martedì 26 gennaio 2010

Enrico Norelli: Maria negli apocrifi


Al recente convegno di Strasburgo, Enrico Norelli, che e' professore di letteratura cristiana antica all'Universita' di Ginevra, mi ha gentilmente regalato una copia dell'ultimo libro da lui pubblicato: "Marie des apocryphes (Maria degli apocrifi. Inchiesta sulla madre di Gesu' nel cristianesimo antico)". Ho sempre avuto una grande stima nei confronti di Norelli e devo dire che considero i suoi lavori sull'Ascensione di Isaia e su Papia delle pietre miliari nella ricerca storica, ma questo libro mi ha sorpreso in positivo. Mentre di solito Norelli scrive in modo molto accademico e quindi talvolta un po' oscuro, in questo caso lo stile del volume e' di una limpidezza eccezionale, che, associata alla consueta precisione, rende l'opera di estremo interesse anche per un pubblico di non addetti ai lavori.
Nel libro Norelli prende in considerazione i testi apocrifi che si occupano di Maria: la cosa non e' di poco conto, perche' gli apocrifi "mariani" hanno avuto un'influenza fondamentale (e mai riconosciuta) nello sviluppo delle dottrine relative alla madre di Gesu'. Praticamente di Maria nel Nuovo Testamento parlano solo i racconti della nativita' in Matteo e Luca, ma alcuni dogmi molto discussi (come ad esempio quello della verginita' durante e dopo il parto di cui non si fa parola nella Bibbia) traggono origine da racconti non canonici, in questo caso dal Protovangelo di Giacomo. Norelli fa acutamente notare che questi apocrifi sono snobbati tanto dagli studiosi credenti (che sostengono i dogmi mariani, ma non vogliono mettere in crisi il concetto di canone) quanto dai laici (che si interessano agli apocrifi, ma non vogliono sembrare dei sostenitori dei dogmi).
La ricerca di Norelli mostra che gli apocrifi possono contenere anche tradizioni molto antiche. Un caso sorprendente e' quello del cosiddetto Vangelo dello Pseudo-Matteo, un testo molto tardo nel quale tuttavia si racconta del soggiorno di Maria e del piccolo Gesu' in Egitto senza alcun accenno alla presenza di un padre del bambino. Norelli mostra molto bene che questa tradizione puo' venire da molto lontano, se negli strati piu' antichi dei Vangeli sinottici Gesu' e' chiamato solo "figlio di Maria" (si pensi a Mc 6:3) e se Ignazio di Antiochia, all'inizio del secondo secolo, spiega che Gesu' era discendente di Davide perche' lo era Maria, senza alcuna menzione di Giuseppe (per tacere dell'accusa, forse rivolta a Gesu' direttamente, di essere un figlio illegittimo).

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Sul giornale Avvenire di oggi 12,11 è citato nello spazio denominato IL CASO questo titolo: UNO STUDIO SCIENTIFICO GIUNGE A DIMOSTRARE CHE GLI " adelfòi"DEL VANGELO ERANO QUATTRO CUGINI PATERNI DI GESU'.Insomma i figli dello zio Alfeo Cleofa e di Maria di Cleofa. Lo studioso che asserisce questo è Roberto Reggi. Il titolo del libro : I "fratelli" di Gesù. Considerazioni filologiche, ermeneutiche,storiche, statistiche sulla verginità perpetua di Maria. " Ed. Deoniane
Interessante sarebbe il Suo parere
caro Professore, prima di acquistarne il libro. Grazie . M.G.

Giovanni Bazzana ha detto...

Cara/o M.G.,
grazie della segnalazione.
Devo confessare che non conosco ne' il libro ne' l'autore: quindi, non mi sbilancerei in giudizi affrettati.
Certo, leggendo la recensione di Iannaccone su Avvenire, mi pare di capire che il libro non apporta nuovi argomenti ad una discussione che ha gia' detto tutto. Non mi aspetterei rivoluzioni.

Giovanni Bazzana ha detto...

Piccolo aggiornamento: Giuseppe Regalzi nel suo bel blog ha una breve nota su questo libro (http://bioetiche.blogspot.com/2010/12/la-decadenza-della-cultura-cattolica.html), che francamente da' alcuni buoni motivi per cui sarebbe il caso di non leggerlo.

Anonimo ha detto...

Buonasera.
Ho seguito un pò la questione su Giacomo fratello o cugino di Gesù sia sul blog Bioetiche sia su quello di Antonio Lombatti.
Premetto che io sono solo un lettore curioso di questi argomenti, non conosco né il greco nè il latino, e anche la mia conoscenza del Nuovo Testamento, e soprattutto del Vecchio, è limitata.
Non parliamo poi della patristica.
Ho però trovato un sito americano, Newadvent.org, dove è possibile leggere tutte le opere patristiche complete. Facendo una rapida ricerca digitando i nomi di Symeon e Clopas in Storia Ecclesiastica di Eusebio, ho notato che Giacomoo non è mai chiamato "figlio di Clopa" o "fratello di Simeone", e anzi, in un punto viene indicato come "conosciuto come figlio di Giuseppe". D'altro canto, la traduzione che viene data dal dott. Reggi, visibile nel post da lei citato su Bioetiche, mi sembra convincente. Lei che ne pensa?
Simone
P.s complimenti per il blog :-)

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Simone,
grazie per l'apprezzamento.
Rispondendo alla sua domanda, devo dire che, dal punto di vista strettamente linguistico, entrambe le possibilita' (connettere "secondo" con il pronome relativo, come fanno la maggioranza dei traduttori, o con "cugino", come vuole Reggi) sono egualmente accettabili.
Personalmente, elementi esterni mi indurrebbero a preferire la prima alternativa. Come gia' indicato nella discussione, il passo della Storia ecclesiastica 3,22, dove Simeone e' messo in parallelo con Ignazio, mi sembra decisivo. La "successione" e' un po' un'idea fissa tanto per Egesippo quanto per Eusebio.
Devo anche aggiungere che non ho letto il libro e quindi probabilmente mi sfugge qualche aspetto dell'argomentazione di Reggi.
Saluti.

Anonimo ha detto...

Aggiungo un'ulteriore considerazione: mi lascia un pò perplesso il concetto di "secondo cugino".
Nella nostra lingua l'unico significato che ha è quello di "figlio di un cugino".
Per il resto, solo per i figli si usa dire "primo figlio", "secondo figlio","terzo figlio" ecc, secondo l'ordine anagrafico.
Ma non ho mai sentito nessuno elencare i propri fratelli, e meno che mai i propri cugini, in base all'età.
Inoltre, "secondo cugino" in italiano non significa mai "altro cugino".
In greco antico è diverso? Le risultano casi in cui "secondo cugino" è usato nel senso di "secondo cugino per età" o "altro cugino"?
Grazie della rapida risposta e mi scusi se approfitto ancora una volta (l'ultima) della sua disponibilità.
Cordiali saluti.
Simone

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Simone,
si fguri: mi dispiace solo di non potere essere di maggiore aiuto, perche' non ho letto il libro di Reggi e quindi mi sento un po' impacciato nel cercare di capire che cosa intende dire l'autore.
Per come l'ho intesa io, Reggi non intende l'espressione "secondo cugino" come un grado di parentela, ma come noi diremmo "dopo Giacomo fu scelto come vescovo un secondo cugino (ovvero, un altro cugino) del Signore". Questa e' un'ipotesi di traduzione che e' stata sostenuta anche da altri in passato e che Reggi lega anche al "palin" he si legge poco prima nel testo di Egesippo.
In effetti, altrimenti "deuteros anepsios" non e' un'espressione comune in greco per indicare un grado di parentela, almeno per quanto ne so io (ma magari Reggi ha trovato degli altri esempi).
Cordiali saluti