martedì 17 novembre 2009

Le bugie degli accademici I

Oggi ho avuto con alcuni colleghi molto piu' avanti di me nella carriera una interessante discussione sulle finalita' e sui metodi che caratterizzano il nostro lavoro di insegnanti di discipline bibliche. Il tema mi appassiona sempre di piu' negli ultimi tempi e mi ha fatto ricordare un provocatorio contributo di Jonathan Z. Smith che volevo gia' commentare qui da un po' di tempo. Smith, uno dei piu' rappresentativi docenti della prestigiosissima University of Chicago, e' ben noto per i suoi articoli estremamente ben scritti e impietosi nel mettere a nudo i problemi metodologici presenti nello studio delle religioni.
In questo breve, ma assai denso, pezzo Smith si occupa delle "bugie" degli accademici, vale a dire di quelle false apparenze che chi lavora nelle nel nostro campo metterebbe in piedi per nobilitare o giustificare la propria attivita' agli occhi degli osservatori esterni. La prima e' una "bugia bianca" che si rivolge normalmente agli studenti che muovono i primi passi nello studio delle religioni o, nel mio caso, del Nuovo Testamento. In pratica, Smith ci avverte che facciamo credere agli studenti che tutto e' chiaro e evidente, senza rivelare quali siano i veri problemi e le vere complessita' dei risultati che la ricerca puo' raggiungere. Ad esempio, citiamo alcuni testi come se fossero assolutamente i piu' rappresentativi, senza spiegare mai quali processi storici e culturali ci hanno portati a ritenerli tali. Smith fa notare che i padri fondatori degli USA disprezzavano la Repubblica di Platone considerandola illeggibile e incomprensibile, mentre amavano sommamente l'omonimo dialogo di Cicerone: l'esatto contrario di quello che facciamo noi oggi. Ancora piu' importante, nel nostro insegnamento evitiamo di parlare dei problemi metodologici che rendono spesso impossibile raggiungere quei risultati netti e inconfutabili di cui la storia va tanto fiera: ad esempio, facciamo credere agli studenti che sappiamo cosa vuol dire un testo e quali erano le intenzioni originarie del suo autore, mentre siamo ben consapevoli del fatto che queste cose non si potranno mai conoscere.
Devo dire che la critica di Smith coglie nel segno (anche se personalmente ho spesso cercato, quando insegnavo introduzione al Nuovo Testamento, di presentare piu' problemi che fatti e sono stato anche rimproverato da alcuni studenti per questo). Tuttavia, proprio nella discussione di questa mattina si faceva notare che l'istruzione deve anche procedere per gradi: una completa e approfondita discussione su ogni punto e' certo possibile in corsi avanzati, ma si puo' dire lo stesso per un corso introduttivo di poche ore, con piu' di cento studenti che non hanno nemmeno le piu' basilari conoscenze sulla Bibbia?

4 commenti:

Anonimo ha detto...

caro bazzana,
la sua ultima affermazione mi pare universalmente condivisibile, quasi banale se mi permette. Altre discipline danno per scontato come non si possa assurgere, di punto in bianco, ad un certo tipo di comprensione, così nessun docente di geometria parlerà ai suoi studenti della discussione in relazione al 5° postulato di Euclide. Non sono bugie, ma esigenze didattiche.
QSS

Anonimo ha detto...

Spesso molti accademici insegnano ai giovani in modo che oserei definire narcisistico: piu' per stessi che per loro. Giusto arrivare a una semplificazione in taluni frangenti. Prof. Pollastroni

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro/a QSS,
il problema che avverto e' dato dal fatto che la maggioranza degli studenti con cui ho a che fare non seguono altro corso che non sia una breve introduzione al Nuovo Testamento. Per continuare la sua analogia, direi che molti studenti apprendono solo il 5 postulato e lo assumono come un dogma, senza considerare che il fatto che le due parallele proseguano all'infinito senza incontrarsi e' solo un'astrazione dalla realta', adottata per fare funzionare un modello intellettuale e scientifico. La preoccupazione e' che questo generi un atteggiamento positivistico nei confronti della storia e dei suoi risultati.

Caro prof. Pollastroni,
riconosco che si debba essere piu' che cauti nel gestire l'autorita' connessa con il ruolo dell'insegnante e questo e' infatti per me il cuore di tutte le discussioni serie sulla didattica e sulle sue finalita'

Gabriele ha detto...

Caro prof. Bazzana,
ho giusto ora scoperto l'esistenza di questo suo blog, davvero molto interessante. Inutile dire che da adesso in poi lo seguirò con assiduità.
Ho avuto il piacere di conoscerla alla Statale di Milano qualche anno fa e di apprezzare la sua preparazione (allora stavo preparando una tesi triennale su Filastrio di Brescia): non posso che complimentarmi per la sua brillante carriera. Sempre seguìto dal "nostro" prof. Cacitti, sto ora portando a termine una tesi magistrale sui monaci gyrovagi, speriamo che tutto prosegua al meglio.
Colgo dunque l'occasione per porgere a lei e a tutta la sua famiglia i miei sentiti saluti.
G. Barrale