Questo atteggiamento deriva da una certa impostazione che e' piu' dogmatica che storica. Il ragionamento e': se esiste un documento con un canone simile a quello che poi sarebbe divenuto "ufficiale", allora tutta la chiesa riconosceva l'autorita' di quella collezione di testi. Invece, il canone muratoriano testimonia le convinzioni di un gruppo o di un autore della fine del II secolo che e' molto vicino a quello che ci dice anche Ireneo. Che l'opinione di quest'ultimo non fosse condivisa da tutti lo testimonia il fatto stesso che Ireneo deve difenderla con grande calore nei suoi scritti.
(continua)

Giovanni Bazzana ha detto...

(continua dal commento precedente)
La questione dei rapporti fra lo studio dei testi religiosi e di quelli legali, sollevata da Etienne e Michele, e' di estremo interesse e vorrei poterne parlare di piu'. Da quando vivo negli USA un aspetto tutto locale della cosa mi impressiona non poco. Quasi tutti i costituzionalisti americano trattano la loro costituzione come il classico metodo storico-critico ha trattato la Bibbia: il testo e' presupposto come intangibile e perfetto, contenente in se' le soluzioni per tutti problemi a venire. Quando vengono suscitate delle nuove questioni, l'esercizio che si compie e' quello di cercare di capire che cosa intendessero i padri fondatori, estensori del documento. Come se alla fine del Settecento fosse stato possibile anche solo tematizzare problemi come quello dell'inseminazione artificiale o delle armi automatiche. La storicita' del testo e' del tutto dimenticata, mentre esso viene a tutti gli effetti sacralizzato in modo tale che si generano discorsi che sarebbero grotteschi se non avessero conseguenze tanto serie.
(continua)

Giovanni Bazzana ha detto...

(continua)
Un'ultima parola sulla perplessita' di Claudio, che ringrazio assai di avermi fatto l'onore di confondermi con Hurtado.
In effetti, la tendenza a retroproiettare e' sempre molto forte, anche perche' si tratta di uno degli strumenti principali della dogmatica. Quando si crea una novita' teologica la si attribuisce a una tradizione ininterrotta che e' storicamente indimostrabile e poco probabile. Metodo buono per la fede, ma meno per la storia.
Pero', nella questione specifica della cristologia, io penso che Hurtado abbia in parte ragione: non mi pare possibile che non ci fosse nessun gruppo cristiano che, fin dalle origini, avesse una cristologia "alta". Anche uno schema rigidamente evoluzionista mi sembra tanto anti-storico quanto quello basato sulla tradizione.
Saluti cordiali a tutti

Andrea R ha detto...

Grazie mille per la spiegazione :-)