martedì 22 dicembre 2009

Bibbia e schiavitu'

Di recente un lettore di questo blog ha scritto un giudizioso post (citando una giudiziosa frase di Remo Cacitti nel suo libro/intervista con Corrado Augias) sul rapporto fra il cristianesimo e l'istituzione della schiavitu'. Nel frattempo, se avete tempo di leggere un lungo articolo in inglese, potete vedere anche questo ricchissimo contributo di Jay Williams apparso in Bible and Interpretation.
Williams offre un'analisi storica di grande efficacia e dimostra, con un gran numero di citazioni molto pertinenti, che la schiavitu' non e' un fenomeno che per caso si e' sviluppato nell'antichita' e nel medioevo quando anche il cristianesimo si andava diffondendo. Al contrario, un preciso studio storico mostra molto chiaramente che il Nuovo Testamento stesso presuppone i rapporti di schiavitu' come fondamentali per la sua visione della societa' e anche dei rapporti fra esseri umani e Dio. E' abbastanza facile vedere come questo possa essersi verificato: sarebbe stato impossibile che gli autori dei libri del NT, che erano stati educati e vivevano in un mondo che dava per scontata la schiavitu', potessero pensare o esprimersi in un modo totalmente diverso dalle convenzioni della loro cultura. Ovviamente, queste convenzioni sono diverse per noi a cui anche solo il riferimento indiretto alla schiavitu' ripugna al punto che le traduzioni sono modificate di conseguenza: basta dare un'occhiata all'inizio della Lettera ai Romani, che non inizia mai con "Paolo, schiavo di Gesu' Cristo" (anche se questa sarebbe una traduzione del tutto legittima per il greco doulos).
Williams pone una domanda di grande peso: puo' la Bibbia cristiana funzionare anche in un mondo non piu' autoritario, ma democratico? Io non mi sento di dare una risposta (la lascio volentieri ai teologi), ma vorrei contribuire una piccola osservazione. Non e' che i cristiani debbano cominciare a scegliere solo adesso quello che si puo' tenere e quello che si puo' non considerare ispirato nella Bibbia. Questo metodo e' sempre stato adottato dai teologi, fin dai tempi in cui si invento' l'interpretazione allegorica perche' i genocidi della Bibbia ebraica davano fastidio. C'e' da stare tranquilli: gli esegeti continueranno ad infischiarsene dei risultati della ricerca storica come hanno sempre fatto e al testo della Bibbia si continuera' a far dire tutto e il contrario di tutto secondo le attese degli uditori e le esigenze del momento.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Non so perché, ma l'articolo di Jay Williams mi ha lasciato insoddisfatto. Cita solo testi deuteropaolini, ignorando completamente o quasi il parere di Paolo in persona, come ad esempio il famoso passo in Galati 3:28 o la assai discussa lettera a Filemone (Paolo invita a lasciarlo libero o no?).
Io sono propenso a credere che come Paolo avesse un buon rapporto con le donne, aperto e tutto (al contrario di quello che possiamo trovare in certi passi nelle lettere deuteropaoline), così Paolo era anche - a livello ideale - per una fratellanza tra gli uomini, cosa che di fatto rende poco sensato la schiavitù (e il sistema gerarchico presente nella società di allora ripreso in Colossesi, Efesini, ecc.).
Tale concezione della realtà è trovabile anche nel neostoicismo romano, in particolare in Seneca. Non è un caso se alcuni hanno presupposto un legame tra Seneca e Paolo, il fatto che si siano conosciuti (non esistono però prove concrete in tal senso). Non mancano comunque le componenti culturali per una concezione della realtà senza schiavitù (non scordiamoci nemmeno che senza la proprietà privata, ma condividendo tutto, come facevano le prime comunità cristiane secondo Luca negli Atti degli Apostoli, la schiavitù non ha motivo di esistere. Non all'interno della propria comunità, dove sono tutti fratelli).
Certo, il fatto che sarebbe bene avere un atteggiamento compassionevole verso tutti, dimostrare amore per tutto il genere umano, considerando tutti come dei fratelli (così sia Seneca che Paolo), non porta per forza di cose all'abolizione della schiavitù, ma è di sicuro un passo nella giusta direzione.
Come mai la schiavitù è restata in vigore?
Beh, come diceva già parecchio tempo prima il grande Aristotele, la schiavitù non sarà forse lodevole, però un tempo poteva essere considerata necessaria, non esistendo delle macchine in grado di svolgere il lavoro al posto delle persone.
Insomma, non si può ignorare il fatto che l'effettiva abolizione della schiavitù, un importante passo che ha portato verso l'abolizione di essa, è da vedere nel progresso tecnico.
Progresso che secondo alcuni è stato possibile solo grazie alla riforma protestante (oltre alla contemporanea nascita della borghesia, ecc.), cioè pur sempre a causa di determinati cristiani e la loro etica (vedi la famosa intepretazione di Max Weber).
Personalmente non direi affatto che è tutto merito del Cristianesimo se la schiavitù è stata abolita nel corso della storia, ma si può comunque tranquillamente sostenere - a mio avviso - che nel Cristianesimo troviamo i presupposti per condividere una simile decisione (abolizione schiavitù).
Per quanto riguarda invece la questione della democrazia, non vedo un vero problema, visto che i primi cristiani hanno sempre fatto una netta distinzione tra stato (chi è al potere) e chiesa (comunità dei credenti). Lo Stato è libero di essere come preferisce. Se vogliamo avere il popolo come sovrano, che così sia. La sovranità ce l'ha pur sempre qualcuno. La democrazia non significa anarchia. Il sistema autoritario è rimasto, solo che chi è al potere viene deciso dal popolo (il popolo è sovrano).
Elijah
P.S.:
La compatibilità tra Cristianesimo e democrazia è più un problema per il Vaticano e la Chiesa cattolica, che per i protestanti e co.

Anonimo ha detto...

ma guarda! e io che credevo che fosse tutto merito del cristianesimo il fatto che la schiavitù sia durata più del dovuto!

Che poi si possa imbastire una giustificazione della schiavitù basata sulla mancanza del "vapore", che la rende necessaria... be'... mi fa quasi ridere più della bonariamente definita "morale imperfetta" dei patriarchi. (mi riferisco a stermini, concubinato, incesto, ripudi, bassezze varie, disonestà)

Anzi or ora mi sovviene una bella argomentazione, dove prendo a prestito il concetto del "vapore": accettando il fatto che il Cristianesimo (molto più il cattolicesimo, che gli scismatici) abbia ostacolato il progresso scientifico in modo chiaro, applicando l'equazione "no vapore=schiavo", si deduce come il cristianesimo abbia di fatto rallentato l'abolizione della schiavitù

wishes

QSS

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Elijah,
bentornato a farmi visita e tanti auguri.
Caro QSS,
grazie del contributo e auguri anche a te.

Per Elijah,
non mi avventuro nel tentativo di capire cosa Paolo pensasse della schiavitu': come in altri casi, mi sembra che lui operasse caso per caso e senza un principio generale (anche il principio della "fratellanza universale" che tu gli attribuisci, da dove lo ricavi?).
Tuttavia, direi che il punto centrale dell'articolo di Williams rimane solido: dal punto di vista storico, non si puo' contestare che gran parte del Nuovo Testamento (Paolo incluso) presupponga i rapporti di schiavitu' quando vuole parlare in particolare del rapporto tra esseri umani e Dio (o i suoi rappresentanti). Qui Romani 13 (che non menzioni) pesa e ha pesato nella storia come un macigno (su questo dovresti anche riesaminare il tuo giudizio sul fatto che il cattolicesimo abbia piu' problemi delle altre confessioni).
Sia chiaro che non penso che l'analisi storica chiuda il discorso o sia l'unica lettura possibile (non ho questa arroganza): il NT puo' essere usato ed e' stato usato anche in senso egualitario o democratico, ma ammetto di non sapere quanto questo dipenda da un carattere instrinseco della rivelazione o dal fatto che le circostanze storiche e le tendenze degli interpreti cambiano.
Sull'abolizione della schiavitu', mi pare difficile trovare una singola causa che "spieghi" un mutamento di tale portata: posso tranquillamente ammettere che alcune idee cristiane abbiano partecipato, ma quanto sono idee "cristiane" e non invece idee che i cristiani hanno "ereditato" (fra le molte altre cose) dall'ambiente greco-romano in cui si sono inseriti?
Un ultimo appunto sulla democrazia: forse mi sono espresso male, ma il problema non si limita ai rapporti fra chiese e politica, ma tocca anche il nodo della struttura interna delle chiese. Possono esistere chiese cristiane che leggono il NT e abbiano strutture democratiche e non autoritarie?

Il Censore ha detto...

Ciao.

Una domanda "collaterale". Nel libro di Augias e Cacitti si cita un "G.B. Bazzana" come collaboratore alla stesura della bibliografia... per curiosità, si tratta di omonimia?

Ciao.