domenica 13 settembre 2009

La questione dei cibi II

Come ho scritto nel precedente post, il problema storico piu' interessante e' carcare di capire come e perche' i primi cristiani abbiano abbandonato le norme dietetiche tipiche dell'Israele del primo secolo. Bisogna sgombrare subito il campo da un fraintendimento: di certo, possiamo affermare che Gesu' non ha mai fatto o insegnato nulla che contravvenisse alla legge di Mose' su questo punto. Le testimonianze dei Vangeli canonici sono piuttosto tarde, ma in essi non si trova nessun episodio in cui Gesu' rompa inequivocabilmente con la tradizione, per esempio mangiano carne impura come quella del maiale o come quella di un animale che fosse stato in precedenza sacrificato ad una divinita' greco-romana. L'unica storia che ha una certa possibilita' di derivare dal "Gesu' storico" e' quella che si trova al capitolo 7 di Marco, quando Gesu' discute con alcuni farisei se sia giusto o meno purificarsi e purificare le stoviglie prima di prendere cibo. In questo caso, tuttavia, non si tratta tanto di una divergenza in merito alla Legge (in effetti nella Bibbia ebraica questo aspetto della purificazione non e' menzionato), ma piuttosto di un dibattito su come la Legge debba essere applicata. Il Talmud e' pieno di discussioni di questo tipo condotte fra i vari rabbini dei primi secoli dopo Cristo e in questo senso Gesu' agisce anche lui come un rabbino ebreo assumendo una posizione piuttosto liberale sulla questione.
Che Gesu' non avesse lasciato alcun comando riguardo alle norme dietetiche e' chiaro anche da una lettura degli Atti degli apostoli, che sono senz'altro piu' tardi e che costruiscono una complicata storia (su cui torneremo) per spiegare come si sia arrivati all'abbandono dei precetti di Mose'. In realta', le piu' antiche informazioni sul fatto che i cristiani non rispettassero questi divieti ci vengono dalle lettere di Paolo, il quale si trova spesso a discutere questo argomento od altri analoghi, come quello della circoncisione. Un caso esemplare si trova nella Prima lettera ai Corinzi nei capitoli 8-10 (scritta con ogni probabilita' alla fine degli anni 50): Paolo parla lungamente del fatto che nella comunita' di Corinto ci sono stati dissensi perche' alcuni membri si sentono liberi di mangiare le carni sacrificate agli idoli. La risposta di Paolo e', come spesso accade, un capolavoro di confusione, ma si puo' dedurre con certezza che egli pensava che norme di questo tipo non dovessero essere piu' rispettate perche' la resurrezione di Cristo aveva eliminato la necessita' di seguire la Legge per salvarsi. Negli stessi tre capitoli, pero', Paolo sembra anche dare ragione a quelli che ritenevano pericoloso mangiare cibi di questo tipo: egli infatti ammette che i sacrifici pagani mettono in comunicazione con i demoni e che chi mangia la carne dei sacrifici potrebbe cadere sotto il dominio demoniaco (una posizione molto diffusa fra i cristiani nell'antichita'). Come vedremo piu' avanti, questo e' un punto decisivo per la teologia paolina e l'apostolo dei Gentili dovra' parlarne ancora nelle sue lettere.

3 commenti:

Luca ha detto...

"...si puo' dedurre con certezza che egli [Paolo] pensava che norme di questo tipo non dovessero essere piu' rispettate perche' la resurrezione di Cristo aveva eliminato la necessita' di seguire la Legge per salvarsi."

Mmmmm, non sono mica tanto d'accordo. Cosa intendi per "Legge"? E cosa intendeva Paolo per "Legge"? Romani mi sembra un po' piu complesso del classico binomio legge/grazia.

Un caro saluto

Giovanni Bazzana ha detto...

Caro Luca, la domanda tocca un punto dolente! Sono d'accordo sul fatto che Romani presenta un problema piu' complesso che non si puo' certo riassumere in due parole (e infatti non ci provero' nemmeno). Vorrei fare due sole osservazioni pero': anzitutto, io non penso che tutta la teologia di Paolo vada letta nella prospettiva della lettera ai Romani (come fanno in genere i teologi: un esempio su tutti, James Dunn). In realta', Paolo scriveva lettere che si adattavano alle circostanze dei destinatari e nel caso dei Romani lui sapeva che a Roma c'erano soparttutto giudeo-cristiani: quindi, la lettera sembra venire a patti con le esigenze della Legge. E' difficile dire cosa pensasse veramente, perche' (lo dice sui stesso) lui voleva "farsi tutto a tutti". Mi pare pero' che il suo vero pensiero venga fuori quando e' incavolato: quindi, nella lettera ai Galati.

Luca ha detto...

Caro Giovanni, sono assolutamente d'accordo con te: le lettere paoline sono TUTTE lettere circonstanziali, e vanno lette come tali. Questo non vuol dire che, a priori, tradiscano o siano incoerenrti con il pensiero del loro autore. Quindi ci tocca accontentarci ed essere prudenti, e tu lo sei sempre :)
Un saluto dal Salève