Questo racconto ha sempre colpito la fantasia di tutti i lettori per la sua estrema tensione e per l'eccezionale richiesta che viene rivolta ad Abramo. Anche l'immagine di Dio che si spinge fino a domandare un sacrificio umano non e' poco problematica: non a caso il rabbino Carucci Viterbi, che ha parlato nella puntata di sabato, ha speso quasi tutto il tempo a illustrare il lavoro dei commentatori ebrei impegnati nel minimizzare gli aspetti piu' ripugnanti della storia (ad esempio, introducendo il tema del consenso di un Isacco adulto, che altrimenti tutti ci immagineremmo come un bambino che rischia di cadere preda della crudelta' di suo padre).
Devo dire che, nella puntata pasquale, Fulvio Ferrario, che e' professore alla Facolta' teologia valdese di Roma, ha avuto il merito di affrontare senza facili scappatoie le enormi questioni poste da Genesi 22. Per la tradizione religiosa da cui proviene, Ferrario si e' ovviamente rifatto alla famosa lettura della storia di Isacco elaborata nell'Ottocento da Kierkegaard. Per il filosofo danese, la richiesta rivolta da Dio ad Abramo rivela il carattere fondamentalmente "immorale" di ogni vera esperienza religiosa. Si badi che, in questo contesto, "immorale" va inteso nel senso che il comandamento divino non puo' mai essere messo al sicuro dentro i limiti di una legge o di un sistema codificato che permetta di vivere con tranquillita' e senza troppi dilemmi etici. Al contrario, se la religione e' vissuta con la coerenza e l'impegno che si deve ad una cosi' alta esperienza, bisogna sempre aspettarsi di trovarsi, prima o poi, davanti al dilemma di Abramo: o disubbidire a Dio o compiere azioni le cui ragioni non si possono spiegare, ma che ci trasformeranno in marginali o, come accade nel caso del patriarca biblico, in criminali della peggior specie. Non c'e' dubbio che la riflessione di Kierkegaard risenta inparte delle limitazioni culturali e storiche del suo tempo, ma io continuo a trovarla estremamente significativa, in particolare oggi, quando autorevoli voci cercano di farci credere che la religione non sia altro che la "legge naturale".
9 commenti:
Concordo pienamente con quanto scritto. Di mio sarei più propenso ad usare il termine "amorale" piuttosto che "immorale". L'a-moralità pone infatti Dio "al di fuori" dei legacci imposti dalle morali particolari delle comunità umane. Immoralità comporta, a mio dire, l'idea della violazione, da parte di un soggetto contingente, dei termini delle norme morali vigenti.Dio però non si può "ridurre" ad osservare le leggi morali perché la sua stessa essenza trascendente lo pone al di fuori, al di là, delle leggi stesse: il suo operato non può essere giudicato sulla base del metro morale particolare delle diverse comunità umane.
La fede fa perno su questo aspetto ed è proprio in questo che la religione mostra una potentissima carica eversiva per la pacifica convivenza umana. Il comandamento di Dio è fisso per definizione: l'universalità comporta al contempo l'immutabilità della parola divina. Parola divina che rimane nel tempo a dispetto del variare della comunità umana e della sua morale tanto quanto delle sue leggi. Ed è da questa mancata sincronia che il più delle volte il messaggio religioso immutabile entra in contrasto con la morale mutabile.
Anche prescindendo da questo aspetto il messaggio religione permane eversivo perché pone in un trascendente inconoscibile la giustificazione dell'atto immorale nella contingenza della comunità umana pretendendo - è questo l'aspetto più grave - di non pagare il fio secondo le leggi contingenti.
Ognuno di noi, in coscienza, può sentire come giusto violare le norme morali o le leggi della comunità: ciò è comprensibile - e forse si potrebbe addirittura spingersi a definire la cosa quasi lecita - solo quando colui che viola la norma ne accetti le conseguenze per non far venire meno il patto normativo che regge la comunità. Quando entra in campo la religione questa accettazione delle conseguenze viene, quasi sempre, a cadere. E ciò non va affatto bene.
Ci sarebbero ancora fiumi di considerazioni da fare ma non mi sembra il caso di proseguire annoiando i lettori.
commento così volante... Professore... ma siamo sicuri che nei testi e nelle tradizioni "originali" il sacrificio sia stato scongiurato? Chiedo perchè, leggendo la genesi, appare in più punti chiaro come l'olocausto umano non fosse questa pratica così orribile all'ebreo. Quindi Isacco è stato sacrificato (non è che dopo appaia troppo spesso, a dire il vero.. e poi la storia si chiude molto velocemente...), con le implicazioni del caso. Ma, evolvendo la morale verso percorsi diversi, si decide poi di modificare il racconto...
certo che per un cristiano è facile vedere nella coppia abramo-isacco l'immagine Dio Padre-Cristo Figlio. colui che davvero compie l'atto "immorale" non è Abramo, che viene prevenuto da Dio dall'uccidere Isacco, ma Dio stesso che permette che suo Figlio venga sacrificato.
E qui ci troviamo di fronte al paradosso di un Dio fonte della moralità (che non è altro che la via pratica per giungere a Dio e quindi alla felicità) che agisce immoralmente.
Caro Tanzen (Matteo?),
grazie del commento che sottoscrivo nella sua quasi totalita': ho solo due osservazioni minori.
Capisco la tua preferenza per a-moralita', ma io continuerei a usare immoralita', se non altro per sottolineare la prospettiva che devono avere quelli che si trovano ad osservare azioni come quelle di Abramo.
Tu dici che chi si appella all'impulso religioso per violare le leggi della comunita' poi tende a non pagarne le conseguenze, ma mi sembra che questo sia relativamente vero. Intendo dire che assolutamente ci sono casi come quelli che descrivi tu (e lo sappiamo bene), ma in genere mi pare che, invece di essere casi in cui l'agente morale deve mettere in discussione prima di tutto la propria coscienza, si tratta di usi pretestuosi e volti solo a procurarsi illegittimamente un vantaggio sfruttando la retorica della motivazione religiosa.
Ciao
Caro/a anonimo/a,
grazie per l'osservazione molto azzeccata anche se non penso che si possa stabilire "com'e' andata realmente".
In effetti, e' assai probabile che in epoca precedente la redazione della Genesi anche gli Ebrei, come altri popoli semiti stanziati nelle vicinanze (ad esempio, i Fenici), praticassero sacrifici di neonati. Il racconto di Genesi 22 viene spiegato storicamente da quasi tutti gli studiosi come un mito fondativo che vorrebbe dimostrare che Dio stesso ha alla fine chiesto di cambiare questo costume.
Caro Luca R,
grazie del commento che mette l'indice sul paradosso ineliminabile (credo).
Come dicevo anche sopra, secondo me pure Abramo si comporta in modo immorale (o a-morale), perche' in fondo anche lui e' disposto ad andare fino in fondo con il sacrificio.
Caro Giovanni, sì sono Matteo.
caro Bazzana,
non mi sono spiegato, in una delle due Fonti Isacco non compare più. Quindi Dio non ha chiesto di cambiare proprio nulla. Poi si fondono le fonti e la loro acqua passa sotto i ponti... e tutto si rimodella
ps. So che è il forum sbagliato dove scrivere di tale argomento... ma.. qualcuno vede "Lost"? Jacob è palesemente di ispirazione biblica, con il Man In Black / Esau che cerca di riprendersi il maltolto...
"anonimo"
Ahi, caro anonimo,
ti devo confessare una grave ignoranza: non so nulla di Lost. E questo non perche' abbia un qualche accademico disdegno della TV (anzi, probabilmente, ne guardo fin troppa): ho cercato, un paio di anni fa, di incominciare a seguire la serie, ma era gia' la seconda o la terza stagione e la trama era divenuta talmente complicata che capirci qualcosa mi fu impossibile.
Ho rinunciato e me ne pento un po' perche' ho numerosi amici entusiasti che ne parlano un gran bene.
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