mercoledì 20 gennaio 2010

Le fonti esistono o ce le creiamo?

Al recente convegno di Strasburgo una collega mi ha domandato se mi trovo in difficolta' per il fatto che lavoro mettendo a confronti papiri documentari e la fonte Q: secondo lei, mentre i primi sono documenti storici realmente esistenti, la seconda di fatto non esiste e quindi dovrebbe crearmi qualche imbarazzo (ricordo qui che Q e' la fonte che sarebbe stata usata indipendentemente dagli autori dei Vangeli di Matteo e Luca). All'inizio ho pensato che questa fosse una delle solite domande poste da quelli che vogliono togliersi dai piedi il problema di Q evitando di avere a che fare seriamente con i problemi storici che pone la fonte (e' un atteggiamento che mi irrita molto negli accademici perche' dimostra una superficialita' assoluta nel considerare i problemi metodologici della ricerca storica).
Poi, pero', riflettendo meglio, ho capito che la domanda poteva avere un certo interesse dal punto di vista metodologico; allora, l'ho riformulata cosi': c'e' una differenza sostanziale fra Q (un documento che si ricostruisce mettendo a confronto Matteo e Luca) e gli altri documenti che utilizzo nel mio lavoro di storico? Prendiamo il caso dell'edizione critica del Nuovo Testamento (il famoso "Nestle-Aland"), che viene usata da moltissimi storici delle origini cristiane senza fare molte riflessioni su come si e' giunti a metterla insieme. Questo testo greco non esiste in nessun manoscritto, ma e' stato messo insieme confrontando le decine di manoscritti greci esistenti. Gli storici non si preoccupano molto di questo, ma, cosa ancor piu' notevole (come ha osservato un altro convegnista intervenuto nella discussione), milioni di cristiani in tutto il mondo usano traduzioni fatte sulla base di questo testo inesistente come base per il loro culto ogni domenica.
In soldoni metodologici, e' una grande illusione pensare che esistano delle fonti "esterne" o "oggettive" su cui "verificare" i risultati della ricerca storica: in effetti, la ricerca stessa non e' possibile senza documenti che siano stati "preparati" per l'occasione. Fra questi documenti, poi, alcuni (come il Nestle-Aland) sono accettati senza problemi anche perche' fanno da base alla potente retorica delle chiese, mentre altri (come Q) incontrano molte piu' difficolta' perche' non sono facilmente inseribili in quella stessa retorica.

6 commenti:

Johannes Weiss ha detto...

Banale controdomanda alla tua collega: cosa penserebbe del vangelo di Marco, se, per ipotesi, fosse giunto a noi soltanto incastonato nei vangeli di Matteo e Luca?

Mi interessava poi sapere se hai effettivamente la percezione che l'esistenza di Q trovi una certa resistenza tra gli accademici. A giudicare dall'esterno, cioè dalle pubblicazioni, mi sembra che la tesi-Q sia accolta da studiosi di ogni orientamento e confessione, con le rispettabili eccezioni di gente come Sanders e Goodacre (non me ne vengono in mente altri tra quelli più recenti).
Ma tu che vivi nell'ambiente, avrai una percezione migliore.

Devo dire infine che anche Q (anzi, anche solo il molto ipotetico strato formativo sapienziale Q1) può essere inserita in qualche retorica teologica ad uso dei fedeli, vedi James Robinson, che ha parlato del Gesù di Q1 come "teologo della liberazione" (la teologia di Robinson, o anche di un Patterson, non è però evidentemente quella delle grandi chiese).

J,W,

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro JW,
penso che alla tua domanda lei risponderebbe che allora anche Marco non sarebbe da prendere in grande considerazione.
Per quanto riguarda la resistenza a Q, devo dire che ho la netta sensazione che il consenso accademico sia meno solido di quanto non siamo abituati a pensare: credo sia anche una questione generazionale, perche' fra i giovani accademici c'e' una certa crisi del metodo storico-critico e con essa cresce anche un certo scetticismo nei confronti della teoria bifontica.
Infine, concordo assolutamente sul fatto che Robinson (e ancor piu' Crossan e il Jesus Seminar, come tutti noi) hanno chiaramente delle "agende", ma resto anche convinto che i loro obiettivi siano molto difficili da integrare dentro teologie "istituzionali".
Grazie delle interessanti osservazioni

Anonimo ha detto...

"Testo [quello del NT] inesistente come base per il loro culto ogni domenica."
Testo che non si può trovare in alcun manoscritto antico (al contrario dell'Antico Testamento), ma per la cronaca, faresti bene a dare delle percentuali. Qual è la percentuale di varianti testuali degne di nota, insomma rilevanti e significative? 90% del testo è incerto e insicuro? 10%? 5%? 2%?
Sono curioso di sentire la tua opinione in tal senso. Raccontala giusta ai lettori.
Se poi non riesci a notare una differenza abissale tra un'edizione critica del NT (abbiamo numerosi manoscritti con varianti) e la fonte Q (non abbiamo alcun manoscritto con la fonte Q - non parlarmi pf di Tommaso), mi chiedo se parli seriamente o meno. Mi auguro per te di no, perché il paragone è veramente fuori luogo. Lo stesso studioso agnostico Bart Ehrman nutre riserve su Q. Il problema sinottico è tutt'altro che chiuso. Non si possono ignorare le difficoltà che si incontrano di fronte alla diffusa Zwei-Quellen-Theorie.
Elijah Six

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Elijah,
la mia opinione e' che le percentuali di certezza o incertezza sono irrilevanti ai fini dell'uso liturgico del testo, visto che, in quel contesto, il NT (cosi' com'e' stato stabilito dai filologi) viene considerato testo ispirato da Dio e viene usato come base per elaborazioni teologiche.
Sono invece importanti per la ricerca storica e ti assicuro che mi rendo ben conto delle differenze "abissali" fra il Nestle-Aland e Q: il punto (forse non mi sono spiegato bene) e' che la differenza che passa fra NT e Q e' solo quantitativa (esprimibile usando percentuali) e non qualitativa, perche' tutte le fonti storiche devono essere "trattate" prima di poter essere utilizzate. Questa preparazione si fa applicando alcuni principi che fondano il metodo storico: i risultati di questo lavoro possono essere condivisi o meno (io trovo convincenti in generale sia la ricostruzione del NT che quella di Q, tu a quanto pare solo la prima). Ovviamente, non possiamo essere ingenui al punto da non riconoscere che il Nestle-Aland va bene a tutti perche' altrimenti sarebbero guai per le chiese (pensa al caso della pericope dell'adultera o a quello del finale di Marco), mentre Q a molti non piace proprio per la ragione opposta.
P.S. Non so che riserve nutra Ehrman su Q, ma se ne nutre devono essere piuttosto marginali, perche' io ho usato per anni la sua introduzione al NT e, quando parla del problema sinottico, non presenta nemmeno le proposte alternative (cosa che non mi e' mai completamente piaciuta).

Anonimo ha detto...

Salve mi chiamo Asiel:
Ho letto delle fonti Q, e premetto che non ho nulla in contrario ad accettarle, ma volevo chiedere, visto l'argomento, che le persone che vogliono negarle, si appoggiano quasi sempre su Eusebio e la storia ecclesiastica VI.25. e dice che il primo Vangelo scritto è quello di Matteo. Ma nella mia ricerca, ho notato che Eusebio non è stato tanto affidabile, e che ha fatto diversi errori cronologici. Potreste darmi delucidazioni?
Che Dio benedica il vostro lavoro.

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro/a Asiel,
grazie della domanda e della benedizione.
Per quanto riguarda Eusebio, mi sembra che il passo che hai indicato sia piu' utilizzato per criticare la "teoria bifontica" (per cui Matteo e Luca dipenderebbero da marco e Q) che non specificamente Q.
In effetti Eusebio cita Origene (vissuto un cent'anni circa prima di lui) che sostiene che Matteo sia stato il primo Vangelo messo per iscritto in aramaico e poi siano venuti in ordine Marco, Luca e Giovanni.
Non e' che sia bello criticare una fonte antica, ma in questo caso la maggioranza degli studiosi ritiene che Origene abbia informazioni sbagliate: infatti, se ammettiamo che il Matteo di cui parla sia uguale a quello che possediamo oggi in greco, guardando ai testi che abbiamo e' quasi impossibile spiegare come Marco abbia potuto copiare Matteo e tralasciare cosi' tanti passi di grandissima importanza (le storie della nativita', il Padre nostro, le beatitudini...).