lunedì 10 maggio 2010

Hector Avalos e l'analfabetismo biblico


Su Bible and Interpretation, Hector Avalos, professore di Studi Religiosi all'Universita' dell'Iowa, pubblica un provocatorio articolo dal titolo "In Praise of Biblical Illiteracy" ("Elogio dell'analfabetismo biblico"). Avalos e' un personaggio che merita di essere conosciuto, perche' alcuni anni fa ha scritto un eccezionale libro ("The End of Biblical Studies" - "La fine degli studi biblici") con cui ha messo il dito sulle molte piaghe dell'istruzione religiosa in America: va detto che la situazione e' molto diversa da quella italiana, ma anche che molte delle osservazioni di Avalos possono risultare utili per pensare alla direzione in cui si muovera' l'Italia nei prossimi anni su questo delicato fronte.
Secondo Avalos, esiste una contraddizione evidente fra la retorica della Bibbia come "il libro piu' letto al mondo" o "l'opera letteraria piu' grande dell'umanita'" e la constatazione che in effetti l'analfabetismo biblico regna sovrano e anche gli episodi piu' famosi sono mal conosciuti dal grande pubblico. Non c'e' bisogno di soffermarsi su questo punto, perche' anche il lettore italiano potra' aver fatto molte volte esperienza diretta di questo stato di cose. Da dove deriva la retorica quindi? Il richiamo generico alla Bibbia e' usato dalle chiese per trovare legittimita', dai politici per dare autorevolezza alle loro proposte e, perche' no?, dai professori per trovare posti di lavoro.
La soluzione proposta da Avalos e' quella di mettere fine alla separazione degli "studi biblici" come una disciplina autonoma e con regole speciali: la Bibbia andrebbe studiata con gli altri testi antichi del mondo greco-romano e con gli approcci che vengono normalmente usati nei dipartimenti di studi classici, di archeologia o di storia antica.
Molte delle osservazioni particolari di Avalos mi lasciano un po' perplesso, ma devo dire che sono completamente d'accordo con questa sua proposta. Anche l'esperienza italiana, seppure non a livello accademico, dimostra che qualcosa va assolutamente fatto per cambiare l'andamento attuale. Finora lo studio della Bibbia e' stato appaltato alla cosiddetta "ora di religione" con esiti deprimenti, se si considera che centinaia di migliaia di persone hanno preso come "verita'" il Codice Da Vinci. La necessita' di trovare una soluzione alternativa e' sotto gli occhi di tutti, ma dubito che si arrivera' mai a formare una volonta' efficace.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

La proposta di Avalos che tu condividi mi fa ricordare di aver letto,in Messori,questo: un professore francese di storia antica riteneva di aver dimostrato, usando la metodologia della sua disciplina, applicata ai Vangeli come fonte, l'attendibiltà storica della resurrezione di Cristo, nonostante i vangeli stessi presentino molte contraddizioni.
Io non ricordo il nome di questo studioso, ma tu certo sai chi è, e mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.
Mi sembra comunque che quel suo studio non abbia avuto gran diffusione, o sbaglio?
Grazie,

Marco

Tanzen ha detto...

Io non confonderei i piani: l'ora di religione delle superiori non è un corso di filologia biblica di livello universitario. Il problema credo risieda nell'ottica adottata per lo studio del testo biblico. Uno sguardo religiosamente orientato non potrà che essere più parziale di uno sguardo religiosamente indifferente, chiamiamolo "laico". Il problema risiede lì: la Bibbia non è l'Odissea. A differenza del poema omerico nel Dio biblico ci crede almeno 1 miliardo di persone. La cosa va presa con le pinze. Lo sguardo laico deve lavorare etsi Deus non daretur e deve essere quanto più scientifico possibile perché finalizzato ad una indagine filologico-storica-letteraria-filosofico ecc ecc del testo biblico. Lo sguardo religioso - e ahimè con esso la ricerca "scientifica" orientata religiosamente - vi cercherà le prove della propria fede, le conferme. Il secondo sguardo ha quindi un fine ultimo diverso dalla ricerca della verità perché presuppone che la verità sia già assodata e che l'esegesi biblica serva solo a meglio comprenderla.
Quanto all'analfabetismo religioso credo che, nei paesi cattolici, dipenda in massima parte dalla cultura religiosa stessa che ha visto per secoli il popolo rifarsi al clero per la comprensione e l'interpretazione della Bibbia. Aggiungiamo poi il fatto che l'ora di religione è nulla più che una pippata colossale in stile catechismo con una aggiunta di terzomondismo e di valorizzazone del dialogo religioso e avremo completato il quadro.
Per come la vedo io credo che un passo necessario sia l'apertura - cosa che probabilmente non avverrà prima di 50 anni o più - di corsi di laurea ad indirizzo teologico-filosofico-storico che oggi sono, salvo rari casi non bene strutturati, completamente in mano alle facoltà teologiche pontifice. L'assenza di una teologia laica produce nel pubblico la convinzione che, per trattare certi fenomeni, si debba essere religiosi o atei incazzosi (penso a Odifreddi): quando in tv cominceranno ad apparire figure di teologi laici allora forse la gente perderà un po' di timore reverenziale misto a disinteresse e si avvicinerà alla Bibbia con interesse.

Luca Marulli ha detto...

Dear Giovanni, great to read your posts, always!

I'd like to point out to you an interesting debate over the resignations of the theologian Shafique Keshavjee from the University of Geneva. Please ss this article (that I encourage you to read: it's short!): http://www.tdg.ch/actu/suisse/critique-theologien-demissionne-faculte-2010-04-22 and also this one (to get another perspective): http://www.tdg.ch/actu/suisse/critique-theologien-demissionne-faculte-2010-04-22

Data la crisi che il settore attraversa, mi sembra che segnali di allarme (e rinnovamento?) stiano arrivando da tutte le direzioni....

un caro saluto a te e famiglia

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Marco,
grazie dell'osservazione, ma devo confessare che non so a chi ti riferisci: comunque, la cosa e' di certo vera, perche' quel professore non e' stato di certo l'unico ad aver preteso di confermare o negare la resurrezione attraverso l'uso del metodo storico (un esempio celebre di negazione e' quella di Ludemann, di cui ho parlato anche qui).
Io ho tuttavia una posizione decisamente diversa (e interpreto in questo senso anche la proposta di Avalos): e' necessario che si studi la Bibbia con serie metodologie scientifiche, ma e' altrettanto necessario che si riconoscano i limiti invalicabili di tali approcci, come nel caso della resurrezione che non puo' essere in principio ne' negata ne' confermata attraverso l'analisi storica dei documenti.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Tanzen,
grazie del contributo, ma devo dire che non mi sento di essere d'accordo quando dici che lo sguardo religiosamente orientato non possa essere altro che "piu' parziale" di uno scientifico. Entrambi sono parziali allo stesso modo e non credo che l'approccio scientifico possa ne' debba illudersi di poter raggiungere una oggettivita' impossibile.
Per quanto mi riguarda credo che l'insegnamento biblico o piu' generalmente religioso nelle scuole pubbliche debba essere svolto seguendo le metodologie proprie delle scienze religiose non perche' queste possano attingere la verita' meglio della teologia, ma perche' i metodi scientifici si prestano ad essere impiegati allo stesso modo da tutti indipendentemente dalle posizioni confessionali dei singoli (e sono certo che tu sai quanto bisogno ci sia oggi giorno di questo tipo di democrazia comunicativa).
Descrivi molto bene la condizione tragica in cui versa l'ora di religione cattolica: temo che li' non ci sia piu' niente da fare. Secondo me, soffre dello stesso problema che ha oggi il cattolicesimo italiano: non sa decidere se vuole essere religione civile o segno profetico nel mondo contemporaneo.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Luca,
grazie dell'apprezzamento e dell'articolo.
Confesso che non so abbastanza della situazione di Ginevra per poter esprimere un giudizio, ma ci terrei a dire che la proposta di Avalos (almeno per come la intendo io) si applica solo a una meta' degli studi biblici come li conosciamo oggi. Penso anch'io che dalla separazione fra questi approcci piu' "storici" e quelli piu' "teologici" non potrebbe che venire un beneficio ad entrambi.