giovedì 21 gennaio 2010

Paolo contro le donne: una soluzione filologica?

Da tempo ormai uno dei punti piu' dolenti della ricerca storica su Paolo e la sua attivita' missionaria e' quello che riguarda il rapporto fra l'apostolo dei gentili e le donne: fra i vari passi paolini che interessano la discussione certamente uno dei piu' problematici e' senza dubbio 1 Cor 14:34-35. In questi due versetti Paolo si rivolge con particolare asprezza alle donne che fanno parte delle assemblee cristiane intimando loro di tacere quando la comunita' e' riunita e di interrogare i loro mariti a casa se vogliono imparare qualcosa.
Da quando la posizione della donna all'interno delle chiese cristiane, e non solo, e' divenuta un po' piu' importante anche questi due versetti sono diventati "politicamente scorretti" e molti hanno cominciato a suggerire che potrebbero essere stati interpolati, vale a dire inseriti nel testo della lettera in un secondo tempo. In effetti, ci sono delle contraddizioni: per esempio, il fatto che Paolo, solo poco prima, al capitolo 11 di questa stessa lettera, ha parlato di donne che pregano nell'assemblea e quindi non si capirebbe come possa ordinare loro di tacere. Questo argomento sembra piu' forte di quanto non sia in realta', perche', se ci si legge con attenzione il resto delle lettere di Paolo, non e' difficile trovare, nella confusione che spesso caratterizza lo stile dell'apostolo, altre discordanze simili. Qualche studioso ha cercato di trovare argomenti filologici per dimostrare che nei manoscritti del Nuovo Testamento (che riportano comunque tutti i versetti incriminati) ci sarebbero i segni del fatto che qualcuno aveva gia' identificato l'interpolazione: e' questo il caso dell'ipotesi, molto tecnica e molto elaborata, che Phil Payne espone sul blog Evangelical Textual Criticism, sempre molto interessante e sempre molto ben informato.
Sul merito dell'ipotesi di Payne decidera' la discussione fra gli accademici, ma nel frattempo, mi pare che sia utile fare due osservazioni: primo, nei commenti che seguono al suo post, Payne viene praticamente messo alla berlina, perche' sarebbe venuto meno a uno dei principi cardine dell'ortodossia evangelica, quello della "inerranza" (cioe' la convinzione che la Bibbia non possa contenere errori di nessun tipo e quindi nemmeno interpolazioni). Questo criterio dell'inerranza mi e' sempre parso un po' grottesco, perche' spinge alcuni studiosi a cercare di risolvere questioni che sono francamente irrisolvibili (come quella dei problemi di Paolo nei suoi rapporti con le donne). Non sarebbe piu' semplice (questa e' la mia seconda riflessione) che anche i teologi ammettessero che Paolo ha talvolta scritto qualcosa di stupido e lasciassero agli storici la responsabilita' di spiegare per quale motivo gli sia capitato di farlo?

5 commenti:

Ainur ha detto...

COmplimenti per questo blog, scoperto da poco, lo visiterò spesso.
Quanto al merito del post concordo sul fatto che trovare una risposta alla domanda debbono trovarla i ricercatori della comunità scientifica e potrebbe essere benissimo che Paolo ha detto una fesseria, senza nula togliere al suo ruolo e alla sua importanza. Quanto al principio dell'inerranza non può essere seriamente preso in considerazione se si vuole effettuare un'analisi scientifica del racconto evangelico. Sappiamo che i racconti dei quattro evangelisti contengono errori, episodi rielaborati e rivisitati e altro ancora, tanto è vero che solo alcune comunità protestanti fondamentaliste lo prendono per buono, né i cattolici, né gli ortodossi né anglicani, luterani etc. adottano questo principio.

Anonimo ha detto...

Mi associo ai complimenti per il blog, e aggiungo se è possibile la richiesta di una trattazione sulle opere letterarie paleocristiane redatte dai catacumeni di San Callisto. Buonasera
LUPUS

Giovanni Bazzana ha detto...

Cari Giovanni e LUPUS,
grazie per gli apprezzamenti.

Anonimo ha detto...

"Lasciassero agli storici la responsabilita' di spiegare per quale motivo gli sia capitato di farlo".
Lasciare rispondere agli storici significa non ricevere alcuna risposta concreta, visto che regna un relativismo evidente. Relativismo dovuto al fatto che ognuno (ogni singolo accademico) la pensa a modo suo, fa la sua interpretazione (interpretazioni dei vari studiosi che sono poi una diversa dall'altra), e nessuno è in grado di convincere nessuno. Questo è il mondo accademico. Questo è quanto troviamo tra gli storici: studiosi che usano la ragione, la quale avrebbe dovuto illuminarli, ma che invece ha portato ad uno sterile continuo litigio tra di loro senza che siano effettivamente capaci di mettersi d'accordo.
Esagero forse? No. La situazione è proprio questa. Basta informarsi. La realtà è che non si può essere realmente obiettivi. L'ambito storico non è esente da questo problema. Non esiste l'imparzialità. Non esiste la posizione perfetta. Gli storici sono dei creduloni come gli altri. Anzi, forse sono ancora più ingenui, perché pensano di sapere, di essere superiori e degli illuminati grazie alla ragione, quando in realtà non sanno niente o ben poco (Socrate docet).
Ovviamente non mi aspetto condivisione nelle mie riflessioni da parte di chi lo storico lo fa a tutti gli effetti (e difende il suo status).
Elijah Six

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Elijah,
che posso risponderti visto che mi hai gia' incasellato?
Brevemente, perche' l'accusa di relativismo mi ha un po' stufato: sul tema di questo post non ci sono affatto chissa' quante opinioni diverse. O si crede che il passo sia un'interpolazione o si crede che non lo sia. Non pretendo ne' di essere "perfetto" ne' di essere "imparziale", ma alla fine la scelta e' fra due posizioni ben distinte e senza vie di mezzo: o si crede che la donna debba avere lo stesso spazio dell'uomo nella societa' e nelle chiese o si crede che debba essere subordinata.
Se volessi polemizzare potrei dire che il relativismo "evidente" lo vedo fra i teologi: prima vogliono un testo ispirato e inerrante e poi (siccome quello che ne viene fuori oggi non va piu' di moda) si attaccano a tutto per dimostrare che le parti "sgradevoli" sono delle interpolazioni.
Mi spiace, Elijah, ma questa accusa di relativismo inconcludente la sentiamo spesso provenire da un certo teologo tedesco e da chi lo segue, ma e' un povero espediente retorico: serve solo a nascondere gli scheletri negli armadi e non funziona nemmeno troppo bene.